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Intervista su san Giuseppe di papa Benedetto XVI

Con gioia pubblichiamo alcune parti di una intervista concessa da papa Benedetto XVI a un settimanale tedesco; auguriamo a Sua Santità buon onomastico e gli esprimiamo la nostra inviolabile devozione e gratitudine filiale.

Santità, la Scrittura non tramanda alcuna parola di san Giuseppe. C’è comunque, secondo Lei, un’affermazione nel Nuovo Testamento che esprime in modo particolarmente adeguato la natura di san Giuseppe?

è vero, non esistono parole di san Giuseppe, all’interno della sua storia, che ci siano state tramandate dal Nuovo Testamento. Ma c’è una corrispondenza tra il compito a lui affidato dall’angelo che gli appare in sogno e l’agire di san Giuseppe, una corrispondenza che lo caratterizza chiaramente. Nell’episodio dell’indicazione, che riceve in sogno, di prendere Maria come sua sposa, la sua risposta è data semplicemente in una frase: «Egli si alzò e fece come gli era stato ordinato» (Mt 1,24). La corrispondenza fra compito e agire si manifesta ancor più fortemente nell’episodio della fuga in Egitto, nel quale vengono utilizzate le stesse parole: «Egli si alzò e prese il bambino e sua madre» (Mt 2,14). Entrambe le espressioni sono usate ancora una terza volta alla notizia della morte di Erode e nella possibilità di un ritorno nella Terra santa. Seguono, una dopo l’altra, le parole che caratterizzano Giuseppe: «Egli si alzò e prese il bambino e sua madre» (Mt 2,21). L’avvertimento notturno riguardo alla pericolosità di Archelao non riveste la stessa autorità dell’informazione precedente. L’agire di Giuseppe in risposta dice molto più semplicemente: «Avvertito poi in sogno, si ritirò nella regione della Galilea» (Mt 2,22). Il medesimo atteggiamento di fondo si manifesta infine, in modo del tutto diverso, nell’episodio dell’adorazione dei Magi provenienti dall’Oriente: «Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre» (Mt 2,11). San Giuseppe non compare nell’incontro fra i Magi e il bambino Gesù. Anche questo silenzioso non voler apparire è caratteristico e mostra molto chiaramente che egli con l’istituzione della Santa Famiglia ha preso su di sé un servizio che richiedeva una grande capacità decisionale e organizzativa, insieme tuttavia a una grande capacità di rinuncia. Il suo silenzio è al contempo la sua parola. Esso esprime il “sì” a ciò che egli, legandosi a Maria e a Gesù, ha preso su di sé. [...]

San Giuseppe è tradizionalmente invocato come patrono della buona morte. Come giudica questa consuetudine?

Si può dare per certo che san Giuseppe sia morto durante il tempo della vita nascosta di Gesù. Egli è citato un’ultima volta in Lc 4,22 dopo la prima visita pubblica di Gesù alla sinagoga di Nazareth. La meraviglia per quello che Gesù dice e per come lo dice si tramuta in perplessità nella folla, che si domanda: «Non il figlio di Giuseppe?» (Lc 4,22). Il fatto che in seguito egli non venga più menzionato, mentre invece sia sua madre che i suoi “fratelli” chiedono di vedere Gesù, rappresenta un segno certo che egli non era più in vita. Pertanto è ben fondata l’idea per cui san Giuseppe abbia concluso la sua vita terrena nelle mani di Maria. Pregarlo affinché accompagni benevolmente anche noi nell’ultima ora rappresenta perciò una forma di pietà assolutamente fondata.

Come veniva festeggiato il Suo onomastico nella Sua famiglia?

Il giorno di san Giuseppe rappresentava l’onomastico di mio padre e mio e, nei limiti del possibile, veniva debitamente festeggiato. Il più delle volte la mamma, con i suoi risparmi, in qualche modo riusciva ad acquistare un libro importante (ad esempio Der kleiner Herder). Poi c’era una tovaglia specifica per l’onomastico, che assicurava festosità alla colazione. Si beveva caffè da macinare, che mio padre amava molto, ma che normalmente non potevamo permetterci. Infine a tavola c’era sempre una primula come segno della primavera che san Giuseppe porta con sé. E per finire la mamma preparava una torta con glassa che esprimeva compiutamente la straordinarietà della festa. In questo modo fin dal mattino era tangibile la particolarità della festa di san Giuseppe.

Ha sperimentato personalmente nella sua vita l’intercessione del suo patrono?

Quando percepisco che una preghiera è stata esaudita, non ne riconduco la causa alle singole intercessioni, ma mi sento in debito verso di esse nel loro complesso.

Papa Francesco ha indetto l’Anno di san Giuseppe ricordando ai fedeli l’elevazione di san Giuseppe a patrono della Chiesa universale nel 1870. Quale speranza Lei collega a questo gesto?

Sono particolarmente lieto che papa Francesco abbia ridestato nei fedeli la consapevolezza dell’importanza di san Giuseppe; e quindi ho letto con particolare gratitudine e profonda adesione la Lettera apostolica Patris Corde che il Santo Padre ha scritto per il centocinquantesimo anniversario della proclamazione di san Giuseppe a patrono della Chiesa universale. è un testo molto semplice che viene dal cuore e va al cuore, e che proprio per questo è molto profondo. Ritengo che questo testo debba essere letto e meditato assiduamente dai fedeli, contribuendo così alla purificazione e all’approfondimento della nostra venerazione ai santi in generale e a san Giuseppe in particolare.

Nostro estratto da:  Benedetto XVI, “Sein Schweigen ist zugleich sein Wort”. Freude über das Josefsjahr: Eine Katechese des emeritierten Papstes Benedikt XVI. über seinen Namenspatron. Intervista con Regina Einig in “Die Tagespost – Forum” (1.4.2021), pp. 33-34.