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«L’Eucaristia fa la Chiesa e la Chiesa fa l’Eucaristia» 

di Andrea Ciucci

Un’amicizia si consacra a tavola. Sedere insieme a mensa è infatti uno dei gesti di comunione più grandi e potenti che esistono. Lo sapevano, e lo sanno tutt’ora, gli ebrei, che ricordano con una grande cena la Pasqua di liberazione che prelude alla Alleanza fra Dio e il suo popolo. Lo sapeva bene Gesù che scelse l’ultima cena per offrire ai suoi amici parole e segni per ricordarlo e per consacrare per sempre con il suo corpo e il suo sangue la nuova e definitiva alleanza.
Per questo motivo l’Eucaristia è il vertice della vita cristiana, il gesto più importante che i cristiani compiono ogni domenica, radunandosi tutti insieme per ricordare la Pasqua di Gesù e rinnovare l’unico sacrificio da lui compiuto sulla croce. Proprio per questo partecipare all’Eucaristia è anche il vertice del cammino che ci rende cristiani e la Prima Comunione è così importante: in quel gesto si sposano una grande intimità (l’incontro personale tra il bambino e il Signore Gesù) e una intensa esperienza comunitaria, perché per la prima volta i bambini mangiano a quella tavola riservata solo ai cristiani adulti. Probabilmente quest’ultimo aspetto mi porta a preferire, più che le celebrazioni delle prime comunioni, le domeniche successive, quando i bambini si mettono in fila con gli altri e fanno la comunione come tutti, insieme a tutti. In questo accogliere le nuove generazioni nella fila di quanti si cibano del corpo di Gesù si manifesta con particolare intensità il frutto del lavoro di una famiglia e di una comunità, che consegnano la fede ai più piccoli e li accompagnano nel loro cammino cristiano.
La forza di questo gesto ha però conseguenze non piccole, che meritano di essere ricordate anche nei giorni festosi delle prime comunioni, proprio perché sono il motivo fondante del nostro fare festa. Anzitutto, l’incontro personale che si vive facendo la comunione, è con il Signore Gesù che dona la sua vita per ognuno di noi, che muore per noi. Non è un incontro superficiale, di poco conto; esso è possibile perché una persona vera, Gesù, ha dato la sua vita, il suo corpo e il suo sangue, perché ognuno di noi potesse mangiarne e vivere di questo dono. Avere ben chiaro questo punto aiuta a dare spessore alla grande emozione della prima comunione: “come si può non essere emozionati e colpiti da una persona che soffre e muore per me?”. Davanti a una notizia simile ci si interroga su chi siamo davvero e quanto valiamo (nientemeno che la vita del Figlio di Dio!); coinvolti in un gesto come quello della croce che l’Eucaristia ricorda efficacemente, non si può poi non ripensare alle logiche che sostengono e costruiscono la vita di ognuno. Certamente la prima comunione e ogni comunione sono momenti di gioia e di festa, ma lo sono veramente tanto quanto rimandano a ciò che realmente dicono e permettono di sperimentare. Altrimenti sono solo motivi per una ennesima vana ostentazione del nulla che continuamente insidia la nostra vita.
Anche il contesto comunitario è poi entusiasmante ed esigente insieme: lo stare in fila con gli altri ci manifesta continuamente che non siamo soli nel cammino cristiano e nella vita intera. Perché ciò risuoni come buona notizia reale per le nostre esistenze, è però necessario che le relazioni fraterne che costruiscono una comunità siano il più possibile vere, cercate, costruite. Ognuno di noi sa quanto è bello e faticoso insieme costruire e mantenere relazioni interpersonali: è necessario un investimento di energie, tempo, attenzioni. È la grazia della comunità entro cui accogliamo i nostri bambini. Per questo motivo faccio molta fatica a pensare a prime comunioni private o in qualche luogo magari particolarmente bello e significativo, anche dal punto di vista religioso, ma sganciato da una comunità. Forse si guadagna in emozione e intimità, ma si perde la ricchezza e le storie dei volti di chi sta in fila con noi per cibarsi di Gesù.
Una delle più belle sintesi sul mistero dell’Eucaristia dice così: “L’Eucaristia fa la Chiesa e la Chiesa fa l’Eucaristia”. Ogni domenica la comunità si raduna sotto la presidenze del vescovo o di un presbitero e fa memoria della Pasqua di Gesù, consacra il pane e il vino, fa l’Eucaristia. Allo stesso tempo è proprio la celebrazione eucaristica domenicale che convoca tutti i fedeli e rende visibile la comunità dei discepoli del Signore. Fare la comunione, per la prima volta e ogni domenica, significa lasciarsi inserire dentro questa dinamica che ci costituisce, ci accompagna e ci salva.