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di Angelo Forti

In tutte le culture del mondo i nomi hanno sempre un significato simbolico: si può riferire ad una luogo, ad una qualità morale. Gli antichi romani hanno espresso questo significato con un giuoco di parole Nomen omen, cioè il nome è un presagio. Anche nella Bibbia molti personaggi entrano in scena e sono spiegati revocando vicende che hanno acquisito un valore simbolico. Abramo significa “Il padre è stato esaltato”; Emanuele, riferito a Gesù “Dio con noi”, Gesù chiama Simone con un nuovo nome “Kefa”, pietra, e Pietro diventa “pietra”, simbolo della stabilità. Anche il nome Giuseppe significa “colui che aggiunge”. 

Rimanendo nel filone del simbolo, possiamo leggere le iniziali del suo nome come la sintesi di un capitale morale che egli ha aggiunto anche alla nostra vita con l’esercizio di questa qualità morale e con la sua intercessione. Se consideriamo le lettere iniziali di Joseph scopriamo un’aiuola un eccellente splendore di qualità morali.

  • La prima qualità con cui l’evangelista chiama Giuseppe è quella di essere uomo “giusto”, specchio di Justitia. La giustizia di Giuseppe nasce dalla consapevolezza che di aver ricevuto in gestione una singolare missione: quella di essere accanto a Gesù come “ombra”, riflesso del Padre, creatore dei cieli e della terra.
    Egli sta davanti a Dio come collaboratore e fedele esecutore di un progetto di grazia che gli è stato conferito con tanto fiducia nella sue qualità umane e di fede: una totale disponibilità.
  • La seconda qualità è l’obbedienza. Ogni volta che l’evangelo nomina Giuseppe è per affidargli un compito. Non sa dove i desideri di Dio lo condurranno, ma egli ha fiducia che tutto è al servizio del bene dell’umanità.
  • La “s” è l’iniziale del silenzio. San Giuseppe non ha detto una parola registrata nell’evangelo, ma ha scritto un’importante e fondamentale pagina della storia della salvezza. Questo silenzio ci insegna che è più importante ascoltare Dio prima che parlare di Dio.
    San Giuseppe aveva intuito che era necessario stabilire un giusto rapporto tra le parole e il silenzio, in esso si rincorrono un pianeta di realtà.

  • La quarta lettera che incontriamo è la “e”.
    Questa lettera nella lingua italiana ha un ruolo di congiunzione che in questo caso possiamo leggere come collegamento tra i sentimenti del cuore trasmessi all’energia delle mani. Il suo mestiere di carpentiere gli conferiva la qualifica di artigiano, cioè una capacità artistica di connettere le squisite qualità umane ad un eccellente rapporto con il prossimo.
  • La “p” questa la lettera è all’origine della parola “prudenza”. La prudenza è definita da san Tommaso d’Aquino come «retto giudizio delle cose fattibili». La prudenza gioca il suo ruolo attraverso il triangolo di tre qualità umane: la memoria del passato, la compressione del presente e la previdenza del futuro. Da queste sorgenti di grazia san Giuseppe scopre sempre e con prontezza la direzione di marcia cui Dio lo chiama.

  • La lettera “h” nella lingua italiana non ha alcun suono e fa da supporto a qualche vocale nei verbi. In latino è la lettera iniziale di “humilitas”, qualità umana che costituisce il fondamento di ogni rapporto autentico con Dio. L’ha cantato la vergine Maria davanti alla cugina Elisabetta e san Giuseppe l’ha condiviso per tutta la sua vita. Gesù nella sua predicazione ha fatto riecheggiare questa virtù praticata da san Giuseppe, quando ha detto: Imparate da me che sono mite ed umile di cuore.

San Giovanni Paolo II nella sua Esortazione apostolica su San Giuseppe “Redemptoris custos” ha scritto: «San Giuseppe è l’uomo dell’interiorità, l’uomo capace di vivere dell’interiorità, uomo capace di vivere una profonda contemplazione, in quotidiano rapporto con il mistero divino».

Contemplare significa avere gli occhi fissi  sulla missione assegnata alla nostra vita. In Giuseppe lo sguardo si faceva invocazione per comprendere.