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Le famiglie guardino al “tipico” quadro che è la
Sacra Famiglia, al suo amore soprannaturale, eppure bello, completo, secondo natura. 

Che cosa di più umile, di più semplice, di più silenzioso, di più nascosto ci poteva offrire il Vangelo da mettere accanto a Maria e a Gesù? La figura di Giuseppe è proprio delineata nei tratti della modestia la più popolare, la più comune, la più – si direbbe, usando il metro dei valori umani – insignificante, giacché non troviamo in lui alcun aspetto che ci possa dare ragione della sua reale grandezza e della straordinaria missione che la Provvidenza gli ha affidato, e che forma, a buon diritto, il tema di tante considerazioni, anzi di tanti panegirici in onore di san Giuseppe.

Onoriamo san Giuseppe, «lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo» (Mt 1, 16). Noi oggi lo onoreremo come colui che Iddio scelse per dare al Verbo di Dio, che si fa uomo, il nido, la genealogia storica, la casa, l'ambiente sociale, la professione, il custode, la parentela, in una parola, la famiglia, questa cellula primaria della società, comunità d'amore, liberamente costituita, indivisibile, esclusiva, perpetua, mediante la quale l'uomo e la donna si rivelano reciprocamente complementari e destinati a trasmettere il dono naturale e divino della vita ad altri esseri umani, i loro figli. Gesù, Figlio di Dio, ha avuto una sua famiglia umana, per cui apparve e fu insieme Figlio dell'uomo; e con questa sua scelta ratificò, canonizzò, santificò questo nostro comune istituto generatore dell'esistenza umana, sopra il quale la nostra preghiera e la nostra meditazione antepone oggi la pia, la silenziosa, la esemplare figura di san Giuseppe.

Veramente noi dobbiamo fare subito un'osservazione fondamentale sopra questo santo personaggio, destinato a fungere da padre legale, non naturale, di Gesù, la cui generazione umana avvenne in modo singolarissimo, prodigioso, per opera dello Spirito Santo, nel seno di Maria, la Vergine Madre di Dio, Gesù suo vero figlio, e solo ufficialmente, com'era creduto (Lc 3, 33; Mc 6, 3; Mt 13, 55), «figlio del fabbro», Giuseppe. Qui si aprirebbe alla nostra considerazione la storia personale di lui, il suo dramma sentimentale, il suo «romanzo», che rasentò il crollo del suo amore, che con intuito privilegiato aveva scelto Maria, la «piena di grazia», cioè la più bella, la più amabile fra tutte le donne, come sua futura sposa, quando seppe ch'ella non era più sua; ella stava per diventare madre; ed egli ch'era uomo buono, «giusto» lo dice il Vangelo, capace cioè di sacrificare il suo amore all'ignoto destino della fidanzata, pensava di lasciarla senza fare clamore, sacrificando ciò che aveva di più caro nella vita, il suo amore per l'incomparabile Fanciulla.

Ma Giuseppe, anche lui, sebbene umile artigiano, era un privilegiato; aveva il carisma dei sogni rivelatori; ed uno, il primo registrato nel Vangelo, fu questo: «Giuseppe figlio di David, non aver timore ad accogliere Maria come tua consorte, poiché quello che è nato in lei è opera dello Spirito Santo. Darà alla luce un figlio, e tu gli metterai nome Gesù; poiché egli salverà il suo popolo dai loro peccati» (Mt 1, 20-21); cioè sarà il Salvatore, sarà il Messia, «l'Emmanuele, che vuol dire il Dio con noi» (ibid. 23). Giuseppe obbedì: felice, ed insieme generoso nel sacrificio umano che gli era chiesto. Egli sarà padre del nascituro «non carne, sed caritate», scrive sant'Agostino (Serm. 52, 20; PL 38, 351); marito, custode, testimonio, della immacolata verginità e insieme della divina maternità di Maria. Situazione unica, miracolosa, che mette in evidenza la santità personale non solo della Madonna, ma insieme quella del modesto, ma sublime suo sposo, Giuseppe, il santo che la Chiesa presenta, pur durante il tirocinio quaresimale, alla nostra festosa venerazione. Ed eccoci allora davanti alla «sacra Famiglia»!

Sì, care, carissime Famiglie cristiane, da noi oggi convocate a questa celebrazione, lieti di vedere che molti pellegrini e fedeli vi fanno corona. Sì, noi dobbiamo esprimere con fervore nuovo, con coscienza nuova il nostro culto a questo quadro, che il Vangelo ci pone davanti: Giuseppe, con Maria, e Gesù, bimbo, fanciullo, giovane con loro. Il quadro è tipico. Ogni famiglia vi può essere rispecchiata. L'amore domestico, il più completo, il più bello secondo natura, irradia dall'umile scena evangelica, e subito si effonde in una luce nuova ed abbagliante: l'amore acquista splendore soprannaturale. La scena si trasforma: Cristo vi ha il sopravvento; le figure umane che gli sono vicine assumono la rappresentanza dell'umanità nuova, la Chiesa. Cristo è lo Sposo; Sposa è la Chiesa; il quadro del tempo si apre sul mistero dell'oltre-tempo; la storia del mondo si fa apocalittica, escatologica; beato chi ne sa fin d'ora intravedere la luce vivificante; la vita presente si trasfigura in quella futura ed eterna: la nostra casa, la nostra famiglia si farà paradiso.

Figli carissimi, ascoltateci. Accogliere come programma la vita cristiana diventa oggi un esercizio forte. L'abitudine tradizionale delle nostre case, ordinate, semplici ed austere, buone e felici, non regge più da sé stessa. Il costume pubblico, presidio delle virtù domestiche e sociali, è in via di mutamento, e, sotto certi aspetti, in via di dissoluzione. La legalità non sempre è sufficiente alle esigenze della moralità. La famiglia è messa in discussione nelle sue leggi fondamentali: l'unità, l'esclusività, la perennità. Tocca a voi, sposi cristiani; a voi, famiglie benedette dal carisma sacramentale; a voi, fedeli d'una religione che ha nell'amore, nel vero amore evangelico la sua espressione più alta e più sacra, più generosa e più felice, a voi riscoprire la vostra vocazione e la vostra fortuna; a voi preservare il carattere incomparabilmente umano e spontaneamente religioso della famiglia cristiana; a voi rigenerare nei vostri figli e nella società il senso dello spirito che solleva al suo livello la carne. San Giuseppe vi insegni come. Noi oggi a tal fine insieme lo invocheremo.                                    

Omelia nella solennità di san Giuseppe, 19 marzo 1975.