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di Gianni Gennari

La volta scorsa siamo arrivati alla descrizione del racconto biblico nel capitolo 3 del Libro della Genesi. All’affermazione che Dio ha creato il tutto, e che tutto è buono, anzi che dopo la creazione dell’uomo, voluto maschio e femmina e “immagine somigliantissima” di Dio stesso, tutto è “molto buono”, succede la domanda, implicita nel testo, ma esplicita nella vita di ogni uomo che apre gli occhi sulla realtà, sul perché della evidenza di ciò che appare “non buono”, la morte, la malattia, l’odio, le rivalità tra gli uomini, i conflitti, le forze della natura che schiacciano la fragilità e anche la superbia degli uomini, il non intendersi neppure nel linguaggio tra i figli di Adamo…

La rottura: e il giardino minaccia il deserto

La narrazione biblica ci dice che c’è stata una rottura dell’armonia tra Dio e le sue creature, raccontata con l’evocazione immaginifica del Paradiso Terrestre, un giardino ove tutto è bello e ordinato, e con una scelta in cui l’uomo (maschio e femmina) non ha obbedito all’ordine divino di non pretendere di essere lui il padrone del giudizio del bene e del male… L’uomo “fatto di terra”, Adamo è appunto il suo nome da Adamàh (terra), ha esercitato la sua libertà in contrasto con l’ordine divino, e il racconto evoca una storia misteriosamente ed evidentemente simbolica fatta di frutto dell’albero, di mediazione tentatrice del serpente, di cedimento della donna che coinvolge anche l’uomo maschio…
Tradizioni antichissime e universali: il frutto, il serpente, la donna. Viene alla mente la genesi della guerra di Troia, il frutto-mela ed Elena, o l’origine del male nella leggenda greca del vaso di Pandora, con i serpenti minacciosi che liberati dalla donna spargono il veleno nel mondo… Il serpente era, e resta, il grande nemico della ricchezza del popolo di pastori e viandanti, il gregge. La donna (Eva, Elena, Pandora) è utile per scaricare su di lei la colpa del male che improvvisamente manda a gambe all’aria le illusioni di chi potrebbe sentirsi padrone di tutto, e anche del bene e del male… Arrogarsi il potere di Dio – “sarete come Dio” è nel racconto biblico la promessa dell’ingannatore (Gen. 3, 5) – pretendere di sostituirsi a Lui staccando dall’albero il frutto proibito, è la spiegazione immaginifica dell’origine del male.
L’uomo, creato libero, usa male questa sua congenita libertà donata da Dio, e questo porta con sé la peccabilità universale, lo stato di “canna spezzata”, per dirla con Pascal, che è quello di tutti gli uomini. Il termine catechistico è quello del “peccato originale”, che segna l’umanità tutta e che comporta come conseguenza tutta la serie di elementi negativi raccontati poi nel racconto dal capitolo 3 al 10 del Genesi stesso: la morte come primo effetto (“morirai di morte”), poi i dolori del parto, la sottomissione della donna all’uomo, l’esperienza del non essere protetti espressa con la nudità che provoca vergogna, e l’odio della rivalità tra fratelli con Caino che uccide Abele, e la ribellione della natura espressa con il racconto del diluvio universale che distruggerebbe il seme di Adamo se il Signore creatore non avesse pietà e designasse un Noè che dà inizio ad una nuova era nella ricerca di una salvezza, in cui gli uomini non si comprendono più neppure tra loro, nella esperienza della “torre di Babele”.

La promessa: dalla “Donna” il Messia salvatore

Una salvezza? Sì: perché da subito, insieme con l’accusa alla coppia umana per il “peccato d’origine” che è stato ed è sempre presente in ogni peccato in cui si ripete il rifiuto di riconoscere la signoria di Dio creatore, è arrivata una promessa di salvezza, di liberazione, di riscatto, attraverso “il seme della donna” che sconfiggerà il “seme del serpente”…
Non ci fermiamo su questi punti, ma chi legge potrà ritrovarli via via nei capitoli descritti dal 3 all’11 ancora del Libro della Genesi, dalla cacciata dal “giardino” fino al racconto del Diluvio e fino alla Torre di Babele.
Per caso scrivo queste righe proprio nel giorno in cui il richiamo della voce addolorata di Benedetto XVI ha dovuto ricordare, evocando anche la torre di Babele, che la speranza cristiana della Chiesa non è distrutta dai venti e dalle tempeste provocate dagli uomini, anche all’interno della Chiesa stessa: è la domenica di Pentecoste, e sulle pagine dei giornali volano i “corvi” delle iniquità umane anche ecclesiastiche che non scalfiggono la promessa dello Spirito Santo: è Pentecoste, sempre, purché lo vogliamo… Resta dunque – noi ora siamo qui – quella promessa di una salvezza definitiva che riscatterà l’umanità da ogni peccato, sconfiggerà la morte e ogni male, aprirà una speranza senza confini: il “seme della donna” come Salvatore universale… La salvezza, dunque, oltre la minaccia dell’espulsione dal paradiso – in persiano allitterato alla greca “paradeisos” è “giardino delizioso” – e questa inizia il suo cammino storico nella chiamata di Abramo. è il capitolo 12 del libro della Genesi, ove inizia la vicenda del popolo di Dio, che via via nel corso dei secoli arriva a Mosè, ai Profeti ai Re, fino alla venuta del Salvatore…
Lo abbiamo già visto a lungo nei nostri dialoghi precedenti: una rivelazione progressiva di Dio che si annuncia presente e protettore. Una presenza che è parola – “voi non avete visto una immagine, ma avete udito una voce…” (Dt. 4, 12) – che ordina giustizia e diritto, compassione e misericordia, non chiede sacrifici umani – sarà la prima lezione subito impartita proprio ad Abramo nel cap. 22 – non vuole culto vuoto e ipocrita – sarà la lunga testimonianza dei “profeti”, coloro che parlano in luogo di Dio – ma pace e giustizia, difesa dei piccoli e dei poveri, riconoscimento della sua signoria che si manifesta presente e provvidente…Tutto il cammino del Primo Testamento è in preparazione dell’annuncio del Salvatore, Gesù di Nazaret, Verbo di Dio, Figlio del Padre, Signore e Re il cui regno non somiglia a quelli della terra, Salvatore del mondo per l’eternità.  è il momento del passaggio da Dio creatore, nel quale crediamo con la Chiesa di tutti i tempi, al Dio Salvatore promesso e poi donato nella storia del Popolo eletto, anticipatore di tutti i popoli chiamati a salvezza.

