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Intervista con il Vescovo di Terni – Narni – Amelia mons. Francesco Soddu

di don Francesco Marruncheddu

La Sardegna ha espresso, a inizio gennaio 2022, un nuovo vescovo, mons. Francesco Soddu, fino all’anno scorso direttore della Caritas italiana, ma presbitero dell’Arcidiocesi di Sassari, dalla quale per ben 40 anni non erano “usciti” nuovi vescovi. E per la prima volta dopo tanti decenni, un vescovo sardo è destinato a una Chiesa fuori dall’isola, quella di Terni – Narni – Amelia, in Umbria. Un fatto di notevole portata storica ed ecclesiale. 

Come ha colto la sorpresa che Papa Francesco Le ha fatto nel nominarla Vescovo a conclusione di un lungo cammino in Caritas? Quali sentimenti La hanno attraversata nell’apprendere questa notizia?

Davanti a un così grande compito ho sentito la gravità della responsabilità, affidando a Maria santissima, Madre di Dio e della Chiesa, la mia persona e il mio apostolato. Ma da subito  ho avuto la consapevolezza di poter condividere questa responsabilità con quanti avrò il piacere di incontrare e conoscere, in questo significativo tempo di grazia caratterizzato dal percorso sinodale della Chiesa. Il Signore, mediante il ministero apostolico del Papa, ci affida l’uno all’altro: a noi il compito di far germogliare e coltivare la sua carità in ogni nostro atteggiamento.

Cosa è, oggi, Caritas Italiana?

È un impegno educativo che passa anche attraverso la concretezza dei fatti.  La Caritas ha uno sguardo attento, pronto a cogliere ogni richiesta, ogni cambiamento sul territorio, che conosce, interpreta e anima allo stesso tempo. È una missione costante di ascolto e di azione, è un impegno complesso ma la Caritas non è sola in questa missione: è parte di una Chiesa viva in ogni diocesi e nelle parrocchie, antenne, orecchie e cuori che si adoperano ogni giorno accanto alle persone. Quante mani tese verso il mondo in questi cinque decenni: operatori, sacerdoti, e tanti, tanti volontari per condividere fatiche e speranze, restituire dignità. Promuovere il valore e la dignità di ogni essere umano è parte della missione pedagogica della Caritas, rivolta a tutta la comunità e in particolare ai giovani, portatori di speranza e di energie per il futuro. 

L’Umbria è per eccellenza la culla dell’esperienza francescana, e Lei già porta il nome “giusto”: Francesco, o meglio, Francesco Antonio. Come si sente nel dover esercitare il Suo ministero episcopale nella terra di Francesco d’Assisi? 

Io mi sento fortemente francescano per tanti motivi. È per me un grande onore essere pastore in una Chiesa e in una regione tutta francescana; in modo particolare nella diocesi di Terni, laddove l’altro grande francescano, sant’Antonio di Padova, in forza del martirio dei primi francescani, colpito e  illuminato da questo esempio, decise di diventare anch’egli un seguace di Francesco di Assisi. In particolare, il mio nome, Francesco Antonio, raccoglie questa bella eredità che da Francesco, passando per Antonio, arriva fino ai nostri giorni. Essere vescovo della diocesi di Terni – Narni – Amelia, non fa altro che irrobustire e corroborare ulteriormente da una parte il mio essere “francescano fino al midollo”, dall’altra parte il sentire a me vicini, presenti, a sostegno della mia missione, questi due grandi santi nella terra francescana per eccellenza, l’Umbria, dove ora sono chiamato a servire la Chiesa. 

Lei è sardo e diventa vescovo di una diocesi fuori dall’isola. Non capitava da tantissimo che un presbitero della nostra terra fosse chiamato a un ministero episcopale fuori dalla Sardegna. Come si prepara a vivere questo impegno e questo nuovo ministero in una terra sorella così diversa?

Il lavorare in Caritas, lo stare con i poveri mi ha formato, continua a formarmi e resterà la mia bussola anche in questo nuovo incarico che il Santo Padre mi ha affidato.  Proprio questo chiedo al Signore: aiutarmi a restare sempre “alla scuola dei poveri”, tra la gente, capace di ascoltarne i bisogni e di rafforzare percorsi di incontro e di condivisione,  nel contesto attuale, caratterizzato dalla pandemia, da radicali fenomeni di trasformazione e cambiamento, a servizio del cammino sinodale delle Chiese che sono in Italia. La pandemia ce lo ha ricordato e papa Francesco con la Fratelli tutti lo ha ribadito: siamo un’unica famiglia umana, tutti sulla stessa barca, pur nelle diversità e nelle specificità dei singoli contesti in cui si opera.