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«Oggi devo fermarmi a casa tua»

di Madre Anna Maria Cánopi

Quando Gesù entra in Gerico, una gran folla accorre e fa ressa attorno a lui; tutti desiderano accostarlo, vederlo, ascoltarlo, ottenere da lui qualche cosa. È, infatti, conosciuto come il “Maestro buono”, il Maestro che ama gli umili, i poveri, i malati, gli infelici. Nella moltitudine, però, c’è anche Zaccheo che non appartiene a questa categoria: egli è capo dei pubblicani e ricco, piccolo di statura. Fa quindi la sua comparsa proprio come la persona più lontana da Dio e incallita nel peccato di frode. Eppure nella rivelazione dell’oggi della salvezza questa pagina evangelica è tra quelle più dense di significato, perché in essa si sottolinea come non mai che l’oggi riguarda insieme sia Gesù che l’umanità imprigionata nel peccato. I pubblicani, infatti, erano invisi a tutti, considerati peccatori pubblici, sfruttatori e ladri per il loro stesso mestiere di esattori di tasse in favore dell’impero romano. 
Proprio con uno di loro Gesù deve incontrarsi. Il nome “Zaccheo” significa “Dio si ricorda”. E il nome indica, biblicamente, una vocazione, una missione. Di quest’uomo, che appare così lontano non soltanto dalla Legge, ma anche dal più comune e umano senso di giustizia, Dio si ricorda. E così è di ogni uomo. 
D’altra parte anche in Zaccheo, pur sotto la sua apparenza ben poco raccomandabile, c’è un cuore che desidera vedere Gesù. Pura curiosità? Certamente no: è un desiderio semplice, un desiderio sano; ma come può arrivare a realizzarlo? Egli è piccolo di statura e in mezzo a quella grande folla che stringe da tutte le parti, si trova inevitabilmente sommerso. Zaccheo non si scoraggia, corre avanti, sale su un sicomoro e da questa posizione favorevole aspetta, perché sa che Gesù doveva passare di là. Sant’Agostino dice: «Forse tu pensi: anch’io sono piccolo e non posso vedere Gesù che passa nella mia vita. Guarda, fa’ come Zaccheo, sali anche tu su un albero. Ma quale albero? Sali sull’albero dove per te pendette Gesù e vedrai Gesù». Bellissima intuizione! Anche santa Caterina da Siena diceva: «È vero, siamo piccoli, ma ecco un dolce rimedio: occorre fare come Zaccheo e salire sull’albero della Santissima Croce. Là vedremo, e là toccheremo Gesù».
Gesù è venuto a Gerico anche per Zaccheo: deve passare accanto a lui, deve interessarsi di lui. Ed ecco che mentre Zaccheo cerca di vedere Gesù, scopre di essere lui stesso guardato e chiamato per nome da lui: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua» (v. 5). Inaudita sorpresa! Tutto immediatamente nella vita del capo dei pubblicani cambia. Gesù ha fretta di elargire a Zaccheo l’abbondanza della sua misericordia sottraendolo così alla schiavitù del denaro. Per Zaccheo questo è l’oggi della grazia, l’oggi dell’incontro con il Salvatore, l’oggi della salvezza. Come in fretta era salito sull’albero, così in fretta egli discende, pieno di stupore e di gioia. Tutto aperto, disponibile, non esita un istante; accoglie il Maestro nella sua casa e gli prepara un banchetto di festa a cui invita anche i suoi colleghi e amici. E così Gesù, senza preoccuparsi di compromettersi e di attirarsi il disprezzo dei Giudei osservanti della Legge, viene a trovarsi a tavola con un’allegra compagnia di pubblicani e peccatori! 
Non tardano a farsi sentire da parte dei capi dei Giudei critiche e mormorazioni: «È entrato in casa di un peccatore!». Questo comportamento è sconcertante, inaccettabile.
Zaccheo non si accorge neanche di quello che la gente va dicendo: è troppo felice! La sua conversione è autentica. Accogliendo Gesù, non sente più il bisogno di niente altro, se non di esprimere la sua gioia di aver trovato quello che unicamente gli mancava per essere felice. E vuole esprimere questa gioia restituendo fino a quattro volte di più di quello che aveva sottratto agli altri e distribuendo ai poveri le sue ricchezze: «Alzatosi, disse al Signore: “Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto”».
Zaccheo è preso dall’entusiasmo, dal bisogno incontenibile di rendere contenti, felici anche gli altri. Proprio questa è la prova dell’autenticità della sua conversione. Essendo pieno di gioia per la salvezza ricevuta, è spinto a renderne partecipi gli altri, poiché la gioia che viene dal Signore è diffusiva, irradiante, non egoistica e avara. 
Egli esplode in questa generosa apertura verso gli altri a motivo della luce e della gioia che Gesù ha portato nella sua “povera” vita di pubblicano, di uomo tutto immerso nelle cose di questo mondo. Ormai non vi è più niente che gli sia così caro quanto l’amicizia con questo Maestro che lo ha chiamato per nome, che si è ricordato di lui, che ha voluto entrare in casa sua, nella sua vita operando un radicale cambiamento, rendendolo un altro uomo. 
Ma ancora si sentono le mormorazioni di chi, arroccato nei pregiudizi e negli schemi fissi della Legge e dell’opinione comune, non sa immaginare che un uomo possa così presto cambiare, che un pubblicano possa staccarsi dal denaro e diventare un uomo generoso. 
Gesù, che tutto vede – anche ciò che è nascosto nel cuore – risponde alla mormorazione dei farisei facendo un elogio di Zaccheo. Era motivo di grande fierezza per gli ebrei chiamarsi “figli di Abramo”. Ebbene, Gesù dichiara: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo»: come Abramo, egli crede, crede realmente dimostrando la sua fede con i fatti. 
Zaccheo sa bene di essere un peccatore, di non appartenere alla categoria dei “giusti”, ma si lascia conquistare dal fascino che emana dalla persona di Gesù, che proprio per questo è venuto sulla terra: «Il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto». E come cerca? Come salva? Suscitando la fede. Zaccheo accoglie il dono.
Quanto mi insegna Zaccheo! Se sono piccolo, mi insegna che dove non riesco ad arrivare da solo, posso giungere grazie ad un albero più alto di me: magari qualcuno dei miei fratelli; se mi sento scoraggiato e deluso, mi dimostra che la salvezza in Persona mi viene incontro ogni mattina e vuole fare festa con me, trasformando la mia casa e il mio cuore in luogo dove tutti i miei fratelli possono trovare accoglienza, ristoro e consolazione.