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Riflessioni in occasione della prima Giornata Mondiale dei Bambini. Li ha convocati a Roma papa Francesco per metterli al centro dell’attenzione di tutti

di don Gabriele Cantaluppi

Nel logo della prima Giornata Mondiale dei Bambini, che si terrà a Roma nel maggio 2024, le impronte delle mani a diversi colori rappresentano le molteplici culture, chiamate a formare un’unità che accoglie e valorizza le differenze; il profilo stilizzato della cupola di San Pietro richiama la Chiesa, custode del futuro delle nuove generazioni; la lanterna della cupola è metafora dei cristiani “portatori di luce” e la croce è ovviamente il simbolo della passione e resurrezione di Gesù.

È quasi un’icona, che accompagnerà l’incontro dei bambini con il Papa il 25-26 maggio. Organizzato dal Dicastero per la Cultura e l’Educazione, sarà un’occasione opportuna per rimettere al centro dell’attenzione mondiale i bambini, che sono il presente e il futuro dell’umanità.

Già in alcuni precedenti incontri papa Francesco aveva indicato un sogno, quello di tornare ad avere «sentimenti puri come i bambini, che ci insegnano la limpidezza delle relazioni, l’accoglienza spontanea di chi è forestiero e il rispetto per tutto il creato».

La Giornata Mondiale dei Bambini del maggio 2024 proporrà il tema della trasmissione ai più piccoli della fede, che rischia di essere quasi un filo deteriorato. Ora su questo fondamentale passaggio la Chiesa ha voluto investire in modo particolare. L’età dei bambini e delle bambine che parteciperanno sarà dai cinque ai dodici anni e arriveranno a Roma anche da regioni remote, come pure dalle zone di guerra quali la Palestina e l’Ucraina, l’Afghanistan e la Siria.

La Giornata ha avuto prima un livello diocesano, organizzato dalle Chiese locali, preparatorio all’incontro di Roma. Questo si svolgerà in due momenti: il raduno del 25 maggio allo Stadio Olimpico, dove il Papa dialogherà con i bambini, e il giorno seguente in piazza San Pietro, con la celebrazione eucaristica, la recita dell’Angelus e il saluto ai bambini di tutto il mondo. La scelta dello Stadio Olimpico vuole anche mandare un chiaro messaggio: lo sport è un importante strumento educativo dei giovani, può aiutare ad affrontare le sconfitte ed è capace di creare esperienze di integrazione.

È stato il Papa stesso a spiegare come è nata l’idea di questa Giornata Mondiale. In un podcast???, alla vigilia della Giornata Mondiale della Gioventù del 2023, era stato un bambino di nove anni, Alessandro, a chiedergli: «Ci sarà un giorno una giornata mondiale anche per i bambini?». La risposta di Francesco non si è fatta attendere: il 6 novembre 2023 ha incontrato oltre settemila piccoli di tutto il mondo e l’8 dicembre successivo ha annunciato l’appuntamento della primavera 2024.

La caratteristica dei bambini è la loro capacità di portare e accogliere novità; sono loro il commento più bello e vivace, scritto in carne, sangue e spirito, al passo dell’Apocalisse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose» (Ap 21, 5), che è il tema scelto da Francesco per l’incontro. I bambini sono mediatori di gioia, e in un tempo di prospettive cupe come quello che viviamo, rappresentano una speranza concreta per l’umanità.

Torniamo per un momento alle impronte delle mani, presenti nel logo. Impronte di mani si trovano già nelle pitture rupestri all’interno delle grotte abitate dagli uomini primitivi; sono il segno che i nostri antenati volevano lasciare per le future generazioni. In questo modo quegli uomini cominciarono a scrivere la loro storia, che nel tempo è diventata anche la nostra. A loro volta i bambini ripetono questo stesso gesto quando incominciano a disegnare, e così, in ognuno di loro, rivive la storia dell’intera specie umana e la possibilità di un nuovo inizio.

Il maestro monsignor Marco Frisina ha composto l’inno della Giornata, dal titolo Siamo noi, che esprime nel suo ritornello, gioioso e solenne, la forza della speranza che i bambini diffondono con la loro presenza, la serenità contagiosa del loro sorriso: «Siamo noi la gioia e la speranza, siamo noi la novità del mondo. Siamo noi il futuro, siamo noi la vita, siamo noi il segno dell’amore. Porteremo nel mondo il nostro canto di pace, un sorriso per chi non ce l’ha più. E saremo un segno di speranza».

Papa Francesco ripone grande fiducia in loro e li esorta: «Non dimenticate chi di voi, ancora così piccolo, già si trova a lottare contro malattie e difficoltà, all’ospedale o a casa, chi è vittima della guerra e della violenza, chi soffre la fame e la sete, chi vive in strada, chi è costretto a fare il soldato o a fuggire come profugo, separato dai suoi genitori, chi non può andare a scuola, chi è vittima di bande criminali, della droga o di altre forme di schiavitù, degli abusi. Insomma, tutti quei bambini a cui ancora oggi con crudeltà viene rubata l’infanzia».

La giornata, con i momenti di convivialità, preghiera e formazione, è una proposta di evangelizzazione di fronte al dilagante analfabetismo religioso di giovani e giovanissimi. Ma si può anche leggere come una chiamata a rimettere i più piccoli al centro dell’interesse della società e delle famiglie, una iniziativa positiva dopo i troppi casi di sfruttamento e abuso emersi negli ultimi decenni.

Papa Francesco con la sua Esortazione Apostolica Gaudete et exsultate ha spiegato che la santità è accessibile e praticabile da tutti. Oggi molti giovani sono presentati come “testimoni di fede”, pur senza essere candidati alla gloria degli altari. Secondo il Concilio Vaticano II, la santità è la perfezione della carità, l’amore divino e umano di Gesù che lo Spirito Santo diffonde nei nostri cuori. Ci sono dei santi tra i più giovani e anche tra i bambini, cristiani che hanno avuto una vita breve ma intensa, precocemente spezzata dalla morte ma riempita da questo amore, e ora vivono eternamente nella Chiesa del cielo.