«Il regno dei cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose»
di Franco Cardini
Questa parabola mi ha sempre ricordato un passo fra quelli - per la sensibilità di noi cristiani contemporanei - più “imbarazzanti”, scritto da un padre che, quanto a testi “imbarazzanti”, non ha forse chi possa uguagliarlo. Nel 1147, il sublime e terribile Bernardo di Clairvaux predicava la crociata. Lo si rimprovera spesso di averlo fatto; e ci si dimentica che, appunto in tale circostanza, egli intervenne duramente in Germania contro i pogrom organizzati da alcuni predicatori vagabondi ai danni degli ebrei, e ricordò ai fedeli come il dolore d’Israele nel mondo fosse figura del Cristo che passa per le strade della Città Santa portando sulle spalle la croce. Ma troppo spesso la memoria storica rammenta e scorda quel che più le fa comodo. Bernardo predicava quindi la crociata. E, rivolto ai cristiani, diceva: «Se siete accorti mercanti dediti al guadagno, v’indico io una merce preziosa. Prendete il segno della croce (il che, significava sì partire per la crociata, ma essenzialmente a titolo di penitenza), e fate sì che la merce preziosa che io vi indico non si guasti». Un passo che si potrebbe interpretare in molti modi: e dove colpisce soprattutto la similitudine fra il legno della croce e quelle merci medievali per eccellenza ch'erano appunto le spezie, sovente prodotte da alberi e arbusti. «Il legno profumato della croce» è un’espressione molto cara ai mistici: e sa di porti, di mercati, di vita concreta ancor prima e piuttosto che non di chiostri monastici e di sagrestie.
Tutti noi siamo mercanti, e mercanti alla medievale: gente che cammina e naviga per le strade e sui mari della vita, e che cerca (spesso senza trovarla) la sua fortuna, la sua perla rara. In una bella poesia, Cardarelli parla di un’adolescente ancora vergine e dell'uomo che l'avrà per primo: forse uno che non sarà in grado di apprezzare quella meravigliosa perla rara, un ignaro pescatore di perle. Ma per i pescatori di perle, quel che essi pescano non è affatto prezioso. Le cose non hanno tanto un valore obiettivo, assoluto, quanto uno relativo, quel che noi siamo disposti a conferir loro. Il pescatore di perle rischia la vita per strappare al mare qualche sferetta traslucida che gli viene pagata pochi soldi: soltanto sul banco del gioielliere, in fondo, la perla diventa quel che noi siamo abituati a considerare che sia. La ricerca di quella perla per la quale vale la pena vendere tutti gli averi è un fatto strettamente personale: ognuno cerca la sua perla, e i più fortunati di noi riescono a individuarla anche sotto la crosta della salsedine che la fa sembrare cosa da nulla; mentre molti, al contrario, buttano la loro vita per una pallina di vetro colorato.
Pure, la parabola del mercante e della perla ha nel suo fondo qualcosa di inestricabilmente ambiguo, e c’è da chiedersi se la critica filologica riuscirà mai a venirne davvero a capo. Di solito la s'interpreta come segue: il regno dei cieli è simile alla situazione del mercante che trova la perla e la compra vendendo ogni suo avere. Quindi, Gesù presenta una situazione nella quale il vero simbolo del regno dei cieli è la perla, e il consiglio che egli ci dà è di barattare con esso qualunque altra cosa, tendere solo ad esso e al suo possesso.
Ma il testo consente forse un'altra interpretazione. Il regno dei cieli, se vogliamo addirittura - Iddio e magari Iddio incarnato - è lui il mercante, che corre le strade del mondo alla ricerca di un vero tesoro. I lapidari medievali, cioè quei trattati che esponevano le virtù delle pietre preziose dal punto di vista magico simbolico, dicono spesso che la perla è il simbolo del Cristo, che cela la preziosità della sua natura divina entro l'involucro umano della conchiglia marina. Ma se rovesciamo le cose, e vediamo il Cristo nel mercante e magari la sua natura umana nella perla, sì, ma facendo attenzione al senso ultimo del pregio di quest’ultima, il discorso cambia. Allora è Dio che ci cerca, Dio che ci vuole, Dio che lascia tutto per ciascuno di noi. E ciascuno di noi può essere la perla preziosa chiamata a costituire la totalità del tesoro divino. Un senso nuovo, pieno, assoluto, da conferire alla nostra vita: non più come cercatori, ma come cercati. E come bisognosi di renderci degni della ricerca di cui Dio ci fa oggetto.