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La preghiera del povero, del figlio, del bambino

di Madre Anna Maria Cánopi

«Padre nostro... dacci oggi il nostro pane... ». Ecco la preghiera del povero, la preghiera del figlio, del bambino che non sa ancora procurarsi il pane e perciò lo chiede al suo padre, per sé e anche per i suoi fratelli. Gesù, infatti, ci fa dire: dacci  – non dammi  – il nostro  – non il mio  – pane quotidiano.
Tutta la sacra Scrittura parla del pane, di questo alimento elementare che Dio stesso provvede alle sue creature sia gratuitamente, sia anche chiamandole a guadagnarselo un poco, lavorando nel suo campo.
Prima del peccato, lavorare sotto lo sguardo di Dio, nell’Eden, doveva essere per l’uomo un diletto anziché un peso, ma dopo il peccato originale, dopo che l’uomo, facendosi disobbediente, ebbe preso per sé, egoisticamente, il cibo dell’albero della vita, Dio disse all’uomo:
«Maledetto il suolo per causa tua!
Con dolore ne trarrai il cibo
per tutti i giorni della tua vita.
Spine e cardi produrrà per te
e mangerai l’erba dei campi.
Con il sudore del tuo volto 
mangerai il pane,
finché non ritornerai alla terra,
perché da essa sei stato tratto:
polvere tu sei e in polvere ritornerai!» (Gn 3,17-19a).
Una parola tremenda, il cui peso grava su tutta la storia umana. Ma il castigo di Dio non è mai inesorabile: esso impone una privazione in vista di una più grande elargizione. La terra non produrrà sempre e soltanto triboli e spine, ma anche buon frutto. L'uomo non mangerà sempre pane di lacrime. La storia sacra ci rivela le meravigliose invenzioni di Dio per ridare all'uomo il pane della gioia. Infatti, Dio stesso decide di venire sulla terra a fare il contadino.
Gesù – dice un antico Padre della Chiesa – venne dal cielo come contadino, a lavorare la terra con l'aratro della sua croce. Mandato dal Padre, egli viene a fare la sua giornata di dura fatica. 
Egli viene come seme e come seminatore; viene ad arare la terra con la sua sofferenza, assumendo la debolezza della nostra umanità. Apre il solco con l’aratro della croce e poi vi si lascia cadere dentro per produrre una messe abbondante che potrà bastare a dar pane per la vita di tutti gli uomini.
Solo accettando la legge del seme che cade in terra e muore, il Cristo può risorgere come spiga e darsi in cibo a noi tutti. Egli diventa così il pane della famiglia di Dio riunita nel suo nome.
La mensa alla quale il Signore ci chiama è infatti sempre una mensa comune. Il pane che vi si mangia è sempre un pane spezzato e condiviso. Mangiarlo da soli sarebbe come rubarlo agli altri e quindi non esserne vivificati.
Anche il semplice pane materiale, se mangiato da soli, non è buono. La stessa esperienza umana insegna che mangiare da soli è sempre una cosa molto triste. Ciò spiega perché tutte le feste si fanno normalmente con un pasto e molti invitati. Quando un uomo buono è contento per qualche evento felice, chiama parenti e amici a mangiare e a bere con lui.
Orbene, anche Dio, volendo renderci partecipi del suo banchetto di festa nella dimora eterna, comincia fin d'ora mentre siamo ancora sulla terra ad abituarci a mangiare insieme alla sua mensa, a fare festa tutti insieme.
L’ultima cena, con l'istituzione dell'Eucaristia, avvenne in un contesto di famiglia, di Chiesa. Tale era infatti la comunità degli apostoli attorno al Maestro. Gesù ebbe cura di far preparare una bella mensa, anche con gli ornamenti festivi: in una grande sala, con i tappeti secondo l'uso ebraico, e certo anche con verdi fronde, fiori e profumi. Tutto doveva preannunciare la cena nel regno dei cieli. Eppure era la vigilia della sua passione!
Il pane che mangeremo nel banchetto del Regno sarà il pane della gioia, preso nel meritato riposo; ma qui mentre siamo pellegrini, abbiamo il pane del viaggio, da mangiare in piedi, un pane che può anche diventare duro nella bisaccia. Questo pane deve costare a noi un po’ di sudore e di sangue, perché il Signore ci chiama a coltivare con lui la terra arida del nostro cuore, affinché vi possa germogliare e fruttificare lui stesso, il Verbo della vita. Sta in questo necessario contributo la nostra fatica, ma anche la nostra dignità umana.
Il pane duro del pellegrinaggio è spesso bagnato dal sudore e mangiato tra le lacrime, ma la presenza del Signore, che è con noi tutti i giorni fino alla fine del mondo, tutto trasforma in grazia, anche le difficoltà e le pene quotidiane della vita. 
L’oggi ha già in sé il domani eterno. Deve essere però vissuto in pienezza di fede e abbandono.
Dacci oggi – diciamo – e per oggi il nostro pane.
Guai se ci lasciassimo tentare a chiederne anche per il futuro, dicendo: «Dacci un buon quantitativo di cibo, di tutto, da mettere in magazzino o in dispensa in modo da averne per lungo tempo, senza doverci preoccupare; così se per caso tu domani ti dimenticassi di noi, saremmo ugualmente a posto, con le spalle al sicuro, con il pane assicurato».
No, così non piace al Signore; egli non vuole le assicurazioni! Egli è un Padre che sta sempre vicino, perciò da veri figli dobbiamo rivolgerci continuamente a lui chiedendogli giorno per giorno, ora per ora, quello che ci basta, in modo da sentire sempre un grande, insopprimibile bisogno di lui.
Il Signore è come un padre e una madre; questi, quando hanno generato un figlio, se lo devono portare in braccio, devono nutrirlo, vestirlo, aiutarlo a camminare, insegnargli a parlare; devono insomma continuamente prendersi cura di lui per farlo diventare un uomo. Se sono buoni genitori faranno tutto questo con amore e con gioia.
La nostra dipendenza da Dio non è mortificante; è invece una relazione rassicurante – com'è quella del bambino con i suoi genitori – che ci fa sentire più vero e indispensabile per la nostra vita l'amore che Dio ha per noi.
Il pane che Dio ci dà in questa vita terrena è dunque un pane di viaggio, un pane di amore, gratuito e insieme anche guadagnato nella condivisione della fatica e della sofferenza, per gustare insieme la consolazione. È pane che ci accomuna a Dio e tra di noi, facendoci sentire tutti poveri e bisognosi, e ci stringe in una solidarietà sempre più grande, preparandoci alla beatitudine della comunione dei santi in cielo.
O Dio, Padre buono, 
dacci oggi il nostro pane quotidiano 
e trasformaci nel tuo Cristo 
pane vivo, pane sostanziale 
cotto nel forno incandescente 
della sua passione d'amore, 
reso fragrante dallo Spirito Santo 
per colmare la fame di ogni uomo. 
Amen.