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Nota località turistica, porta il nome della martire Marina, ma ha come patrono san Giuseppe. Egli ha accompagnato la comunità dal lontano passato alla moderna attualità.
La sua festa, tra tradizione e novità, rivive nella nuova chiesa parrocchiale a lui dedicata.

Santa Marinella è una cittadina che si affaccia sul mar Tirreno a nord di Roma. Per i turisti essa è la Perla del Tirreno, ma ha origini antichissime, ricche di storia e di reperti archeologici. Nell’epoca preromana e durante la dominazione di Roma aveva il nome di Punicum, che sembra indicare l’albero di melograno (Ad malum punicum) che stava nei pressi di una stazione per il cambio dei cavalli.

Dopo la caduta di Roma, intorno all'anno 1000 d.C. una comunità di monaci Basiliani, originari del Medio Oriente, dall’Italia meridionale risalì il Tirreno insediandosi sul promontorio ove oggi sorge il castello Odescalchi, costruendo il villaggio, il monastero e una piccola chiesa annessa dedicata a santa Marina (Margherita) di Antiochia; introdussero così il culto della santa eponima della città, di cui propagarono la devozione.

La chiesetta di santa Marina era incorporata nel castello Odescalchi come cappella di palazzo. Nel 1435 papa Eugenio IV concesse in proprietà la tenuta di Santa Marinella ai canonici che reggevano l’ospedale romano di Santo Spirito in Sassia, ma nel 1887 la tenuta fu venduta dall’ospedale al principe Baldassarre Odescalchi. Anche la famiglia Pacelli acquistò una villa lungo la via Aurelia di fronte all'attuale Ospedale del Bambino Gesù dove, fin da piccolo, Eugenio Pacelli, divenuto papa col nome di Pio XII, trascorreva le vacanze. Proprio per intervento di Francesco Pacelli, fratello di Eugenio, la famiglia reale dei Savoia a seguito dei Patti Lateranensi donò la propria villa di Santa Marinella all'attuale Ospedale del Bambino Gesù, che nel dopoguerra diventerà un centro d'eccellenza sul territorio, soprattutto in campo pediatrico. È a partire dagli anni Cinquanta che Santa Marinella diventa la Perla del Tirreno, talvolta anche chiamata Perla dei VIP, meta estiva dei romani.

La storia di san Giuseppe a Santa Marinella inizia alla fine del Seicento. Quando la famiglia Odescalchi fece alcuni lavori nella piccola cappella di santa Marina, essa passò a essere dedicata al Padre putativo di Gesù. Nel 1703 la chiesetta venne eretta a parrocchia per la cura di un centinaio di anime. Con lo sviluppo turistico della zona, la chiesa viene ampliata tra il 1911 e il 1915 insieme alla casa parrocchiale, sotto la cura di don Augusto Ranieri. Quella prima chiesa di san Giuseppe (ora ritornata alla prima invocazione di santa Marina con decreto del vescovo mons. Gino Reali) restò chiesa parrocchiale sino al 1958, anno in cui viene edificata la nuova monumentale chiesa di Via della Libertà per opera del parroco don Ostilio Ricci. 

Passiamo a raccontare qualcosa della festa di san Giuseppe, che nei decenni passati godeva di grande popolarità. Il santo patrono Giuseppe era onorato con festeggiamenti popolari, con le corse di cavalli, corse nei sacchi, albero della cuccagna. Ma il momento culminante era la solenne processione per le vie della città con la statua del Santo trasportata a spalla. Le finestre e i balconi che si affacciavano sul percorso venivano adornati con coperte multicolori, strutture in legno ricoperte di fiori, piante e luci. Su alcune finestre sedevano bambini vestiti da angeli, figure che, al tremolio delle fiammelle di ceri e candele, creavano una atmosfera surreale. E poi vi era grande folla, con i ragazzi della prima Comunione e Cresima che indossavano gli abiti di cerimonia e facevano ala alla statua del Santo. Tante erano le confraternite laicali con i loro stendardi, le Autorità, la banda musicale e poi il parroco sotto un baldacchino finemente decorato e sorretto da quattro aste. Le campane venivano suonate a mano e accompagnavano festosamente tutto il rito. 

Ma il momento più emozionante, almeno per i più piccoli, (siamo attorno agli anni Cinquanta) era il passaggio della processione davanti alla casa di Pasqualino Percuoco, noto personaggio all'epoca, che dava il via ai fuochi d'artificio con botti fragorosi.

La partecipazione della gente era tanta. Tutti portavano i vestiti della festa, confezionati con stoffe sgargianti per l’occasione. Tutto sembrava una immensa tavolozza policroma. E poi c’erano i profumi che dalle case inondavano le vie; il pranzo della festa terminava con le frittelle di san Giuseppe, antica ricetta conservata nella memoria delle nonne e delle mamme di allora.

Oggi purtroppo di tutto questo non resta niente. C’è ancora la processione, partecipata da centinaia di fedeli che aumentano lungo il percorso, talvolta dimezzato per non ostacolare il traffico automobilistico. Vi sono ancora le bancarelle con dolciumi, panini, abbigliamento. Le giostre con le musiche assordanti sono prese d'assalto da nugoli di giovani, per provare qualche istante da brivido. A tarda sera si svolge lo spettacolo musicale e fuochi d'artificio. Di tutto questo che resta? Il giorno dopo è un altro giorno… Resta un po' di nostalgia? Sì, a noi che abbiamo vissuto in quegli anni lontani la festa di san Giuseppe "frittellaro".

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