Dottrina delle indulgenze
di G. Cantaluppi
«Tu, fratello mio, hai versato del sangue. Non è possibile che non paghi per il tuo delitto…Vai col cuore in pace a confessare il tuo crimine. Va’ in mezzo alla strada, inginocchiati e di’ a tutto il mondo: “Ho commesso un delitto”. Solo così potrai cancellare la tua colpa».
Con queste parole, nel romanzo Delitto e castigo di Fèdor Dostoevskij, Dunja esorta il fratello Raskòlnikov a costituirsi per autodenunciarsi del duplice delitto commesso. E solo quando il giovane studente, dopo alcune titubanze, troverà il coraggio di compiere questo passo, accettando la pena dei lavori forzati, «sente germogliare dentro di sé un sincero rimorso per il crimine commesso e il genuino desiderio di espiarlo» e così «rinasce un uomo nuovo». Sono parole che aprono la nostra mente al problema del perdono e della pena e che tocca quello delle indulgenze.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma che «l’indulgenza è la remissione dinanzi a Dio della pena temporale per i peccati, già rimessi quanto alla colpa, remissione che il fedele, debitamente disposto e a determinate condizioni, acquista per intervento della Chiesa, la quale, come ministra della redenzione, autoritativamente dispensa ed applica il tesoro delle soddisfazioni di Cristo e dei santi» (n. 1471).
La pena temporale è la pena che rimane da scontare anche dopo essersi confessati. Nella confessione infatti viene rimessa la colpa (il peccato), e la pena eterna, se uno ha dei peccati mortali. La pena eterna è l’inferno. Ma nonostante queste remissioni rimane nell’anima ancora l’inclinazione al male. Sebbene attutito, rimane quel difetto che precedentemente aveva portata a peccare. Inoltre non sempre il nostro pentimento è perfetto.
Queste pene vengono dette “temporali” perché sono legate ad un determinato tempo di purificazione e si distinguono da quelle eterne dell’inferno.
Ora le pene temporali possono essere scontate in questa vita con varie purificazioni che preparano l’anima ad entrare in Paradiso. Oppure vengono scontate nell’altra vita, nel Purgatorio. L’indulgenza riguarda dunque la remissione della pena, non della colpa. Questa viene rimessa già nel sacramento della Penitenza.
Le indulgenze sono “parziali” o “plenarie” a seconda che liberino in parte o in tutto dalla pena temporale dovuta per i peccati. Ogni fedele può acquisire le indulgenze per se stesso o applicarle ai defunti. La dottrina delle indulgenze poggia sui meriti di Cristo che sono infiniti. A questi meriti si aggiungono quelli dei santi.
La Chiesa, alla quale Cristo ha dato ogni potere in cielo e in terra per quanto riguarda la salvezza delle anime, attinge da questo tesoro immenso per condonare in parte o totalmente la pena che rimane da scontare. Come si vede, è una comunione di amore e di aiuto fraterno. Tuttavia va ricordato che nessuno può ottenere l’indulgenza plenaria se non ha alimentato dentro di sé il rifiuto totale del peccato.
Scriveva Benedetto XVI: «Nell’ambito spirituale tutto appartiene a tutti. Il bene di un altro diventa il mio e il mio diventa suo. Tutto viene da Cristo, ma poiché noi gli apparteniamo, anche ciò che è nostro diventa suo ed è investito di forza salvifica. È questo ciò che si intende con le espressioni “tesoro della Chiesa” o “meriti” dei santi. Chiedere l’indulgenza significa entrare in questa comunione di beni spirituali e mettersi a propria volta a sua disposizione».