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di Angelo Forti

Quando arriva questa pubblicazione nelle case degli associati alla Pia Unione di San Giuseppe, come la primitiva comunità nel Cenacolo, la Chiesa è convocata in Sinodo a «rinascere…dai giovani e con i giovani». Questa prospettiva  è sempre necessaria per evitare il rischio di rivestire con i colori del tramonto le luci dell’alba.

Si usa dire che quando muore un vecchio scompare una biblioteca. Non possiamo negare che quando gli anziani che non si chiudono in una trincea rancorosa ma rimangono aperti al vivere quotidiano hanno un prezioso capitale di saggezza da donare e così offrire le coordinate di un agile percorso di vita.  I giovani, infatti, offrono alla società e alla Chiesa un terreno “vergine”, la freschezza delle novità, capacità di sognare il futuro, intuizione per  cogliere “i semi del Verbo” che la grazia divina ha seminato nella storia e che ora pur in un’attualità complessa e difficile, fa germogliare e fruttificare. 

Per questo il Sinodo dedicato ai giovani si apre su tre sportelli: «I Giovani, la fede e la vocazione». I giovani, già interpellati, hanno risposto in  221mila. Dalla solennità di san Giuseppe, 19 marzo, al 24, vigilia di Pasqua 300 giovani, provenienti dai cinque continenti, sono convenuti a Roma hanno rivolto alla Chiesa domande su se stessi, sulla pratica della fede e sul senso da dare alla loro vita.

“Giovani, fede e senso del vivere” sono domande perenni, ma che oggi hanno bisogno di risposte aperte al soprannaturale, al ventaglio di domande che il progresso, la tecnologia, la società, le metodologie educative presentano sulla ribalta del vivere.  La grammatica, che le diverse generazioni sono chiamate scrivere sullo spartito musicale del dialogo. Oggi tutto è costruito su un dire e un ascoltare, tra un silenzio e una parola, frasi e gesti che aprono alla relazione.  Un maestro è bravo quando è capace di offrire risposte sagge a domande intelligenti. La voglia del domandare è il cantiere della vita. Tutti siamo cresciuti in proporzione di quanti “perché” abbiamo rivolto a mamma e papà, agli insegnati, al padre spirituale  e alla nostra coscienza.

Il sinodo dei vescovi con i giovani non sarà simile ad un collegio dei docenti per dare un parere sulla condotta  e la partecipazione all’apprendimento, ma una palestra  in cui si impara a conoscerci ed accompagnarci lungo i sentieri delle singole vite, costruendo una piattaforma di valori su cui convergere per stipulare con se stessi un patto educativo. 

Di fronte a novità importanti, a volte, siamo paralizzati dalla paura: la nostra esperienza, accompagnata tante volte dalla mancanza di fede autentica imprigiona un vento benefico che ci vorrebbe portare al largo.

La storia, che abbiamo sempre chiamato “maestra di vita”, ci insegna che i grandi fondatori che hanno avuto il compito di scrivere luminosi secoli di storia, erano tutti giovani.

Il primo che si affaccia alla mente  è san Francesco d’Assisi, lo segue san Ignazio di Loyola, questi erano stati preceduti da Sant’Agostino. San Paolo, l’apostolo delle  genti, non era vecchio e lo Spirito divino si è servito del suo ardore di convertito per espandere l’Evangelo nel mondo.

L’elenco dei santi e sante comprende una galleria di giovani ardimentosi che hanno obbedito alla loro vocazione e hanno segnato con pietre miliari le strade della storia.

Oggi, non possiamo nascondere che viviamo in una realtà “secolarizzata”, in un clima di indifferenza morale e religiosa: che Dio esista o no, non interessa più.  Papa Francesco nella sua esortazione Evangelii Gaudium scrive che nella vita delle persone le cose più importante sono catturate solo  «dall’esteriore, dall’immediato, veloce, superficiale, provvisorio. Il reale cede posto all’apparenza». 

In questo circuito entra anche la vita religiosa.  -Dice ancora papa Francesco questo abbraccio che  «tende a ridurre la fede e la Chiesa all’ambito privato ed intimo… come a un progressivo relativismo, dando  luogo ad un disorientamento generalizzato».

I giovani, con il Sinodo a loro dedicato, sono chiamati ad essere protagonisti, ad essere vignaioli che sappiano produrre un buon vino come pure fornire anche nuovi otri - cioè -  “anime rinnovate”, per far rifiorire la gioia  di uomini e donne invitati alla nozze di Gesù con l’umanità.