di Giovanni Cucci
Un ulteriore aiuto per riconoscere la verità del desiderio è dato dal confronto con la Parola di Dio e le vite dei santi. Il desiderio spirituale viene solitamente presentato come caratterizzato da una sobrietà di fondo, esso mira all’essenziale, come insegnano la sapienza biblica (cfr Pr 30,7-9) e gli esempi concreti della vita spirituale.
Per s. Ignazio era molto importante la lettura delle vite dei santi perché mostrano lo stile di Dio all’opera nella vicenda concreta di un uomo e una donna con i loro limiti e le loro difficoltà, ma che hanno saputo riconoscere la verità dei desideri che il Signore aveva messo nei loro cuori, anche attraverso prove, tentativi ed errori. Spesso un esempio, una vicenda concreta, una testimonianza aiutano più di tanti sottili ragionamenti.
È importante comunque che questo confronto comprenda anche una persona esperta e istruita a proposito delle realtà spirituali: «Circa la mia vita spirituale preferisco come guida un dotto teologo a un sant’uomo che non sia nient’altro che un sant’uomo» diceva s. Teresa d’Avila. È sorprendente notare come molte persone, anche impegnate seriamente nel cammino di fede e consacrate al Signore da molti anni, siano sprovviste di una guida spirituale.
Tale persona dovrebbe essere soprattutto capace di ascolto: spesso non è necessario dire molte cose, perché chi racconta, nel momento stesso in cui parla vede dispiegarsi davanti a sé il libro della propria vita, raggiungendo quello che il filosofo P. Ricoeur chiamava «la propria identità narrativa». Infatti ci si conosce solo raccontandosi ad un altro, in un contesto di gratuità accogliente, senza l’assillo del dovere o l’angoscia del giudizio. La sapienza bimillenaria della Chiesa ricorda che nella conoscenza di sé, nella conoscenza del Signore e nel cammino spirituale non si procede mai da soli, ma che è prezioso e umile imparare a confrontarsi con una persona preposta a questo.
L’accompagnamento spirituale non è finalizzato ad ottenere la risposta a buon mercato su di un problema immediato; è un lavoro molto più lento, profondo e faticoso. Si tratta di un aiuto indubbio anche per la conoscenza di sé dal punto di vista umano: «Nel colloquio spirituale profondo, in una direzione che raggiunga il cuore, là dove è diviso e sfugge a se stesso, la guida spirituale potrebbe presentarsi a noi come un interlocutore nuovo. Questo interlocutore dovrebbe però essere in grado sia di leggere e interpretare il linguaggio di certi desideri nascosti, che di dare un nome a certe tensioni oscure che ci sfuggono, ma anche di offrirsi, con la sua stessa presenza mediatrice, in modo da rendere possibile l’accettare una parte, spesso emotiva, di noi stessi che ha dovuto sottrarsi alla nostra responsabilità.
Un cammino lungo, forse troppo lungo per chi è tentato dalle soluzioni rapide, tecniche ma promettente e, in fondo, evangelico» (F. Imoda). Un frutto prezioso di questa lettura è di poter imparare dagli errori commessi; una caratteristica, questa, propria dei santi. Come la scienza e la civiltà, anche la vita spirituale di ciascuno procede per tentativi ed errori; anche il peccato, l’errore racchiude un insegnamento e, finché esso non viene colto si rischia di restarne prigionieri, ripetendo con stanchezza e monotonia le cadute di sempre.
Lungi dunque dall’essere preda del materialismo più sfrenato, il mondo dei desideri rimanda essenzialmente alla dimensione spirituale, di trascendenza, perché invita ad uscire da se stessi, ad elaborare un progetto, a scommettere su di esso, anche con sacrificio, portando a termine ciò che sta a cuore, ciò che dà senso, cioè significato e direzione alla propria vita.