5° anniversario dell’Amoris Laetitia
L’anno dedicato alla famiglia nel quinto anniversario di Amoris Laetitia è stato indetto da papa Francesco il 27 dicembre 2020, per far maturare i frutti dell’esortazione apostolica post-sinodale e rendere la Chiesa più prossima alle famiglie nel mondo, messe alla prova in quest’ultimo anno dalla pandemia. Tale anno si concluderà il 26 giugno 2022, con il decimo Incontro mondiale delle famiglie. Le riflessioni che matureranno saranno messe a disposizione delle comunità ecclesiali e delle famiglie, per accompagnarle nel loro cammino.
di Nico Rutigliano
«L’alleanza dell’uomo e della donna, che avvolge la storia e la condizione umana – spiega Pierangelo Sequeri, Preside del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II – fa perno sulla famiglia, ma va oltre la sua grammatica familiare: la vocazione cristiana è quella di portare questa alleanza nei luoghi della politica, dell’economia, del diritto, della cura e della cultura».
Poiché l’Esortazione apostolica possiede ancora, dopo cinque anni, una ricchezza tutta da scoprire, l’indizione di questo anno da parte del papa è una sorta di provocazione, per mettere in movimento tutta la Chiesa, ad offrire un contributo in grado di sposare pastorale e teologia, in vista dell’Incontro mondiale delle famiglie in programma a Roma nel 2022.
«Abbiamo difficoltà a presentare il matrimonio come un cammino dinamico di crescita», dice papa Francesco al n. 37 di Amoris Laetitia. Stentiamo a dare spazio alla coscienza dei fedeli, che tante volte rispondono bene al Vangelo, in mezzo alle loro fragilità, e portano avanti un discernimento che rompe tutti gli schemi. Ecco allora la sfida: «Siamo chiamati a formare le coscienze, non a pretendere di sostituirle».
Nonostante la buona volontà dei coniugi e i percorsi di preparazione al matrimonio, le crisi sono in aumento. Nel 2020 c’è stato un aumento annuo in Italia delle separazioni del 60% a causa dell’emergenza coronavirus e delle cosiddette “convivenze forzate”. Crescono le nuove unioni e le convivenze. Quale atteggiamento, allora, deve assumere la Chiesa nelle sue scelte concrete in campo pastorale e in tema di sacramenti? Occorre assumere quell’atteggiamento di fondo che Papa Francesco delineava al Convegno Ecclesiale di Firenze nel 2015, quando invitava la Chiesa italiana a fuggire davanti a due tentazioni: quella pelagiana, tipica di chi di fronte alla vita, preferisce assumere uno stile di controllo, durezza e normatività («La norma dà al pelagiano la sicurezza di sentirsi superiore, di avere un orientamento preciso»), e quella gnostica, tipica di chi rimane chiuso all’interno del recinto delle proprie convinzioni e sentimenti («Il fascino dello gnosticismo è quello di una fede rinchiusa nel soggettivismo»).
Sono inoltre necessarie strutture di ascolto, accoglienza, mediazione e consulenza in caso di crisi della coppia, o in casi di separazione avvenuta come si evidenzia al n. 244. Risultano quindi essere indispensabili e fondamentali le figure professionali e il contributo che possono dare gli esperti delle relazioni umane, del problem solving, delle scienze umane.
Con l’anno dedicato alla Amoris Laetitia cosa deve cambiare? Quali percorsi deve intraprendere la pastorale della famiglia? Prima di fare studi o proposte dovremmo chiederci: quali passi abbiamo fatto nella nostra pastorale da marzo 2016 ad oggi? Solo dopo si potrà aiutare la famiglia valorizzando la sua dimensione sociale, sostenendo la sua capacità di educare i figli, valorizzando la sua abilità nell’animare i luoghi e le comunità con valori cristiani.
Non si vuole lasciar fuori nessuno, ma bisogna fare una distinzione: la Chiesa parla del matrimonio come sacramento, non come unione civile – precisa il cardinale Farrell, prefetto del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita, e aggiunge: «Coloro che non possono beneficiare della piena partecipazione nella Chiesa non vuol dire che non possano essere accompagnati». Si rimarca dunque la distinzione tra matrimonio sacramentale e unione civile. Durante questo anno speciale il Dicastero incontrerà moltissime diocesi di tutto il mondo che hanno a che fare con coppie omosessuali. Ci sono situazioni in cui ci sono divorziati e risposati, la Chiesa continua ad accompagnarle.
«L’appello di papa Francesco all’amore e all’armonia familiare può essere accolto da chi vive il matrimonio come sacramento», sostengono i coniugi Miano, «ma è anche un appello universalmente valido: questo Anno è anzitutto un tempo propizio per coltivare buone relazioni coniugali e familiari».
È l’amore coniugale il valore più prezioso e delicato che è in gioco. L’amore di Dio abita la famiglia e aiuta nel sacramento i coniugi. Essi devono, dal canto loro, curare e custodire questo dono. La custodia di questo amore non è solo comportamento esteriore, ma è prima di tutto atteggiamento interiore fatto di stima reciproca tra i coniugi; valorizzazione delle abilità e qualità dell’altro/a; apprezzamento e passione per il bene coniugale e familiare; supporto e sostegno verso le fragilità, le paure, i difetti; partecipazione alle sfide di ciascuno; corresponsabilità nelle imprese comuni; sincerità e rispetto vicendevole; capacità di chiedersi scusa e sapersi perdonare.
San Giuseppe è modello in questa custodia: con la sua presenza discreta e nascosta ha saputo curare l’amore all’interno della Sacra Famiglia. Ha saputo vivere la tenerezza di cui ci parla papa Francesco in Patris Corde. Giuseppe non è un supereroe, ma un uomo che si è fidato di Dio, non è scappato dalle sue responsabilità, non ha ceduto alle sue paure, non è fuggito dalle difficoltà, ma ha lasciato a Dio la guida della sua vita.
Le famiglie hanno saputo dimostrare una buona resilienza durante l’emergenza economica e sanitaria. Sono quindi capaci di curare l’amore coniugale, la famiglia e i suoi membri. In questo Anno a loro dedicato, nella logica del dono di sé, metteranno in campo responsabilità e spirito di sacrificio. Saranno capaci di realizzare il sogno di Dio.