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di Ottavio De Bertolis s.j.

Abbiamo già accennato al senso profondo del sesto comandamento, che non è quello di reprimere, ma di liberare la nostra affettività e la nostra stessa sessualità. Infatti è evidente che queste pulsioni possono essere disordinate e essere vissute in modo distruttivo, cioè non umano, ma semplicemente animale: vissute così, non sono nemmeno appaganti, proprio perché l'amore non è una semplice meccanica di organi, ma un accordo di anime, o, se preferite, di cuori. Ognuno di noi, sposato o no, laico o sacerdote, è segnato dal bisogno profondo di amare ed essere amato: se si pensasse che la castità consista nel sopprimere questo, si sarebbe completamente fuori strada. In questo senso, come accennavamo, il sesto comandamento non ci insegna a reprimere, ma ad integrare e a vivere più pienamente il mondo dei nostri affetti, perché è invece possibile viverli malamente o “di meno”.

Quindi il “non commettere adulterio” ci insegna innanzi tutto a non considerarci solo come dei corpi: non separare cioè il sesso dall'amore, cosa che è invece molto comune

se lo si considera solamente come un passatempo o un gioco piacevole. Inteso in questo modo, acquista un significato diverso: gli animali si accoppiano, ma l'unione degli uomini è qualche cosa di diverso e di più grande, anche se è sempre esposta al rischio e alla possibilità di essere proprio come quella degli animali. Per questo, imparare ad attendere, a maturare la propria relazione umana nei termini di un amore condiviso e profondo e non di un semplice capriccio, può non essere facile, tanto più che i condizionamenti esterni in contrario sono moltissimi – si tratta certamente di andare contro la mentalità corrente – e in fondo i nostri istinti stessi “remano contro”, come si suol dire.
Rimango sempre colpito dal fatto che sono molti i ragazzi che dicono alla loro ragazza: “Se mi vuoi bene, devi prendere la pillola”. Io mi offenderei molto se mi dicessero una cosa simile, ritenendo che non sono fatta per essere un divertimento di un altro. Eppure, e questo vale sia per gli uomini che per le donne, l'amore e il sesso, che di per sé dicono la massima comunione possibile tra persone, di fatto possono esprimere il massimo dominio o potere dell'uno sull'altra, o viceversa. Il mito del genesi esprime questo con i termini: “Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà”. Frutto del peccato è proprio che i due, creati simili e reciproci, divengono non compagni ma rivali: l'uomo diventa il “macho”, il maschio dominante che non se ne fa scappare una, e la donna diventa la seduttrice, avvalendosi del proprio potere erotico. In tal modo, diventano la caricatura di quel che dovrebbero essere: e di fatto si vedono tanti cinquantenni o più che giocano a fare i liceali, e molte ragazze che si vendono – poiché di fatto è una vendita – al miglior offerente.
Ma questo accade proprio quando si ha perso il senso della vita, e quindi di se stessi, cioè della stessa propria dignità: ci si butta via quando in fondo si pensa di non valere niente, e che nessuno valga niente, e che l'amore in realtà non esista. Mi comporto come un maiale se penso di esserlo, e che tutti lo siano, ragazze comprese: vediamo quindi che questi comportamenti non hanno la propria radice in se stessi, ma in un “sentire” più profondo, che la fede e l'incontro con Cristo invece depura e rinnova.
Così la sessualità può essere vissuta come una fuga: quando il nostro mondo interiore è triste, quando tutto è grigio, l'erotismo è una scarica di vitalità, e per questo è cercato. In questo senso, è l'equivalente più a buon mercato della droga o dell'alcool: si cerca sesso in fondo per dimenticare una vita senza senso. Ma questo porta ancora di più alla depressione, perché una vita senza amore non è rischiarata dal sesso, ma proprio dall'amore: e così tutto si riduce a una ricerca senza gioia della gioia. Di nuovo ritorna l'osservazione di quello psicologo del quale abbiamo parlato: non dividere la sessualità dall'amore e dalla fecondità, per non diventare interiormente divisi o schizofrenici. Naturalmente, è un cammino per tutti e probabilmente è inevitabile commettere degli sbagli in un modo o in un altro.
Ricordo sempre nel 2000, a una trasmissione televisiva sulla Giornata Mondiale della Gioventù, il conduttore domandò con una certa ironia a un giovanottone che aveva partecipato: “Ma, insomma,il Papa parla chiaro: niente sesso, né prima né fuori dal matrimonio. Voi lo applaudite tanto, ma poi, come fate?”. Il ragazzone rispose con una parola molto bella, non ipocrita (nessuno è un santo in questa materia), e nemmeno come se l'aspettava il giornalista: “L'amore è un linguaggio. Quando si impara una lingua, è inevitabile sbagliare. Ma guai se dicessi che quelli non sono sbagli, perché allora non imparerei più quella lingua che voglio imparare”.