A gennaio sei Benedettine sono tornate al Monastero Mater Ecclesiae nei giardini Vaticani.
La loro preghiera è per il Papa. Il loro silenzio e la loro
clausura sono per tutti un richiamo all’essenziale
di don Francesco Marruncheddu
Torna a essere monastero di clausura dopo quasi dodici anni, anche se in realtà non ha mai smesso di essere luogo di preghiera e silenzio. Dal 3 gennaio 2024 il Monastero Mater Ecclesiae, nel cuore dei giardini Vaticani, ospita una nuova comunità, composta da sei monache dell’Ordine Benedettino.
Provengono dalla Abadía de Santa Escolástica a Victoria, provincia di Buenos Aires (Argentina). A chiamarle in quel luogo di ritiro e contemplazione, dove per quasi dieci anni ha vissuto l’ultimo tratto di vita il papa emerito Benedetto XVI, è stato il suo successore Francesco con una lettera autografa del 1 ottobre 2023. La struttura era libera in seguito alla scomparsa di Joseph Ratzinger il 31 gennaio 2022.
Le suore hanno generosamente accettato l’invito. A trent’anni dalla fondazione del monastero sono tornate tra quelle mura, pensate per una comunità orante da Giovanni Paolo II. Questi il 25 marzo 1994 con il breve La vita contemplativa aveva eretto canonicamente nella Città del Vaticano un monastero «per sostenere il Santo Padre nella sua quotidiana sollecitudine per tutta la Chiesa, attraverso il ministero della preghiera, dell’adorazione, della lode e della riparazione, essendo così una presenza orante nel silenzio e nella solitudine» (così recita il breve di papa Wojtyla).
Le monache argentine sono state accompagnate dalla abbadessa di Santa Escolástica e da un’altra consorella e ad accoglierle all’aeroporto di Fiumicino c’è stato il Presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, il cardinale Fernando Vérgez Alzaga. È infatti lo stesso Papa a stabilire che il Governatorato sia responsabile del Mater Ecclesiae.
All’arrivo, le suore si sono recate a pregare presso la grande grotta di Lourdes nei giardini Vaticani, poi hanno preso possesso del loro monastero. E così ha ripreso vita il sogno di san Giovanni Paolo II, il quale aveva notato che in Vaticano non era presente un luogo di contemplazione, ma che nello Stato più piccolo del mondo, per giunta “governato” dal Papa, non doveva mancare un convento di clausura.
Nel 1994 si individuò una zona nella parte alta dei giardini, lungo Viale dell’Osservatorio, a ridosso delle Mura Leonine, costruite tra l’848 e l’852 da Leone IV a difesa della basilica di san Pietro e ora inglobate nei giardini stessi. Lassù, non lontano da un boschetto e accanto alla fontana dell’Aquilone, c’era già una modesta costruzione che ospitava il direttore di Radio Vaticana. Era comunque troppo piccola per accogliere una comunità; allora un progetto intelligente di ampliamento, coordinato dai Servizi tecnici del Governatorato, completò e integrò armonicamente la struttura, venendosi a costituire un piccolo ma funzionale monastero, articolato su quattro livelli, con dodici celle, un refettorio, una biblioteca, una sala comune, parlatori e la tradizionale “ruota” monastica (armadio cilindrico, girevole intorno a un asse verticale, per comunicare tra l’esterno e l’interno delle clausure). Oltre ovviamente a una ampia, luminosa e artistica cappella, sulla quale prospetta, oltre le grate, il coro delle monache. E non manca una bella statua di san Giuseppe, patrono della Chiesa Universale.
Particolarità: entrò a far parte del convento, come necessario spazio all’aperto, il contiguo “orto del Papa”, uno dei luoghi più riservati del Vaticano. Qui, fra fiori e siepi, in un terreno reso fertile dall’humus portato da Castel Gandolfo, su aiuole terrazzate vengono coltivati, con metodo biologico, gli ortaggi e la frutta per la tavola del Santo Padre. Così lo spazio dove le monache possono trascorrere la ricreazione e fare qualche passeggiata all’ombra del “cupolone”, è anche luogo di lavoro, come previsto dalla regola monastica, ma in questo caso si tratta di un lavoro finalizzato direttamente alla persona del Pontefice.
Ma quale comunità doveva essere chiamata ad abitarlo? Per non privilegiare nessun Ordine, nel 1994 si decise una rotazione: ogni cinque anni un diverso Ordine religioso avrebbe preso “possesso” del monastero, destinando otto religiose, di diversa nazionalità, fondando così una comunità originale, espressione di diversi Paesi. Le prime a insediarsi furono nel 1994 le Clarisse; nel 1999 furono sostituite dalle Carmelitane alle quali nel 2004 seguirono le Benedettine e infine, nel 2009, fu la volta delle Visitandine. Le ultime religiose, quasi tutte spagnole, avevano lasciato il monastero nel novembre 2012, per permettere i lavori di restauro dell’edificio e adeguarlo poi ad accogliere Benedetto XVI, che l’ha abitato sino alla sua morte. Ora, per volontà di papa Francesco, la struttura torna a tutti gli effetti monastero di clausura, con le Benedettine che riprendono il loro turno di “sentinelle” oranti sul Colle Vaticano, come voluto trent’anni fa da papa Wojtyla.