di Ottavio De Bertolis
Questa litania sembra forse un po’ troppo “filosofica”, e in questo senso può non piacere a tutti. Così la pensavo anch’io, ma poi ho scoperto che in realtà ci rivela davvero il senso della spiritualità del Cuore di Cristo. Infatti il cuore di una persona è rivelato da ciò che quella persona dice, fa, o, ancora di più, mostra in se stessa; così per il Cuore di Cristo.
Il Cuore invisibile del nostro Redentore è manifestato infatti dalle sue opere visibili: e così la spiritualità del Cuore di Cristo si nutre appunto della parola di Gesù. Ogni devoto del sacro Cuore, come Maria, custodisce la parola del suo Maestro e Signore, nel proprio cuore. La Parola, custodita, meditata, celebrata nella Liturgia e vissuta nella vita, ci porta a Colui che la ha pronunciata; tutte le parole di Gesù che troviamo nei vangeli, sono doni del Cuore di Cristo. Di più, tutta la Scrittura è dono del Cuore di cristo, anche oltre i Vangeli, perché è sempre Lui che parla: Lui infatti è il Verbo stesso di Dio, la Parola fuori del tempo che entra nel tempo, e si fa da noi ascoltabile. è l’esperienza stessa della pasqua: Gesù spiega infatti nella Legge, nei Profeti e nei Salmi quanto a Lui si riferisce, e i nostri cuori ardono nell’udirlo.
Ma la Parola di Gesù è anche tutto quello che Lui ha fatto e compiuto: così noi, quando contempliamo le scene del Vangelo, e vediamo Lui in tutte le sue azioni, vediamo qualcosa del suo Cuore. Si potrebbe dire che tutte le parole della scrittura sono come tessere di mosaico, che disegnano l’unica immagine del suo Cuore. Sia che lo contempliamo bambino nel presepio, o nascosto nella vita privata, o nei gesti di misericordia che compie rivelando l’amore del Padre ai peccatori, ai poveri e ai piccoli, e insomma in ogni riga del vangelo, il suo Cuore si offre al nostro sguardo e al nostro amore. Di più, quando non dice e non fa più niente, perché è sulla croce, zittito e sfigurato dal male degli uomini, ancora di più, paradossalmente, parla e dice. E così guardando Lui, il suo stesso corpo, vediamo il Padre, proprio perché è unito a Lui, è «sostanzialmente unito al Verbo di Dio».
Questa litania ci ricorda che la spiritualità del Sacro Cuore non è basata su rivelazioni private, ma sulla Parola stessa di Dio, che si mostra appieno nella umanità di Gesù, nella sua Persona umana e divina, nella sua carne assunta dal Verbo di Dio: «Chi vede me, vede il Padre».
E così il nostro culto al sacro Cuore non è fatta di formule più o meno personali, né di forme particolari di devozione, ma coincide con lo stesso culto della Chiesa: nella Messa che celebriamo lo ascoltiamo e ce ne nutriamo alla duplice mensa della Parola e del Pane; nell’Ufficio divino ascoltiamo Lui che parla nei Salmi e nelle letture; e così anche nelle forme della devozione privata, il Rosario o l’ora santa che santamente osserviamo, ci stringiamo all’Agnello immolato, partecipando alla lode che tutta quanta la Chiesa continuamente gli rende.