Discepoli della spiritualità di Sant’Ignazio
di Ottavio De Bertolis
Da pochi giorni, il 20 maggio scorso, è stato indetto l’anno ignaziano, un tempo di grazia singolare, per la Chiesa tutta e naturalmente per la Compagnia di Gesù, l’Ordine fondato da Ignazio di Loyola. Ricordiamo infatti un fatto che segna quella che è stata chiamata la sua “conversione”, avvenuta 500 anni fa: il futuro santo, piuttosto lontano dall’essere quello che sarebbe diventato, stava combattendo a Pamplona, in Spagna, contro i Francesi, quando fu colpito da una palla di cannone che lo atterrò.
Ci interessa poco qui la ricostruzione storica del fatto: quel che conta è che quest’uomo, che aveva fatto del servizio al suo re terreno il senso della propria vita, passa in tal modo al servizio del suo re eterno, Cristo nostro Signore. Quella disgrazia, una cannonata che gli maciullò la gamba, proprio a lui che aveva sempre tenuto alla prestanza e alla figura davanti agli uomini, avrebbe potuto distruggerlo, gettandolo in una inguaribile depressione, vedendosi ormai privato inevitabilmente di quei sogni di ambizione umana e gloria terrena che aveva tanto coltivato.
Ma non fu così. Condotto infatti in casa sua, nel periodo della sua convalescenza, incominciò a sperimentare in se stesso le diverse mozioni interiori che in lui si muovevano quando leggeva le vite dei santi, di Francesco e di Domenico, e i poemi cavallereschi, i racconti mondani, ai quali era pure affezionato. Cominciò infatti a notare che la consolazione che infondevano in lui gli esempi e la considerazione dei Santi rimaneva sempre, non si dissipava, ma continuava a sostenerlo, a motivarlo, a confortarlo; al contrario, l’apparente vivacità e allegria che sprigionavano i racconti mondani, lo consolavano solo sul momento, ma poi lo lasciavano spossato e come svuotato del bene. Questo fu per lui l’inizio di un cammino che egli chiamò, nella sua età più matura, “discernimento degli spiriti”, cioè il giudicare da vari indizi come l’anima può essere mossa dallo spirito cattivo ovvero dallo Spirito buono, lo Spirito Santo; l’uno muove al falso amore di sé e del mondo, l’altro all’amore di Dio e di tutte le cose in Lui, secondo la sua santissima volontà.
è bello quindi osservare che l’inizio della vita nuova di Ignazio è stato proprio una ferita, uno smacco, un fallimento; ma Gesù, il risorto, lo trovò proprio lì, e lo sollevò e fece in modo che proprio lui fosse portatore per molti di quella consolazione che aveva sperimentato lui stesso da Dio. Infatti il succo di tutta la sua esperienza spirituale è stato da lui condensato in un libretto, che si chiama Esercizi Spirituali, che anche oggi sono predicati a molti, e che costituiscono certamente una dottrina molto solida e ben sperimentata per crescere nella vita spirituale e nel servizio di Dio.
Non è certo possibile qui esporre il contenuto degli Esercizi: possiamo però ricordare come in essi Ignazio trova e propone un modo molto personale di incontrare il Signore, e, in questo senso, di arrivare ad un’esperienza di preghiera davvero profonda. Infatti, se possiamo chiamare “esercizi spirituali” ogni modo di pregare o meditare, tuttavia quelli proposti da Ignazio si distinguono per il loro fine, che è cercare e trovare la volontà di Dio nella propria vita, per compierla generosamente. Questo richiede una grande capacità di mettersi in discussione, quindi una grande umiltà per porsi davanti a Dio: forse è proprio questa la “difficoltà” che presentano, non tanto e non solo alcune piccole cose, quali il silenzio prolungato o il modo di pregare che viene proposto. Ma di essi si può dire solo: “provare per credere”, o, più evangelicamente, “venite e vedete”.
In questo senso, sebbene in quest’anno noi ricordiamo un momento particolare, quello iniziale, per così dire, della vita del Santo, e non l’opera da lui compiuta nella sua maturità, possiamo tuttavia trarne molto frutto, e non solo noi Gesuiti, ma tutta la Chiesa. Come già a san Paolo, così il Signore dice anche a noi, spossati e feriti dopo questa pandemia, che rappresenta in qualche modo la palla di cannone che ha colpito tutto il mondo: “la mia potenza si manifesta nella tua debolezza”. E così possiamo imparare ad ascoltare ancora la Parola di Dio, lo Spirito santo che sempre guida la sua Chiesa, per proseguire il nostro cammino, e forse anche per raddrizzarlo, per vivere più autenticamente la sequela del Signore.