La natività: terzo mistero gaudioso
di Ottavio De Bertolis
L’icona della natività ci apre un mondo grandissimo, il mondo di Gesù, cioè come lui ha voluto nascere, vivere, chi ha voluto accogliere, che cosa ha voluto portare; in fondo questo mistero ci dice come lui ha voluto essere, e ci chiama a condividere con lui lo stesso stile di vita.
Gesù è nato nel nascondimento: e quanto ci teniamo noi, al contrario, ad apparire! Gesù nasce, Dio si rivela al mondo, e tutt’intorno la gente sembra non accorgersene. Mi stupisce sempre pensare come a pochi metri da quella grotta uno avrebbe potuto non vedere niente, non accorgersi di nulla. Nel palazzo di Erode, nelle case dei potenti, in fondo era una notte come tante altre: eppure il mondo stava cambiando. Mi pare che Gesù ci inviti, quando contempliamo questa scena e meditiamo questo mistero, a vivere come lui: a preferire cioè il non apparire, accettando e volendo che altri eventualmente appaiano agli occhi del mondo piuttosto che noi stessi. Nel nascondimento si consumano tutte le grandi opere di Dio: anche per la scena della Crocifissione potremmo dire lo stesso, e così per l’Eucaristia, e per la vita di Maria, tutta sotto il segno del non-apparire. Oggi tutti smaniamo di apparire: se non alla televisione o su di un sito, almeno nella nostra parrocchia, nel nostro ambiente di lavoro, nella nostra stessa famiglia: che tutti sappiano quanto lavoro, quante cose faccio, come sono bravo. Gesù ci dice che chi fa così, ha già la sua ricompensa.
Gesù ci insegna la povertà: è estremamente difficile seguirlo vivendo nella ricchezza, e la cura disordinata delle cose del mondo, l’affetto smodato al denaro e alla carriera sono sempre un’illusione, quando non sono orientati al necessario sostentamento di sé e dei propri cari. Si può vivere sobriamente, cioè amare la povertà, solo quando si è ricchi di Dio, quando il nostro cuore è attaccato a lui: il nostro non è uno sforzo ascetico, un lavorio su noi stessi per dimostrare agli altri come si possa vivere facendo a meno di tante cose. Semplicemente, non sentiamo il bisogno di tante cose quando Gesù riempie le nostre vite e i nostri cuori: e quando c’è Lui, allora anche le cose cambiano significato, ci sono ma non ci rendono schiavi, ce ne occupiamo senza che loro occupino noi. In questo senso, contemplare la natività ci aiuta a chiedere di essere liberi, a vivere nella verità di noi stessi, di ciò che facciamo e di ciò che siamo; per chi ha una famiglia, aiuta a ricordare che senza l’unione dei cuori i beni materiali non sono sufficienti ad essere una famiglia. E l’unione dei cuori si ha fondandosi su di Lui.
Infine mi pare che il mistero che contempliamo ci aiuti a vedere il più grande dono che Dio ci ha fatto: la pace. Gloria a Dio e pace agli uomini, cantano gli Angeli. La pace è quella tra Dio e gli uomini, non più estranei o stranieri a Lui, ma posti in grado non solo di riconoscerlo, ma anche di amarlo come figli. “A quanti lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio”, dice l’evangelista Giovanni. E questi figli, è interessante notarlo, non sono gli scribi o i farisei, i “primi” della società del tempo di Gesù, gli osservanti della Legge, ma i pastori, cioè non solo i più poveri e ignoranti, ma anche quelli che, secondo le prescrizioni di Mosè, svolgevano un mestiere impuro, e che rendeva impuri. Quello che intendo dire, è che i pastori non sono solo gli ultimi nella scala sociale, ma anche in quella religiosa: e proprio questi sono avvolti dalla luce degli Angeli, che cantano che in quel Figlio c’è la loro pace con Dio, la loro uscita dall’essere lontani e il loro ingresso nel recinto dei figli. Possiamo pregare per quanti ormai non si interessano nemmeno più di Gesù, lo sentono lontano, non credono che quello che dice Dio possa più riguardarli: questi sono i nuovi “pastori”, quelli che non saprebbero nemmeno mettere più il piede in chiesa. Possiamo, mentre diciamo le Ave Maria, ascoltare il canto degli Angeli, e chiedere di essere noi stessi fatti come gli Angeli, cioè trasparenza dell’amore di Dio che si manifesta, come Cristo stesso è questa trasparenza. Dio Padre ha mandato, per così dire, sulla terra un sacco pieno della sua misericordia, e questo sacco è Gesù; sarà perforato e squarciato durante la sua Passione, ma della sua pienezza noi tutti ne riceveremo.