Papa Francesco ha pubblicato un’enciclica sul Sacro Cuore di Gesù. Da questa devozione ha ripreso un messaggio di novità, che forse è l’eredità di tutto il suo pontificato
di don Gabriele Cantaluppi
Si resta sorpresi dai giudizi sostanzialmente e universalmente positivi espressi sui social media riguardo all’enciclica Dilexit nos sul Sacro Cuore di Gesù, pubblicata da papa Francesco il 24 ottobre 2024.
Il Papa ha conosciuto questa devozione fin da bambino nella sua famiglia e in seguito l’ha approfondita come membro della Compagnia di Gesù. Ora la affronta in questa solenne lettera, composta da cinque capitoli in 220 paragrafi, pubblicata in occasione della celebrazione del 350.mo anniversario della prima rivelazione del Sacro Cuore di Gesù a santa Margherita Maria Alacoque nel 1673. Gli eventi per solennizzare questo storica ricorrenza, iniziati il 27 dicembre 2023, termineranno il 27 giugno 2025.
«Chiave di volta della “cattedrale” di Francesco», «Pietra che tiene insieme tutto l’edificio», «Il fondamento teologico-spirituale delle altre due encicliche Laudato si’ e Fratelli tutti», «Una rivelazione dei suoi fondamenti teologici», «Sottolineatura di ciò che il cristianesimo è al suo centro», ecco alcuni degli apprezzamenti che provengono dall’episcopato della Chiesa tedesca, che non sempre è in sintonia con papa Francesco.
Nei passaggi della sintesi conclusiva di questa sua quarta enciclica, il Papa afferma che quanto ha scritto nelle precedenti non è estrinseco all’incontro con l’amore di Gesù Cristo, «perché, abbeverandoci a questo amore, diventiamo capaci di tessere legami fraterni, di riconoscere la dignità di ogni essere umano e di prenderci cura insieme della nostra casa comune» (n. 217). Donandoci queste preziose riflessioni, probabilmente papa Francesco ha voluto lasciare alla Chiesa il suo testamento spirituale; qui potremmo trovare la sintesi del suo magistero e una compiuta indicazione di cosa egli intende per “Chiesa sinodale”.
In tempi di grandi minacce e di ingiustizie globali, ma anche di crescente consumismo e materialismo, la lettera vuole invitarci a ritrovare la cosa più importante, il cuore. O per dirla in un altro modo: l’amore. Il Cuore di Gesù, fonte di amore, ci conduce al centro di ciò che è il cristianesimo: «Lì possiamo trovare tutto il Vangelo, lì è sintetizzata la verità che crediamo, lì vi è ciò che adoriamo e cerchiamo nella fede, ciò di cui abbiamo più bisogno» (n. 89).
Il Papa sottolinea ripetutamente che la vera devozione al Cuore di Gesù non ha solo una dimensione mistica, ma anche missionaria e sociale. Per lui il cuore è «la sede dell’amore con tutte le sue componenti spirituali, psichiche e anche fisiche» (n. 21). L’uomo si realizza pienamente quando nel suo cuore regna l’amore, perché per questo è stato creato. Ma ciò comporta un impegno; citando il filosofo Martin Heidegger, il Papa scrive che per accogliere il divino bisogna costruirgli una “casa degli ospiti” (cfr. n. 17).
Poi pone l’attenzione anche sulla raffigurazione del Sacro Cuore nell’immagine devozionale, che «non è un simbolo immaginario, è un simbolo reale, che rappresenta il centro, la fonte da cui è sgorgata la salvezza per l’umanità intera» (n. 52). È simbolo del suo infinito amore, divino ma anche umano. La venerazione del Sacro Cuore vuole mettere in chiaro che l’amore di Dio per gli uomini, che si è manifestato in Cristo, è un amore incarnato. Così come Gesù ha realizzato il suo amore per il Padre in tutta la sua vita e nella sua morte, anche gli uomini sono chiamati a integrarsi pienamente in questo amore di Dio, a raccontarlo e a trasmetterlo, perché solo Cristo ha la capacità «di dare un cuore a questa terra e di reinventare l’amore laddove pensiamo che la capacità di amare sia morta per sempre» (n. 218).
Dal pericolo di minimizzare l’amore non sono esenti neppure i pastori della Chiesa, soprattutto se hanno “ansie pastorali” eccessive: «Comunità e pastori concentrati solo su attività esterne, riforme strutturali prive di Vangelo, organizzazioni ossessive, progetti mondani, riflessioni secolarizzate, [conducono a] un cristianesimo che ha dimenticato la tenerezza della fede, la gioia della dedizione al servizio, il fervore della missione da persona a persona, l’esser conquistati dalla bellezza di Cristo, l’emozionante gratitudine per l’amicizia che egli offre» (n. 88).
L’enciclica è pubblicata in un momento in cui la Chiesa si chiede come sviluppare una comunità più attiva, nella quale ogni individuo sia preso in considerazione. Papa Francesco ci ricorda che «quando si coglie una realtà con il cuore, si può conoscerla meglio e più pienamente»; l’affermazione ricorda quella de Il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry, che coniò la frase: «Non si vede bene che col cuore».
Si chiede il Papa: «Che culto sarebbe per Cristo se ci accontentassimo di un rapporto individuale senza interesse per aiutare gli altri a soffrire meno e a vivere meglio?»
(n. 205). L’acqua viva che sgorga dal costato di Gesù, a cui tutti siamo invitati ad abbeverarci, ha lo scopo di rafforzare la capacità delle persone ad amare e a servire e di spingerle a collaborare in concreta unità per un mondo giusto, solidale e fraterno.
L’Enciclica si chiude con una visione di luce, quella che ci attende nel nostro incontro definitivo con Cristo: «Prego il Signore Gesù che dal suo Cuore santo scorrano per tutti noi fiumi di acqua viva per guarire le ferite che ci infliggiamo, per rafforzare la nostra capacità di amare e servire, per spingerci a imparare a camminare insieme verso un mondo giusto, solidale e fraterno. Questo fino a quando celebreremo felicemente uniti il banchetto del Regno celeste. Lì ci sarà Cristo risorto, che armonizzerà tutte le nostre differenze con la luce che sgorga incessantemente dal suo Cuore aperto. Che sia sempre benedetto!» (n. 220).