I «luoghi della sinodalità» non sono quelli protetti o istituzionali, ma sono i «crocevia ventosi dove soffia lo Spirito». Per questo — è stato riferito stamani nel briefing per i giornalisti nella Sala stampa della Santa Sede — è stata proposta in Aula «un’assemblea ecclesiale del Mediterraneo per ascoltare le voci dei migranti». L'Assemblea ha espresso gratitudine per ciò che le Chiese fanno per accoglierli e per le strutture che fanno rete in questo ambito di prossimità.
Attenzione a persone con disabilità e a studenti di diverse religioni
Stamani i presenti in Aula erano 346; si è proseguito con gli interventi liberi sui temi 2 e 3 dell’Instrumentum Laboris. Si è sollecitato il rilancio del ruolo delle parrocchie, il coinvolgimento più diretto dei giovani e l’attenzione autentica alle persone con disabilità con la creazione di un consiglio ad hoc. “Senza la riconfigurazione delle parrocchie in reti o piccole comunità di contiguità la sinodalità diventa più lenta e rischia di diventare elemento accentratore”, ha riferito Sheila Pires, segretario della Commissione per l’Informazione sul Sinodo. Altre questioni affrontate: quella delle “reti virtuali”, come Talitha Kum, e il modo per agganciarle alle Conferenze episcopali; la proposta di una piattaforma comune per gli studenti di diverse religioni che frequentano le scuole cattoliche. Peraltro proprio gli studenti saranno coinvolti in qualche modo nell'andamento del Sinodo quando, nella giornata di domani, i cardinali Jean-Claude Hollerich e Mario Grech, suor Leticia Salazar e il vescovo Daniel Flores si renderanno disponibili a un incontro con alcuni universitari sugli argomenti in discussione nell'assise.
Più collegamento tra Curia romana e comunità locali
Il prefetto Paolo Ruffini ha riferito dell’importanza attribuita alla missione dei religiosi, fondamentale per il servizio visti i luoghi di grande sofferenza e disagio o dell’educazione dove i religiosi operano. Riguardo al tema cruciale della relazione tra sinodalità e primato, si è richiamata la sostanza di quanto già condiviso nei forum di ieri, aperti al pubblico. «Serve concretezza — ha aggiunto Ruffini — ed è in qualche modo sorprendente che, a tanti anni dal concilio Vaticano II, non sia ancora più chiaro lo statuto teologico delle Conferenze episcopali». Presentata poi la proposta di consultare di più le Chiese locali quando si preparano i documenti, anche da parte della curia romana. È stato inoltre sollecitato a chi lavora nei Dicasteri di recarsi più spesso in visita presso le piccole comunità e le varie diocesi, per uno sguardo sul campo dell’operato svolto.
Costruire relazioni fraterne non è scontato
Il vero rinnovamento della Chiesa è imitare Gesù che è andato verso le persone. Quindi è la Chiesa che deve fare lo stesso, deve muoversi, senza aspettare che siano riempite le chiese. Così Suor Samuela Maria Rigon, superiora generale delle Suore della S. Madre Addolorata (Italia), nel suo intervento al briefing di oggi in cui ha riferito che una delle esperienze che più l’ha colpita dell’assemblea sinodale, anche quest’anno, è stata l’universalità. “Si può entrare in contatto con realtà del mondo di cui nessuno parla e con vocazioni, funzioni e ruoli diversi nella Chiesa”, ha detto osservando che un quarto dei partecipanti sono laici, giovani, religiosi e tutti hanno possibilità di parola. Un passo molto significativo, questo, sebbene non manchino anche tensioni per posizioni diverse su alcuni temi ma, ha precisato, “non si tratta di polarizzazione bensì di polarità plurime. Forse non siamo abituati ad abitare le polarità, come per esempio quella uomo/donna”. La religiosa ha sottolineato la necessità di tornare alla dimensione sorgiva della Chiesa: costruire relazioni fraterne. “Non è scontato che siamo capaci di gestire le relazioni.
