di Ottavio De Bertolis
Questa bellissima espressione ha un’origine strettamente biblica. Voi tutti ricorderete che, quando Giacobbe, dopo avere rubato la benedizione al fratello Esaù, fugge da lui, temendone l’ira, arriva in un luogo, dove si addormenta, usando come guanciale una pietra; lì fa il suo famoso sogno, nel quale vede il cielo aperto, e gli angeli di Dio salire e scendere su una scala che dal cielo poggia proprio nel luogo dove lui stava. Svegliatosi, dice: «Quanto è terribile questo luogo. Questa è proprio la casa di Dio, questa è la porta del cielo» (Gn 28, 17).
Giacobbe credeva di essere lontano da Dio, in fuga da Lui per avere con inganno rubato la benedizione che spettava al primogenito Esaù; invece proprio dove lui si trova, con i suoi pensieri che lo affaticano e i rimorsi che sono come un cuscino di pietra sul quale non può trovare riposo, proprio lì Dio gli si mostra vicino. Il luogo in cui sta, nel senso non del posto fisico, ma della situazione che stava vivendo, proprio quello che pareva lontano da Dio, invece è vicino: Dio stesso gli apre la sua porta, e vede una scala che sale al cielo, come una via che si apre per lui e che gli fa ritrovare pace e fiducia in Dio.
Capite quindi come, a maggior ragione, tutto questo possa essere detto per Gesù: Lui è la casa di Dio perché, come abbiamo già visto, il suo corpo è il tempio santo da cui sgorga lo Spirito di Dio, ed è anche il tabernacolo, che accompagnò un tempo Israele e oggi invece la Chiesa nel suo cammino; la sua carne è imbevuta della divinità, e ne sgorga l’immensità per tutti quelli che si disseteranno al suo seno. Ma ancora più mirabile è la porta per la quale si entra in questa casa; è la ferita del suo fianco, aperta dai nostri peccati. è una porta di porpora, aperta dalla lancia di Longino; attraverso quella porta tutti possono entrare. Quel colpo di lancia, che sembrava dovesse precludere la grazia, in quanto umana espressione del rifiuto e dell’odio al quale Egli si è sottomesso, diventa, per un dono infinito della sapienza di Dio, la chiave che apre la divina misericordia, diventa la porta stessa per la quale entriamo nel suo Cuore. Viene da dire, con san Paolo: «O profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio! Quanto sono imperscrutabili i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie» (Rm 11, 33).
Del resto, Gesù dice di sé: «Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo: entrerà e uscirà e troverà pascolo» (Gv 10, 9). è una porta sempre aperta, dischiusa dai nostri stessi peccati, da ciò che accomuna tutti noi, e che Egli ha accolto, Lui che ha distrutto nel suo corpo la legge, il peccato e la morte, per darci la libertà dei figli di Dio, la grazia e la vita in abbondanza. Dobbiamo prendere sul serio quell’attraverso di me, che Gesù ci dice: la sua carne è lo strumento della nostra salvezza, con il dono del suo corpo, Lui santifica i nostri corpi, e li rende tempio del suo Spirito, così che noi stessi diventiamo, per mezzo di Lui, casa di Dio, luoghi in cui Dio abita.