Nei pressi di una grande città, lungo una strada di transito, se ne andava un vecchietto cadente. Il suo passo era vacillante: le gambe magre lo reggevano a stento e si muovevano debolmente a fatica, quasi non fossero le sue; il vestito che indossava era tutto a brandelli; il capo, scoperto, gli cadeva sul petto... Era stanco, sfinito. Sedette sopra una pietra miliare, appggiando i gomiti sulle ginocchia, e si nascose il volto tra le mani; tra le dita nascoste colavan giù lacrime sull’arida polvere grigia.
Egli ricordava...
Ricordava di essere stato un tempo sano e ricco; poi aveva perso la salute; aveva prodigato le proprie ricchezze a chiunque, amici e nemici... Ora non aveva un tozzo di pane, e tutti lo avevano abbandonato, gli amici ancora prima dei nemici... Doveva forse abbassarsi ancora fino a chiedere l’elemosina? Il suo cuore traboccava di amarezza e di sconforto. E le lacrime gli colavano giù senza posa, macchiando la sabbia grigia.
Ad un tratto si sentì chiamare per nome; sollevò la testa stanca e vide davanti a sé uno sconosciuto.
Aveva un viso tranquillo e grave, ma non rigido; occhi non sfolgoranti, ma chiari; lo sguardo penetrante, ma non cattivo.
– Tu hai prodigato tutte le tue ricchezze - disse con voce uniforme.
- Ma dimmi, non ti penti ora di aver fatto del bene?
– Non mi pento - rispose il vecchio sospirando; - soltanto, adesso, io muoio...
– Se non ci fossero stati al mondo mendicanti che ti avessere steso la mano - proseguì lo sconosciuto - come avresti potuto dimostrare coi fatti la tua anima benefica?
Il vecchio non rispose nulla, e rimase pensieroso.
– Così non essere neppure adesso superbo, pover’uomo! - riprese lo sconosciuto. - Cerca, porgi la mano, e darai così ad altri buoni la possibilità di dimostrare coi fatti che sono realmente buoni.
Il vecchio trasalì, alzò gli occhi... ma lo sconosciuto era già scomparso. Lontano, nella via, vide un passante.
Il vecchio gli mosse incontro e gli tese la mano. Il passante si voltò con viso arcigno e non diede nulla. Ma dopo di lui venne un altro, e questo fece al vecchio una piccola elemosina.
E il vecchio, con la monetina ricevuta, si comprò del pane, e quel pezzo di pane, frutto di elemosina, gli parve dolce. Né egli provò vergogna di se stesso; al contrario: sentì una gioia serena.
Ivan Turgenjev
Calendario
Settembre
«Per San Michele ogni straccio sa di miele»
Nel mese di settembre, e più precisamente verso la fine, giunge a maturazione l’ultima frutta dell’anno, quella più dolce, come l’uva bianca e nera, le diverse varietà di fichi, le pere, le pesche settembrine ecc. Si avvia al termine la stagione dei meloni, ad eccezione di quelli invernali, giungono a maturazione le noci, pronte ad essere raccolte tramite “bacchiatura”. Si preparano i letti di semina per i cereali.
Vigneto. Si controlla il grado zuccherino dell’uva mediante appositi strumenti, per stabilire quando iniziare la vendemmia. Si sospende ogni tipo di trattamento. Frutteto. Si eseguono trattamenti con prodotti rameici per pero e melo insidiati dai cancri, ticchiolature e cascola delle foglie. Si mettono a punto i terreni per i nuovi impianti. Si raccolgono le ultime mele e le pere tardive.
Orto. Si rincalzano carciofi, cardi, finocchi e porri. Si predispongono i ripari per le colture protette e si preparano all’aperto i tunnel per la semina di carote, fave, bietole, lattughe, ravanelli, spinaci, rucola, valerianella. Per favorirne l’imbianchimento, si legano cardi, sedano da coste, indivia ecc.
Giardino. Si seminano tappeti erbosi nei terreni precedentemente preparati. A fine mese si dà inizio alla piantagione delle bulbose a fioritura primaverile. In piana terra, all’aperto, si semina il pisello odoroso. Si potano le siepi sempreverdi e le caducufoglia. Si pota la lavanda, la cui fioritura è terminata in agosto.
Ricetta
Ragù per il santo frate
Il ragù di padre Pio fu preparato dal medico del convento. Questi aveva chiesto al santo se gli piacessero i maccheroni e, avendo avuto risposta positiva, era corso dal macellaio e poi in cucina a prepararli. Restò di stucco quando il frate disse: «è troppo bello questo piatto perché me lo mangi io. Portiamolo ai poveri, va’».
150 g di carne di maiale, 150 g di carne di agnello, 150 g di carne di manzo, 150 g di salsiccia, 700 g. di passata di pomodoro, 1 cipolla, 2 spicchi di aglio, 1 peperoncino, 1 foglia di alloro, 1 bicchiere di vino rosso, olio extravergine di oliva, sale.
Tagliare le carni e la salsiccia a cubetti di circa 3-4 cm. In un tegame di terracotta, soffriggere nell’olio la cipolla affettata, l’aglio e il peperoncino intero, aggiungere le carni e lasciare rosolare a fuoco vivo per qualche minuto. Salare, sfumare con il vino e, dopo aver eliminato il peperoncino, aggiungere la salsa e l’alloro. Cuocere per almeno 3 ore a fuoco bassissimo, mescolando di tanto in tanto e aggiungendo un mestolo di acqua calda qualora il sugo si asciugassse troppo.
Stili di vita
Contro lo spreco
I farmaci Lo spreco dei farmaci non si ferma, anzi aumenta. E questo nonostante la crisi e la necessità di contenere la spesa sanitaria. Gli ultimi dati arrivano dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa): gli italiani, in media, consumano due farmaci a testa al giorno.
Con una spesa complessiva, nel 2015, pari a 28,9 miliardi di euro, in aumento dell’8,6 per cento rispetto all’anno precedente. Ogni anno gettiamo, in media, un chilo di medicinali. Confezioni integre, acquistate con compulsione e finite negli armadietti fino alla scadenza: il 40 per cento.
Molto spesso i farmaci li auto-prescriviamo, anche laddove è indispensabile l’autorizzazione dei medici, e li auto-sospendiamo, in autonomia: si calcola che su 16 milioni di ipertesi solo la metà accettano le cure per il periodo necessario (di solito molto lungo), mentre gli altri 8 milioni li prendono per due-tre mesi e poi li buttano.
Le pillole che più sprechiamo sono gli antibiotici, e a seguire gli analgesici, gli sciroppi, i farmaci per l’ipertensione e per lo scompenso cardiaco, gli antiaggreganti e gli anticoagulanti. Tutte medicine costose.