Il sinodo nella Chiesa asiatica, un cammino soddisfacente
Al cardinal Charles Bo, arcivescovo di Yangon (Myanmar), presidente della “Federation of Asian Bishops’ Conferences” (F.A.B.C.), e membro del Consiglio Ordinario, il compito di tracciare un breve quadro degli effetti del cammino sinodale in Asia che in parte ha coinciso con l’organizzazione del recente viaggio del Papa nel continente. Il rinnovamento della Chiesa asiatica è tangibile sotto diversi profili: dal maggiore coinvolgimento dei giovani nell’ambito dell’evangelizzazione digitale ad un uso più spiccato della creatività nella pastorale, a un clericalismo che si sta cercando di superare nonostante le forme di resistenza da parte di alcuni vescovi che “hanno timore di perdere autorità e privilegio”. La questione riguarda anche il fatto che “a volte i cambiamenti vengono visti come qualcosa di imposto dall’esterno”. Poi c’è il problema dell’armonizzazione di diverse culture, del bisogno di maggiori risorse, di una evangelizzazione che deve fare i conti con lunghissime distanze geografiche, delle donne per le quali è davvero difficile assumere ruoli di leadership anche per influenza di alcune appartenenze religiose. Nonostante le grandi sfide, la F.A.B.C. si può dire comunque soddisfatta, afferma il porporato, perché “la Chiesa in Asia vuole ascoltare tutti, e l’attuale sinodo è un passo di notevole importanza in questa direzione”.
Bisogno di cambiamento nella Chiesa, anche nelle strutture
“Il mondo oggi ha bisogno di ascoltare”, così il cardinale Gérald Cyprien Lacroix, arcivescovo di Québec (Canada), una facoltà che “dovevamo scoprire”, soprattutto “ascoltare meglio chi è diverso da noi”, in un mondo, ha osservato, in cui “si usano solo armi e bombardamenti come risoluzione dei problemi. Avevamo bisogno di sederci insieme non come si fa in azienda ma per ascoltare lo Spirito, alla ricerca non tanto di risultati, ma dei frutti del Regno di Dio”. L’auspicio espresso da monsignor Pedro Carlos Cipollini, vescovo di Santo André (Brasile), è che dal sinodo emerga comunque un cambiamento, egli parla di conversione, che individua in una triplice direzione: nel modo di esercitare la missione, attraverso i media, per esempio; nel modo di concepire le strutture; nel modo di approfondire la vita spirituale.
Adattare il linguaggio al nostro contemporeaneo
Di decentralizzazione tra Roma e Conferenze episcopali, e di relazione tra tempo dell’ascolto e implementazione dei cambiamenti, si è parlato poi nello spazio delle domande. Il tema del conferimento di maggiori poteri alle Chiese locali «non nasce oggi — ha spiegato il prefetto Ruffini —, ma è oggetto di una lunga riflessione nella storia della Chiesa, almeno dal concilio Vaticano II. È normale che su questo ci siano, e ci siano stati nel corso di questi giorni, interventi anche diversi e non tutti concordi: occorre pazienza». La cosa fondamentale, ha aggiunto, suor Rigon, «è riconoscersi nella stessa dottrina e credere tutti in Dio uno e trino, poi è naturale che oggi siamo chiamati ad adattare il linguaggio e i modi al luogo e al tempo che viviamo». In merito al punto specifico che riguarda alcuni organi collegiali, come la possibilità per esempio di rendere obbligatori i consigli pastorali nelle parrocchie «viviamo certamente delle tensioni buone, positive, con posizioni differenti che dimostrano vitalità — ha detto Lacroix — pertanto siamo chiamati ad avere un atteggiamento di apertura vicendevole». Anche rispetto al rendere più efficace il rapporto tra dicasteri della Curia romana e conferenze episcopali e diocesi, ha aggiunto, «c’è ancora strada da fare insieme, ma sono stati fatti passi avanti».
Verso un ministero dell'ascolto?
Qualcuno ha anche parlato della possibilità di istituire uno specifico ministero dell’ascolto «ma pure qui — sono parole di Ruffini — ci sono riflessioni aperte e aspettiamo le relazioni dei circoli. C’è chi vorrebbe un ministero, e chi un servizio, ma il carisma dell’ascolto naturalmente non sarà mai esclusivo solo di alcuni». Questo Sinodo, gli ha fatto eco il cardinale Bo, è «diverso perché è davvero un processo, e il mio auspicio è che una volta terminati i lavori ciascun vescovo possa pensare di aprire un sinodo diocesano a casa propria per proseguire quanto iniziato». «A mio avviso — è intervenuto monsignor Cipollini — la conversione è lenta perché legata alla libertà di ciascuno, e richiede tempo perché è un dialogo con Dio. Oggi siamo nella società in cui tutti vogliono parlare, ma nessuno ascolta più».