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di Gianni Gennari

«Quegli ebrei che parlavano con Gesù si misero a protestare perché aveva detto: “Io sono il pane venuto dal cielo” e osservavano: “Costui è Gesù non è vero? è il figlio di Giuseppe. Conosciamo bene suo padre e sua madre. Come mai ora dice: Io sono venuto dal cielo?”» (Gv 6, 41-42)

Lo scandalo, la difficoltà e l’incredulità si alzano come un muro di fronte alla parola nuova, autorevole e forte di Gesù. Il capitolo sesto di Giovanni è tutto un’andata e ritorno, come un contraddittorio, come un processo.

Leggendolo comprendiamo che Giovanni avrebbe potuto benissimo ricostruire con pienezza - purtroppo non l’ha fatto - il processo a Gesù. In questi dialoghi vediamo proprio un botta e risposta: una parola del Signore e una reazione degli uomini. Oggi c’è questa obiezione che gli fecero allora e che spesso gli facciamo più o meno anche noi, nella nostra incredulità che ritorna. Verranno anche in seguito alcuni accenni di quasi incredulità, e da parte dei discepoli, e Gesù provocherà di nuovo una replica, che sarà la risposta di fede di Pietro e di tutti i discepoli: la speranza è che sia anche la nostra.

Ecco. Oggi parla qualcuno che non accetta la verità se non nei confini che lui conosce e padroneggia: «Noi lo conosciamo bene quest’uomo, noi sappiamo benissimo che è il figlio di Giuseppe, conosciamo bene suo padre e sua madre. Come mai pretende di essere qualcosa di più?». è l’aridità di chi non sa riconoscere nella realtà umana di ogni giorno il sapore del nuovo, la fantasia di Dio, la creatività gioiosa di qualcosa che travalica i suoi schemi, che supera la tradizione, che inventa la novità. Va riconosciuto, peraltro, che quella era una novità inaudita. Era la pretesa che un uomo fosse addirittura Dio stesso. Però c’è un fatto: Gesù non ha cominciato soltanto a parlare. Ce lo dice anche il testo degli Atti: Gesù «ha cominciato a fare e (poi) a insegnare» (At 1,1). Il rimprovero che Gesù fa agli ebrei, a coloro che lo ascoltavano, agli increduli, ai cuori chiusi di fronte a lui, è che non aprivano gli occhi. Avevano occhi e non vedevano, avevano orecchie e non sentivano. I fatti che egli mostrava, l’amore che metteva in circolo, la novità che portava, l’agilità di vita che restituiva, la capacità di riprendere il contatto con la gente che inventava quotidianamente, era ciò che avrebbe dovuto far almeno dubitare questa gente. Invece essa rifiutava d’accettare l’idea che un Messia venisse in una maniera così sorprendente, che il Messia venisse da un paese così poco conosciuto come Nazaret.

L’aveva detto anche Natanaele: «Che cosa di buono può venire da Nazaret!». Ecco. Quando noi non vogliamo accettare la realtà, ricorriamo sempre agli schemi abituali, al passato, e siccome il passato è andato così, non possiamo accettare che presente e futuro cambino. 

Signore Gesù! Aiutaci ad accoglire il nuovo! Aiutaci ad accogliere la sorpresa che entra nella nostra vita, nel sorriso di una persona, nella speranza che rappresenta un bambino che ci sta accanto, nella novità e voglia di fare che incontriamo magari in persone anziane cui, secondo gli schemi della nostra società, così disumana, non resterebbe altro che aspettare la morte...

Dacci il coraggio, Signore, di aprirci ogni giorno al tuo passaggio nuovo, al tuo passaggio ringiovanente, al tuo passaggio rinnovatore in mezzo a noi. Te lo chiediamo veramente, perché tu sei il pane della vita, venuto dal cielo per dare un sapore nuovo a tutta la nostra esistenza. Fa’ che non ci chiudiamo dietro la trincea personale del «come mai?». Questa è la nostra preghiera: Signore, accompagna con la tua fantasia, con la tua novità, e con la tua presenza, anche i nostri giorni, da oggi...