Nei momenti difficili, quando stiamo male, la cosa più normale è andare dalla mamma, chiedere il suo aiuto. Succede da bambini, da adulti e anche nella preghiera. Non a caso quando scompare una persona cara si recita il Rosario e l'Ave Maria la impariamo sin da piccolissimi. Naturale allora che nei giorni segnati da un virus terribile, i vescovi abbiano deciso di "affidare" l'Italia alla Madre celeste.
La sede da dove è avvenuta la preghiera di affidamento, il 1° maggio scorso, è dal santuario mariano di Caravaggio, scelto non a caso poiché è al centro tra Bergamo e Cremona, due delle zone più colpite dal contagio. Nella semplicità degli atti, l'affidamento, il consacrarsi a Maria hanno inteso mettere nelle mani di Maria la vita personale e di tutta l'Italia, sapendo che Maria la presenterà al Dio. Perché il compito della Vergine è proprio questo: portare al Padre Buono tutto quello che chiediamo a lei, con la dolcezza e l'amore che solo una madre è capace di dare.
Il vescovo di Cremona, mons. Napolioni ha chiesto alla Madre celeste che il gesto della consacrazione «possa aiutare l’Italia a continuare ad essere unita, come è stato nelle prime settimane della pandemia». Il rischio, in caso contrario, «è che la stanchezza e le polemiche politiche possano avere la meglio».
Ai piedi della Madonna con l’intera Penisola, a cominciare dalle zone dell’epicentro Covid. «Qui – racconta il vescovo – il traffico delle ambulanze insieme con il suono delle sirene è stato la nostra colonna sonora. Ora è diminuito, ma quando ne sentiamo una si risveglia il nostro dolore. Sappiamo che la lotta va avanti, nelle terapie intensive e non solo. Ci vuole vigilanza sul territorio e rispetto delle misure di distanziamento fisico. Dobbiamo andare avanti con pazienza, esercitando un grande discernimento che ci consenta di non cadere nel panico o nella superficialità. È un esame, una prova di maturità»