Credo…in un solo Signore, Gesù Cristo, Figlio unigenito di Dio!

Dopo il Creatore, Padre Onnipotente – una onnipotenza tuttavia non immaginata sulla scorta delle forze umane, spesso prepotenti e inique, ma misteriosamente presente come garanzia di futuro e di riscatto anche nei momenti più drammatici vissuti dal Suo popolo – ecco la fede nel Figlio, Gesù Cristo, Salvatore e Redentore dell’umanità intera, Colui nel quale il cielo è disceso sulla terra, la morte è annunciata come vinta, la liberazione realizzata in promessa che è già qui, ma ancora non si vede pienamente, i poveri sono eredi del Regno dei Cieli già sulla terra, i potenti iniqui sono rovesciati dai loro troni, ecc. Il canto del Magnificat di Maria, nel Vangelo di Luca, dice già tutto del rovesciamento del peccato in salvezza, della ingiustizia in giustizia, della violenza in pace, del dolore in gioia, della vita sottomessa alla morte in promessa e presenza di eternità già da questa parte del “velo” che avvolge gli occhi dell’uomo e che la fede nel Signore, Verbo incarnato che ha posto la sua tenda tra di noi lacera in promessa e in annuncio di pienezza…
“Il Verbo si è fatto carne”: è la rivelazione della divinità che diventa Emmanuele, Dio con noi nella storia. Dopo il Padre, creatore e Dio prima di noi, ecco il Figlio, Dio con noi nel cammino di un “popolo convocato”, Ecclesia dei salvati in promessa offerta alla loro libertà.
Gesù di Nazaret: tutta la rivelazione biblica ha il suo fulcro in Lui. Lui e solo Lui è Dio nella storia. Solo attraverso Lui noi conosciamo Dio, il vero unico Dio, rivelato e donato alla nostra conoscenza ed alla nostra vita invasa dalla sua presenza salvatrice. Un “uomo” vero, nato da donna, nel quale è tutta la presenza di Dio: quel Dio creatore del mondo, quel Dio che ha chiamato Abramo, che ha parlato a Mosè donando le sue Parole (haddebarim, questo il nome biblico dei comandamenti: la sua legge unica), che ha istruito il suo Popolo attraverso i Profeti che hanno preparato la via alla sua presenza, quel Dio che ha inviato un uomo di nome Giovanni per aprire definitivamente la strada al suo “Unto”, il Messia e Salvatore, è diventato nostro Fratello, non ci ha chiamato più servi, ma amici, si è donato a noi e ci accompagna fino alla vita eterna…
è qui il centro del Credo, che completa la fede nel creatore e prepara quella nello Spirito divinizzatore… La sua presenza è luce evidente fin dagli inizi della rivelazione del Nuovo Testamento. Qualche puntata fa mi pare di aver segnalato l’inizio della I lettera ai Tessalonicesi, sicuramente già scritta attorno al 50 dell’era cristiana, in cui la sua divinità è già proclamata con lucidità totale, insieme con quella del Padre e dello Spirito Santo e addirittura insieme con il nucleo portante della nostra vita di redenti e chiamati a conversione di salvezza, e cioè fede, speranza e carità… I primi secoli della vita della sua Chiesa saranno tutti concentrati nella riflessione progressiva e illuminante sulla sua realtà di Figlio di Dio, Verbo del Padre, veramente Dio e veramente Uomo. Dopo l’evento ecclesiale di Gerusalemme, che apre all’evangelizzazione di tutte le genti, in cui Paolo è determinante per questa indicazione, arriveranno per secoli i Concili cristologici, Nicea, Efeso, Costantinopoli plurimo, Calcedonia e via via nei primi secoli… Abbiamo il Salvatore, e i nostri prossimi dialoghi saranno sulla Sua vita, sulla Sua morte e resurrezione, sulla Sua glorificazione alla destra del Padre, sul Suo dono dello Spirito “consolatore”, che cioè “non ci lascia soli” nella battaglia della vita… è la Pentecoste, proprio oggi, mentre scrivo queste righe, che deve prolungarsi – il Battesimo e gli altri sacramenti sono in realtà solo questo – per tutti i giorni dell’anno e della vita… Alla prossima riflessione.