4*/ Il perché della preghiera
di Madre Anna Maria Canopi osb
La IV parte del Catechismo della Chiesa Cattolica, dedicata alla preghiera cristiana, si apre con una domanda: «Che cos’è la preghiera?». E proseguendo afferma: «La preghiera non si riduce ad uno spontaneo manifestarsi di un impulso interiore […]. È necessario anche imparare a pregare» (n. 2650). È certamente mosso da questo desiderio che un discepolo – nel quale noi tutti ci riconosciamo – si è rivolto a Gesù domandandogli a nome di tutti: «Signore, insegnaci a pregare!» (Lc 11,1). E Gesù allora rispose consegnando loro la preghiera filiale, una preghiera che rispecchiava la sua stessa vita.
«Quando pregate, dite:
Padre nostro che sei nei cieli
Padre…! Questo tenero appellativo esprime filiale relazione e confidenza. Che cosa potremmo temere da un Dio che ci è Padre? E questo Padre celeste non si trova in un luogo alto e lontano; è nel cielo della nostra anima. Trascendente perché infinito ed eterno, ma anche presente nel cuore degli uomini creati a sua immagine e chiamati a condividere la sua stessa vita divina.
Nessuna parentela è più stretta, più forte di questa che egli ha voluto tra sé e noi.
Padre! Nei momenti di intimità nella preghiera è come posare il capo sul suo petto e sentirci al sicuro tra tutti gli affanni della vita presente. Qualunque cosa ci accada, abbiamo un Padre buono che ci sostiene attirandoci a sé. Ed è bello potersi sentire sempre bambini con le braccia protese a lui: Padre! Padre mio! Anche Gesù, specialmente nell’ora dell’angoscia, ha pregato così; e sulla Croce è spirato affidandosi alle sue mani (Lc 23,46).
Sia santificato il tuo Nome
Il nome indica la persona. Gesù desidera che da tutti gli uomini Dio sia riconosciuto Padre santo e come tale venerato. La bestemmia, il dire male di Dio, il parlarne senza rispetto è una grave colpa, perché è misconoscere la sua assoluta santità, che è fonte della nostra santificazione.
Se Dio Padre è santo e fonte di ogni santità, a lui spetta il più grande onore, la gratitudine e l’impegno di corrispondere al suo amore con animo veramente filiale e conseguentemente fraterno verso tutti gli altri uomini, in quanto suoi figli.
A questo proposito il nostro impegno consiste, dunque, nel fare in modo che tutti riconoscano anche attraverso di noi la santità del Padre celeste. Il modo migliore di fare questo è l’impegno di imitarne la bontà. I santi sono una trasparenza della santità di Dio, splendore della sua bellezza.
Venga il tuo Regno
Il Regno di Dio, vale a dire la sua signoria, si estende all’intera creazione, a tutto ciò che da lui ha avuto origine. Non dal caos, non dal caso, ma dalla potenza di Dio, che è Amore, ha avuto origine ed è sorretto l’universo in un ordine meraviglioso. Dalle miriadi di stelle e di pianeti che ruotano nello spazio al filo d’erba che germoglia sulla terra, dalla goccia di rugiada all’immensità degli oceani, tutto proviene dalla volontà del Creatore e tutto canta la sua gloria. Ma è soprattutto nell’uomo, fatto a sua immagine, dotato di spirito soprannaturale e chiamato a condividere la sua gloria, che è presente e deve compiersi il Regno di Dio che è luce, amore, pace e gioia: santità.
Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra
Il Regno di Dio viene nel cuore degli uomini, se essi compiono la sua volontà, osservando la sua legge fondamentale: quella dell’amore, fino all’amore dei nemici.
In cielo, poiché vi regna l’amore, c’è la perfetta comunione dei santi, un unico sentire e un unico volere sincronizzato con la volontà di Dio. Da qui scaturisce la beatitudine della pace. Per realizzare questa stessa pace anche adesso, sulla terra, è necessario combattere contro le tentazioni, le cattive inclinazioni e il peccato.
