Forse fu una nobile matrona divenuta cristiana a donare alla Chiesa questa catacomba. Tra le sue numerose bellissime raffigurazione pittoriche vi è la più antica Madonna col Bambino
di Talia Casu
Fuori da Porta Salaria Nova, a circa tre miglia sull’omonima via si estende la catacomba di Priscilla, uno tra i più grandi complessi cultuali e funerari della comunità cristiana di Roma dei primi secoli. Priscilla fu probabilmente colei che donò alla comunità cristiana la proprietà dove si svilupparono il cimitero di superficie e quello sotterraneo.
Nel settore più antico fu rinvenuta una iscrizione (III sec.) che menziona una Priscilla clarissima femina (o puella) insieme a un Manius Acilius clarissimus vir. L’epigrafe non permette di identificare nella Priscilla dell’iscrizione colei dalla quale il cimitero prende nome, ma consente di ipotizzare l’esistenza di un rapporto tra Priscilla e la gens Acilia. Inoltre numerose epigrafi (II-III sec.) presenti nella regione riconducono alla gens Acilia, a testimonianza che lungo la via Salaria la famiglia aveva certamente dei possedimenti. La gens è risalente al console Acilio Glabrione (91 d.C.) che, secondo Cassio Dione e Svetonio, venne condannato da Domiziano (81-96) per l’adesione a "nuove teorie", l’espressione per indicare chi aveva abbracciato la fede cristiana.
La più antica attestazione del cimitero si trova nella Depositio martyrum: il 10 luglio si fa memoria del dies natalis (giorno della nascita al cielo) dei fratelli Felice e Filippo, martirizzati insieme ad altri cinque fratelli e alla madre. La Depositio episcoporum al 15 gennaio ricorda papa Marcellino (296-304) e al 31 dicembre papa Silvestro (314-335), al quale era dedicata una basilica sita nella superficie del cimitero e oggi ricostruita. Per il gran numero di martiri qui sepolti la necropoli venne denominato Regina catacumbarum.
La catacomba ha origine da cinque ipogei indipendenti, tutti muniti di scala propria: l’Arenario centrale, l’ipogeo di Eliodoro, la regione del criptoportico, l’ipogeo di Adamo ed Eva, l’ipogeo degli Acilii. Si riconoscono due livelli principali con gallerie irregolari, di origine in parte idraulica e in parte di estrazione della pozzolana, che a partire dalla fine del II secolo vennero impiegate per scopi funerari; lo studio condotto sui laterizi che chiudono i loculi ha evidenziato una presenza rilevante di bolli del tempo dell’imperatore Caracalla (211-217).
Dal punto di vista storico e monumentale, la catacomba di Priscilla risulta essere uno dei complessi più ricchi del cristianesimo primitivo. I bei documenti pittorici, sottoposti a restauro ventennale da poco terminato, sviluppano un gamma di raffigurazioni che si presentano come una summa dell’arte paleocristiana per temi inerenti il corso della vita, sia familiare che professionale, e affrontano anche l’infanzia del Salvatore, tema piuttosto raro, per giungere fino alle narrazioni veterotestamentarie e all’epoca simbolica dell’iconografia paleocristiana.
Tra questi preziosi documenti possiamo ricordare quelli che il percorso di visita riservato ai pellegrini permette di osservare. Nel cuore del primo ipogeo, l’Arenario centrale, si trova la grande nicchia con la Virgo lactans e il profeta che indica la stella: il recente restauro ha anche analizzato le varie fasi pittoriche e ha permesso di assegnare una datazione al 230-240 di quella che è considerata la raffigurazione più antica della Madre di Dio col Bambino. Per la descrizione del prezioso affresco rimandiamo al nostro primo articolo dedicato al tema del Natale (La Santa Crociata, 1/2022, pp. 16-17).
Attorno alla regione dell’Arenario si trova anche il cubicolo detto “della Velata”. Nella lunetta della parete di fondo sono raffigurati i momenti più significativi della vita di una giovane donna, certamente la defunta che vi fu deposta: il matrimonio, la nascita di un figlio e la morte, questa rappresentata dall’immagine dell’orante col capo velato che campeggia al centro dell’affresco. Nelle pareti laterali troviamo le scene veterotestamentarie dei tre giovani nella fornace e il sacrificio di Isacco. Sulla volta del cubicolo, il profeta Giona rigettato dalla pistrice (il mitologico mostro marino) e, al centro, il Buon Pastore con la pecora sulle spalle.
Presso il criptoportico si trova la celebre Cappella greca, così detta per la presenza di graffiti in lingua greca. Qui sono ritratte le storie del ciclo del profeta Daniele; in particolare, lungo le pareti a destra e sinistra, dominano i quadri che presentano la vicenda di Susanna e i vecchioni (Dn 13, 1-64).
Gli ipogei priscilliani sono stati utilizzati come luogo comunitario di sepoltura per un lungo lasso di tempo, che giunge fino agli anni della devozione e del culto ai martiri e ai vescovi di Roma ivi sepolti. Lo testimoniano due iscrizioni dedicate a tre martiri, rispettivamente a Marcello e Felice e a Filippo, che riportano agli interventi operati da papa Damaso (366-384). Nel VI secolo la catacomba era denominata Coemeterium Priscillae ad Sanctum Silvestrum.
Il sito è stato custodito dal 1936 al 2023 dalle monache Benedettine di Priscilla e oggi affidato all’Associazione Pro Deo et Fratribus - Famiglia di Maria.