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di Lorenzo Bianchi

Giacomo il Minore, cugino di Gesù e capo della comunità di Gerusalemme, subì il martirio nella Città santa. È venerato insieme all’apostolo Filippo.  

Sono verosimilmente la stessa persona il Giacomo, fratello dell’apostolo Giuda Taddeo, che i Vangeli e gli Atti elencano tra gli apostoli chiamandolo figlio di Alfeo, e il Giacomo che altrove gli stessi Vangeli chiamano “fratello” (cioè cugino, secondo la corretta interpretazione dell'ebraico) del Signore,

figlio di Maria, una delle donne presenti ai piedi della croce di Gesù, moglie di Cleofa, “sorella” (cioè cognata) della Madonna. Cleofa e Alfeo potrebbero essere infatti due nomi della stessa persona, o meglio due forme dello stesso nome. Il Giacomo “fratello” di Gesù è nominato da Paolo come “colonna” della Chiesa, con Pietro e Giovanni, a Gerusalemme, dove fu vescovo dalla partenza di Pietro per Roma (anno 44) fino al martirio avvenuto durante la Pasqua del 62. 

La Chiesa d’Oriente distingue tuttora tra l’apostolo e il vescovo di Gerusalemme, sulla base di una tradizione introdotta da scritti pseudoclementini (Ipotiposi, VI) tra la fine del II e l’inizio del III secolo e seguita in particolare da Eusebio di Cesarea e Giovanni Crisostomo, ma non da altri numerosi Padri greci; mentre per la Chiesa d’Occidente il Concilio di Trento ha affermato l’identità dell’uno con l’altro. 

Il martirio di Giacomo, noto dalla notizia di Giuseppe Flavio, della fine del I secolo, ci viene descritto nei dettagli da Eusebio di Cesarea, che riferisce per esteso in particolare la precedente narrazione di Egesippo. Morto il prefetto di Giudea Festo, e mentre era ancora in viaggio da Roma il suo successore designato Albino, il sommo sacerdote Ananos il Giovane approfittò del momento per convocare il sinedrio e condannare Giacomo alla lapidazione. Siamo nell’anno 62. Giacomo fu gettato giù dal pinnacolo del Tempio e, poiché non era morto, fu lapidato; e poiché, messosi in ginocchio, pregava per coloro che lo stavano lapidando, «uno di loro, un follatore, preso il legno con cui batteva i panni, colpì sulla testa il Giusto, che morì martire in questo modo. Fu quindi sepolto sul luogo, vicino al Tempio, dove si trova ancora il suo monumento». Il suo cippo sepolcrale, secondo la testimonianza di Girolamo, rimase al suo posto fino al tempo dell’imperatore Adriano (117-138); poi se ne dovettero perdere le tracce, se si ha la notizia dell’invenzione (cioè del ritrovamento), verso la metà del IV secolo, del corpo di Giacomo, insieme a quelli dei martiri Simeone e Zaccaria, a opera di un eremita, Epifanio. 

Reliquia del cranio attribuito a Giacomo il Minore, compatibile con le reliquie presenti a Roma nella Basilica dei Santi XII Apostoli. Si trova ora nella Cattedrale di San Ciriaco, Ancona.Il corpo di Giacomo fu temporaneamente traslato dentro Gerusalemme dal vescovo Cirillo l’1 dicembre 351, poi successivamente fu riportato nella chiesa costruita presso il luogo dell’invenzione; infine si ha notizia di una traslazione – ancora il giorno 1 di dicembre – in un’altra chiesa in Gerusalemme, costruita sotto l’imperatore bizantino Giustino II (565-578) e dedicata a Giacomo. Ma qui le varie notizie si integrano con difficoltà. 

Si deve infatti collegare con una traslazione di parte delle reliquie da Gerusalemme (o forse da Costantinopoli) a Roma, la costruzione, al tempo di papa Pelagio I (556-561), di una basilica dedicata agli apostoli Giacomo e Filippo, la cui la festa liturgica da allora in Occidente ricorre l’1 maggio (ora spostata al 3 maggio); la basilica fu poi completata da papa Giovanni III (561-574), e attualmente è intitolata ai Santi XII Apostoli. 

Nel gennaio 1873, come si è già detto a proposito dell’apostolo Filippo (La Santa Crociata, 7, agosto 2023, p. 12-13), venne fatta, a opera di una commissione scientifica, una ricognizione sotto l’altare della chiesa dei Santi XII Apostoli a Roma. Le reliquie trovate appartenevano a due distinti individui. Quello di corporatura più robusta, del quale si conservavano solo   scaglie e frammenti ossei, anche se in quantità consistente, oltre a un femore presente ab immemorabili in Basilica, fu identificato con Giacomo il Minore. Nel 1879 le reliquie furono deposte in un’arca di bronzo all’interno di un sarcofago di marmo che venne collocato nella cripta della chiesa, al di sotto dell’altare centrale e del luogo dove erano state rinvenute; la reliquia del femore fu invece collocata in un reliquiario appositamente fabbricato. Come detto per l’apostolo Filippo, una nuova ricognizione è stata recentemente compiuta il 5 aprile 2016,  sotto il coordinamento di Nazzareno Gabrielli,  che ha confermato le precedenti scoperte e fornito nuovi dati. Le reliquie sono riposte attualmente parte nella cripta, parte sotto l’altare centrale della basilica romana. 

Prima della traslazione a Roma, altre parti delle reliquie di Giacomo dovettero prendere altre destinazioni. Così, a Santiago di Compostella si sostiene che sia giunta la reliquia del suo cranio, portata in Occidente dal vescovo di Braga Mauricio Burdino, dopo averla prelevata verso il 1104 da Gerusalemme durante il suo pellegrinaggio in Terra Santa. Ma esiste la concreta possibilità che questa tradizione si riferisca in realtà all’altro Giacomo, il Maggiore, e lo suggerirebbero indagini pubblicate nel 2021 che hanno individuato sul cranio di Compostela tracce compatibili con la morte per decapitazione. 

Un cranio, attribuito con maggiori prove a Giacomo il Minore, si trova invece ad Ancona, giuntovi nel 1380 da Costantinopoli, ora custodito nella chiesa cattedrale di San Ciriaco. Fu a suo tempo esaminato a seguito della ricognizione delle reliquie conservate a Roma, nell’aprile 1879, e risultò con queste compatibile, confermando che si trattava di parti dello stesso corpo. Sul cranio si accertò, sotto un antico restauro fatto con cera, una frattura nella regione occipitale causata da un colpo di corpo contundente e lacerante e dagli esiti probabilmente mortali, conformemente a quanto testimoniato dalle fonti antiche sul martirio di Giacomo.