La nostra esistenza terrena è un tempo di prova, un tempo di netta decisione. Vogliamo appartenere a Dio, aderire risolutamente alla sua volontà? Se lo vogliamo, bisogna vivere bene il rapporto di fede e di amore con Dio e con i fratelli, a cominciare da quelli vicini. Perché volontà di Dio è la nostra santificazione; volontà di Dio è la pace.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano
Essendo noi figli di Dio, la nostra vita è nelle sue mani; tutto riceviamo da lui per la sussistenza sia fisica che spirituale. Dalla provvida mano di Dio riceviamo in vario modo il pane quotidiano – ossia il nutrimento – sia per il corpo che per lo spirito. Non lo riceviamo, però, passivamente, ma collaborando, ossia lavorando. Il “pane quotidiano” viene quindi procurato in vario modo, ma sempre con l’aiuto provvidenziale di Dio, dal quale dipende anche la possibilità di poter lavorare. Perciò nell’invocazione «Dacci oggi il nostro pane quotidiano» è inclusa la richiesta di poter lavorare per acquistare il pane per sé e per chi – bambini, anziani, malati, disabili – non può sottoporsi alla fatica del lavoro. Il pane che chiediamo a Dio è perciò un cibo che siamo disposti a condividere con tutti.
C’è da riflettere molto sul fatto che Gesù si sia dato a noi come pane. L’Eucaristia esprime in sé il rendimento di grazie a Dio, il riconoscimento dell’amore del Padre celeste che nutre i suoi figli anticipando loro il dono dell’eterna beatitudine, che consiste nel saziarsi contemplando il suo volto.
Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori
Tutti siamo in debito verso Dio, perché gli dobbiamo la vita e tutto quello che ogni giorno mette a nostra disposizione: l’intero creato, dall’aria che respiriamo alla luce, all’acqua, al sole, alla luna, alle stelle, ai vegetali e agli animali di ogni genere, utili ad alleviare le nostre fatiche e ad alimentare le nostre forze fisiche; sul piano morale gli dobbiamo tutto quello che alimenta la nostra intelligenza, i nostri buoni sentimenti, la capacità del giusto discernimento; tutte le facoltà che siamo tenuti ad usare in modo positivo, secondo la sua volontà.
Quando non ci comportiamo onestamente, noi diventiamo cattivi operai, che trascurano di compiere il loro dovere e danneggiano i beni loro concessi in uso. Quante volte e in quanti modi ci comportiamo da disonesti e ingrati!
Il Signore, dietro nostro pentimento e umile richiesta di perdono, ci condona tutte le nostre mancanze, ma proprio per questo dobbiamo a nostra volta condonare i debiti del nostro prossimo, senza avere la pretesa – come nella parabola evangelica (Mt 18, 23-35) – di ricevere dal Signore il condono e non concederlo al nostro fratello per qualsiasi danno ci abbia arrecato con i fatti o con le parole. L’effetto benefico di questa remissione dei debiti è la pace che diffonde un’atmosfera di autentica fraternità anche all’ambiente familiare e sociale in cui si vive.
E non abbandonarci alla tentazione, ma liberaci dal male
Nella conclusione del Padre nostro, l’invocazione sale a Dio come richiesta di non essere abbandonati alla tentazione, quindi di essere aiutati a superarla, così da essere liberati dal male. La tentazione al male viene dal maligno; in modo aperto o subdolo lo spirito del male tenta sempre di impedire che il Regno di Dio si realizzi nelle anime e giunga al suo compimento.
Si cade facilmente nell’inganno, se si vive superficialmente, senza trarre luce e forza dall’ascolto della Parola di Dio, porgendo invece l’orecchio alle suggestioni del malvagio.
Per evitare il male, occorre coltivare nella coscienza il retto discernimento e nel cuore i buoni sentimenti, il desiderio di vivere veramente in relazione di amore e di pace con Dio e con tutti gli uomini che egli ci ha dato come fratelli.
O Cristo, Figlio di Dio
che sei venuto quale nostro Fratello,
donaci il tuo Spirito d’amore
per amare il Padre,
per avere con lui la confidenza
del bambino che chiama la mamma,
del bambino che chiama “babbo mio”.
Così il nostro cuore si dilati ogni mattina
sintonizzati con te nel canto della lode;
così si riposi dolcemente la sera
sotto il suo amorevole sguardo
sia quando siamo nella gioia,
sia quando siamo nel pianto,
poiché in lui, insieme con te,
nostro fratello primogenito,
troviamo pace e sicuro riposo. Amen!