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La morte di Gesù in croce: quinto mistero doloroso

di Ottavio De Bertolis

Qui troviamo tutto. Durante la scansione delle dieci “Ave”, possiamo fare memoria delle parole di Gesù: Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno. E’ la grande assoluzione che Gesù ha donato a tutto il mondo, quel mondo che pure, quando Egli venne tra i suoi, non lo ha voluto accogliere. Gesù ci mostra il Padre in queste parole, e in particolare ci mostra la Sua giustizia: infatti non siamo stati noi ad amare Dio, ma è Lui che ci ha amato per primo. Ancora, san Paolo afferma che Dio ha rinchiuso tutti nella disobbedienza – quella disobbedienza che ci è denunciata e rivelata al tempo stesso dalla legge – per usare a tutti misericordia. Possiamo sentire intimamente come questa misericordia, il perdono di Gesù su noi, avvolge tutti gli uomini, credenti e non credenti, vicini e lontani: anzi, in Cristo tutti noi che eravamo i lontani – lontani cioè da Dio per le nostre colpe – siamo diventati i vicini. Allora, visto che siamo stati perdonati, possiamo perdonare: contemplare il perdono di Gesù su tutti noi, perdono ingiustamente concesso perché nessuno lo aveva meritato, ci aiuta a perdonare a nostra volta, superando ogni divisione e inimicizia.

 

Possiamo contemplare in questo quadro come venne un soldato, gli trafisse il fianco con la lancia, e subito ne uscì sangue e acqua. Gesù si serve di un colpo di lancia, il simbolo stesso cioè di tutto il disprezzo e di tutto il rifiuto che gli uomini hanno opposto e continuano e continueranno ad opporre a Dio, per aprire il suo cuore: il cuore di Gesù non è stato aperto dai meriti e dalle preghiere di pochi giusti eccezionali, ma Dio nella sua infinita provvidenza e amore ha voluto che fosse aperto proprio da quello che accomuna tutti gli uomini, quello che noi sappiamo fare meglio: il peccato. Dio assume in sé in peccato del mondo: Colui che aveva detto di porgere l’altra guancia porge il proprio fianco al colpo della lancia, per estinguere, tramite il peccato, colui che del peccato aveva il potere, cioè il demonio. Il nemico, l’Accusatore, si trova sconfitto proprio con le sue stesse armi. Dio giustifica. Chi condannerà? Gesù Cristo, che è morto, anzi, che è risorto e siede alla destra di Dio e intercede per i peccatori? Adesso, ormai, secondo san Paolo, chi accuserà noi, gli eletti di Dio? E così, se noi non siamo più accusati da Dio, possiamo smettere di accusare i nostri fratelli, imparando così davvero le parole a noi ben note: rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori. Infatti i nostri debiti sono stati stracciati, e inchiodati alla croce: il documento scritto del nostro debito, dice ancora san Paolo, è stato reso inesigibile, come un assegno che dovevamo pagare ed è stato strappato. Possiamo contemplare come l’amore di Gesù, quel fiume d’acqua viva, è effuso nei sacramenti della Chiesa, particolarmente il Battesimo e l’Eucaristia: possiamo misticamente offrire il mondo, come fosse un deserto, a quell’acqua, che scenda, che irrighi, che bagni tante situazioni che conosciamo, tante necessità e tante ferite.

“Quella acque, dove giungono, risanano, e dove giungerà il torrente, tutto rivivrà”, dice il profeta Ezechiele di quel torrente che sgorga dal tempio vivo del corpo di Cristo appeso alla croce: possiamo invocare, in favore di tanti e anche al loro posto, quest’acqua viva per fare rivivere il mondo. Lì vediamo la nuova donna Maria, accanto al vero uomo, Cristo Gesù, la nuova Eva che genera nell’obbedienza del suo “sì” e il nuovo Adamo che ci redime con il “sì” della sua Passione per noi volontariamente accolta. La maternità di Maria si estende ormai a tutti gli uomini: con il nostro Rosario possiamo celebrarla, invocarla, contemplarla. Quella maternità, iniziata nell’annunciazione, si compie ora, nella Donna forte, ai piedi della croce. Come il discepolo che Gesù amava, possiamo accoglierla tra i nostri beni, tra i doni che Gesù stesso ci ha lasciato in quel momento supremo, insieme allo Spirito, al sangue e all’acqua sgorgati da quella ferita. Gesù infatti “spirò”, cioè “diede lo Spirito”: per Giovanni la pentecoste è ai piedi della croce, e il dono dello Spirito santo riconduce il mondo intero al cristo, che con la sua obbedienza fino alla morte è stato fatto Signore della storia e redentore del mondo. “E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutto a me”.