Primo mistero gaudioso
di Ottavio De Bertolis
Maria è immagine di tutti noi: in lei vediamo quel che accade a ogni credente. Lei, come noi, siamo parti di un mistero: abbiamo percepito, nella fede, che Dio entra nella nostra vita. Lo Spirito Santo è disceso anche su noi, come su Maria, e ci ha fatto concepire: Maria concepisce nel grembo, noi concepiamo nel cuore, ma sia lei che noi concepiamo lo stesso Gesù, da noi creduto, da lei generato. La misericordia del Signore non ha permesso che noi vivessimo senza di Lui, ma c’è stato un giorno, o forse più giorni, nei quali, per così dire, il cielo si è aperto sopra di noi, e abbiamo ricevuto, senza vederlo, la visita di un Angelo, che ci portava una parola, la parola che Dio voleva donarci, e abbiamo aperto la porta della nostra vita a Lui che voleva entrare.
Possiamo, in questa decina di Ave, benedire il Signore, che in noi ha santificato il suo nome, perché il Nome del Padre è santificato amando i peccatori, cercandoci, accogliendoci; possiamo dire, con Maria, “sia fatta la tua volontà”, ancora e sempre, in me, in noi, nelle singole persone per le quali vogliamo pregare. Maria ha detto questo prima ancora che il suo Figlio insegnasse esplicitamente a chiederlo con il “Padre nostro”, e ci insegna a dire “sia fatta la tua volontà” non passivamente o come per costrizione, ma con fiducia, sapendo che non c’è niente di meglio per noi che quella volontà.
è interessante osservare che Maria prega così nella sua annunciazione, prima che Gesù insegni il Padre nostro, ma che anche Gesù prega così, con le stesse parole, al Getsemani: “non la mia, ma la tua volontà si compia”. Possiamo dire “sia fatta la tua volontà” nel gaudio degli inizi della nostra fede, nella primavera della nostra vita, ma anche nelle prove e nel buio della nostra esistenza, quando la nostra obbedienza ci avrà portato a forme più alte e più generose di offerta. Impariamo a fidarci di Dio, ad affidarci a Lui: “fede” infatti non è un insieme di verità che conosciamo con la mente, ma una fiducia in Colui dal quale sappiamo di essere amati, anche se lo sappiamo, appunto, solo per fede.
La fede è l’inizio in noi della vita eterna, la porta attraverso la quale passiamo per entrare in un mondo dove non c’è solo quel che si vede, ma molte altre cose che non si vedono, ma si attendono e si sperano.
Possiamo poi anche domandare perdono per tutte quelle volte che la parola di Dio è scesa su di noi, ma non ce ne siamo accorti, o voluti accorgere, o per tutte quelle volte che abbiamo chiuso la porta, o abbiamo lasciato che Gesù bussasse restando chiuso fuori, senza avergli aperto. Possiamo chiedere la grazia che la nostra preghiera sia “vera” preghiera, cioè un ascolto di Dio e un’offerta di noi, libera, autentica, generosa, e non una ripetizione meccanica di formule o uno svolgimento di riti più o meno recitati. Si può essere in realtà non credenti, anche se siamo praticanti di chiese: sembra un paradosso, ma non è così strano, e accade con troppa frequenza.
Per questo motivo possiamo anche pregare per tutte quelle persone che non vogliono credere, sperare, amare, che sono chiuse in un mondo in cui non c’è più spazio per Dio, o per le quali Dio è solo un ricordo, un estraneo, una figura sbiadita e lontana: ogni Ave che diciamo, ricordiamolo sempre, è una parte del regno di Satana che viene distrutta, perché, come la salvezza del mondo intero è iniziata da quel primo saluto dell’Angelo, così la salvezza di ognuno inizia e prosegue con lo stesso saluto. E noi con il Rosario possiamo non solo pregare gli uni per gli altri, ma anche gli uni al posto degli altri: è il mistero della comunione dei santi che a noi si apre nella preghiera.
Chiediamo che la Sua parola in noi si compia: “come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere fecondato e fatto germogliare la terra, così sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver compiuto ciò per cui la ho mandata”, dice il profeta Isaia. La parola che ascoltiamo nella Scrittura si deve fare carne in noi,vita vissuta, ogni giorno.