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di Ottavio De Bertolis

Nelle nostre chiese il Tabernacolo è quella specie di contenitore, generalmente di oro o altro materiale nobile, nel quale sono poste le pissidi piene delle Ostie consacrate, posto o sull’altare maggiore, secondo l’uso antico, oppure in una cappella laterale, con una lampada sempre accesa davanti; è il luogo più santo dell’edificio, perché ivi è il Signore stesso nell’Eucaristia, la sua “presenza reale”, come si dice precisamente.

Viene chiamato “tabernacolo” con riferimento al Tabernacolo descritto nell’Antico Testamento, che era il santuario di Dio presente in mezzo al suo popolo, sia nel suo pellegrinaggio nel deserto al tempo dell’Esodo, dove era trasportabile, come appunto lo erano le tende dei nomadi, sia più tardi, quando fu eretto come santuario vero e proprio di pietra e di legname, a Gerusalemme.

Il Tabernacolo è dunque la Dimora, la Presenza di Dio stesso in mezzo ai suoi. Così Gesù è la presenza stessa di Dio nella storia, in tutto quello che Lui ha fatto, e in tutto quello che Lui ha detto; di più, la sua carne, che contempliamo sulla croce e nella fede vediamo trasfigurata nella Risurrezione, è il luogo dove Dio abita, sì che veramente chi vede Lui vede il Padre. Cristo è la manifestazione visibile del Dio invisibile: la forza e la bellezza di questa invocazione sta dunque nell’accostare Gesù, l’uomo Gesù, all’Altissimo stesso, di modo che, ogni volta che contempliamo Lui nei suoi gesti e lo ascoltiamo nelle sue parole, vediamo ed ascoltiamo in Lui l’Altissimo Padre. Infatti Dio nessuno l’ha mai visto: il figlio unigenito, che è nel seno del Padre, Lui lo ha rivelato.

Così capiamo come il culto al sacro Cuore si nutra della parola di Dio, da essa viene e ad essa riporta; infatti il Vangelo è la nostra scuola, perché nelle sue pagine sono descritti le opere salvifiche di Gesù e narrate le sue parole, che lo Spirito rende vive per noi. Dietro ognuna di esse traspare il Dio stesso, da Lui rivelato, sì che il nostro culto va da Cristo, conosciuto, contemplato e amato, fino al Padre suo e Padre nostro, Dio suo e Dio nostro, poiché Lui riversa il noi il suo Spirito, che ci rende adoratori in Spirito e verità.

Di più, come l’antico Tabernacolo di Israele era il tempio nel quale si celebrava il culto, così noi, che abbiamo quel tempio nuovo che è il corpo di Cristo e quell’agnello nuovo che è il Signore immolato per noi sulla croce e continuamente a noi presente nel sacrificio della Messa, offriamo noi stessi per mezzo di Lui a Dio Padre, e tutta la nostra vita diventa un’offerta sacerdotale: questo è il senso stesso della nostra Offerta quotidiana. In tal modo, per mezzo della fede e della carità, noi dimoriamo in Lui ed Egli in noi, e pertanto diventiamo anche noi tabernacoli del Dio vivente, luoghi in cui Lui continua a vivere. Infatti, mossi dallo Spirito Santo, scegliamo e desideriamo anche noi per noi stessi quello che Lui per sé ha scelto e desiderato, rivestendoci dei suoi stessi sentimenti di misericordia, di giustizia e di pace.