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I silenzi di San Giuseppe

di Angelo Forti

Sino a qualche tempo fa il nome più diffuso in Italia, dopo quella di Maria era il nome di Giuseppe: l'uomo del silenzio faceva riecheggiare il suo nome nei più sperduti borghi d'Italia. In questi ultimi cent'anni la società ha subito grandi trasformazioni, ha sofferto distruzioni, morti, lutti, lacrime, ha sperimentato la bomba atomica, è andata sulla luna, ha riempito il cielo di satelliti. Nel secolo scorso con un ritmo di cinquant'anni, sono saliti alla cattedra di Pietro tre pontefici che nel battesimo avevano ricevuto il nome di Giuseppe: Giuseppe Sarto, San Pio X, Angelo Giuseppe Roncalli, Giovanni XXIII e Joseph Ratzinger, Benedetto XVI. Tre uomini che hanno contribuito con uno stile pastorale diverso a rendere la Chiesa più evangelica. La scena politica, pur nella passionalità e acredine anticlericale, ha cooperato a liberare la Chiesa dalla pesantezza del potere temporale.

Tra i protagonisti di questa scena politica e culturale spiccano tre personaggi con il nome di Giuseppe: erano Giuseppe Mazzini, Giuseppe Verdi e Giuseppe Garibaldi. Come il biblico re Ciro, anch'essi sono serviti nel misterioso piano dell'infinita misericordia di Dio a far crescere nella Chiesa lo spirito di evangelico servizio alle classi più deboli. è singolare che proprio in Piemonte, laboratorio politico per l'Unità d'Italia, la Chiesa abbia regalato ai poveri uno stuolo di santi con il nome Giuseppe: San Giuseppe Cottolengo, San Giuseppe Allamano e San Giuseppe Cafasso. In quello stesso periodo, non possiamo dimenticare la nascita di congregazioni religiose intitolate a San Giuseppe come i Giuseppini del Murialdo e i Giuseppini d'Asti. San Giuseppe è nominato nei vangeli ben nove volte, ma in nessuna circostanza prende la parola: è l'uomo «giusto», che nell'umiltà di un operaio sa afferrare i desideri di Dio ed eseguirli con prontezza e zelo. Dal silenzio di San Giuseppe nasce questo volume che accompagnerà i fedeli a penetrare il mistero della sua santità, per scoprire frammenti luminosi della presenza di Dio nella sua vita, così da essere calamita di una santità umile, mite, nascosta e operosa, capace di attirare le anime verso una comunione sempre più intima con Gesù. Poiché le parole esprimono solo la superficie di quello che si vive nel profondo dell'anima, il silenzio di San Giuseppe ci aiuta a recuperare un giusto rapporto tra la parola e il silenzio, in questa epoca di comunicazione globale in cui si corre il rischio di farli vivere su due piani diversi. Come nello spartito musicale le pause liberano e arricchiscono la melodia, così il silenzio è elemento necessario per una comunicazione autentica. Benedetto XVI ha scritto che «nel silenzio ascoltiamo e conosciamo meglio noi stessi, nasce e si approfondisce il pensiero, compendiamo con maggior chiarezza quello che desideriamo dire e ciò che ci attendiamo dall'altro, scegliamo come esprimerci». Il silenzio di San Giuseppe ci invita ad immergerci in uno spazio propizio per captare una comunicazione che sappia muovere la nostra sensibilità, rendere attenta la nostra capacità di intuire e rilevare la profondità di un legame di fede e di abbandono alla volontà del Padre. Nella nostra società del frastuono la lezione del silenzio di San Giuseppe è un regalo prezioso che ci stimola a trovare uno spazio di discernimento tra le tante proposte che riceviamo. La casa di Nazareth è diventata per noi tutti una scuola di santità vissuta nella gioiosa ricerca della comunione con Dio attraverso la preghiera, il dialogo, il lavoro. E solo nel silenzio che noi riusciamo a coltivare i momenti più propizi per comunicare con noi stessi, con la nostra coscienza, con le persone che si amano. Nel silenzio parlano la gioia, le preoccupazioni, la sofferenza ed è proprio in queste circostanze che nel silenzio troviamo le forme di più intensa partecipazione. Per noi cercatori di verità e pellegrini nella storia alla ricerca del volto di Dio, il silenzio di Giuseppe si fa cattedra di insegnamenti, un'università della santità. Per 365 giorni il silenzio si fa parola, l'umiltà si fa energia e forza, l'esempio una forza trainante per perseverare nella fiducia in Dio. Non tutti i giorni dell'anno saranno uguali, le vicende diverse, gli umori variabili, le circostanze disparate, a volte saremo costretti a percorrere vie impervie, sentieri faticosi, tuttavia, lo sguardo di Dio non ci lascia mai orfani. Dai vangeli sappiamo che Giuseppe, soprattutto nei momenti difficili e burrascosi della sua vita non è stato mai lasciato solo, la carezza di Dio l'ha sempre accompagnato, specialmente quando i suoi sogni erano diversi dai progetti di Dio.