La scuola dell’infanzia è la palestra dove il bambino afferma sé stesso e nel medesimo tempo si apre verso il mondo degli altri. Con uno strumento in evoluzione che è il linguaggio
di Ezio Aceti
Entriamo ora nella scuola dell’infanzia per scoprire l’affascinante esperienza dei bambini che crescono sempre più autonomi eppure desiderosi di stare con gli altri. La scuola dell’infanzia risponde ai bisogni del bambino in maniera peculiare; è un’esperienza unica perché si svolge in gruppo e con la presenza di figure educative preparate. In questa seconda parte ci occuperemo dei risultati che la scuola favorisce.
1. Sviluppare l’autonomia
L’autonomia è per il bambino una conquista meravigliosa: impara a fare da solo e ne sente tutti i benefici. Esprime quindi la volontà di fare da sé; quando viene messo nelle condizioni di agire autonomamente, non si tira indietro e con competenza si impadronisce dello spazio a sua disposizione: apre i cassetti (se non sono troppo in alto), alza i tappeti (se non sono troppo pesanti), ha cura del materiale (se lo ha scelto, se è interessante, se non è rotto o brutto...).
È evidente che il bambino risponde bene alle richieste degli adulti se è messo nelle condizioni adeguate: difficilmente un bambino imparerà a coordinare i movimenti se non può correre liberamente, così come gli sarà impossibile apprendere la consistenza degli oggetti senza manipolarli e guardarli da vicino. Sono meravigliosi quegli ambienti della scuola dell’infanzia dove nulla sembra in ordine eppure tutto è al suo posto!
L’autonomia del bambino riguarderà anche il controllo sfinterico, l’uso delle posate, come pure indossare ciabatte e giacca, pulirsi il naso... Se siamo di fronte a un bambino pigro nella conquista delle autonomie riguardo a questi ed altri simili aspetti, ciò generalmente dipende dal fatto che non è stato messo nelle condizioni di esplorare con libertà uno spazio.
Resta sempre vero che ogni bambino ha un suo personale sviluppo fisico e cognitivo, in quanto ci possono essere bambini con qualche immaturità, il cui sviluppo – pur seguendo un percorso lineare – è più lento rispetto ai coetanei. Ci possono poi essere casi di ritardo nell’autonomia a motivo di problematiche genetiche, ma per questi bambini è necessario un intervento più mirato, con percorsi educativi speciali.
2. Sviluppare il mondo
relazionale
La vita è relazione e nella scuola dell’infanzia tali occasioni sono molteplici. Per un bambino, la relazione con i suoi pari è tanto desiderata quanto temuta: ogni incontro porta con sé la gioia dello stare insieme, la complicità nel gioco e nelle scoperte, il sostegno nell’affrontare ciò che fa paura, la conoscenza di sé stesso attraverso gli occhi dell’altro. Al contempo, ogni relazione mette in discussione l’egocentrismo di cui il bambino è intriso: la visione di sé come soggetto al centro del mondo subisce uno scossone quando un altro si pone al suo stesso livello e chiede per sé le medesime attenzioni. Col tempo, tuttavia, un compagno di viaggio aiuta a superare il proprio individualismo e a comprendere le necessità e i desideri dell’altro, a rispettarne i tempi e le attitudini.
Un’altra esperienza significativa per il bambino è quella del gioco. Il grande pedagogista svizzero Jean Piaget (1896-1980) diceva sempre che «il gioco è il cibo per la mente». All’inizio della scuola dell’infanzia il gioco del bambino si svolge in parallelo con quello avviato dai compagni: sebbene si possa assistere a situazioni in cui più bambini si dedicano alla medesima attività nello stesso luogo, bisogna riconoscere che stanno mettendo in scena giochi indipendenti. Nonostante ciò, la presenza del compagno lo rende più sicuro anche nel proprio gioco; guardando e imitando l’attività del coetaneo, il bambino può incrementare le sue competenze, sviluppare pensieri creativi, trovare lo slancio a inventare qualcosa di nuovo. E quando litigano per il gioco? Anche in questo caso, non mancano certo le situazioni in cui dal gioco collaborativo si possa passare al disaccordo e anche al conflitto: la condizione di scontro tra pari aiuta il bambino a scoprire il suo mondo emotivo e quello del compagno, lo mette nelle condizioni di misurare le sue reazioni e le conseguenze dei suoi comportamenti. La verità è che il conflitto è estremamente salutare per i bambini, più di quanto gli adulti siano propensi a pensare; se il conflitto è espresso apertamente attraverso l’uso della parola che riesce a esprimere una propria volontà in disaccordo con quella dell’altro, il bambino può gradualmente imparare a gestirlo e a trovare un modo per risolverlo senza tacere il proprio punto di vista o umiliare l’altro. Nei rapporti con i compagni alla scuola dell’infanzia il bambino impara così a rimanere nel conflitto, senza avere una persona adulta che sempre lo “salva” dalla difficoltà e gli impedisce di sentire le emozioni che prova o di ingegnarsi nel trovare strategie risolutive.
3. Sviluppare lessico
e linguaggio
L’interazione con i coetanei favorisce lo sviluppo lessicale del bambino mediante l’acquisizione di parole nuove e l’interiorizzazione di gerghi e modalità espressive particolari. A questo proposito risulta importante ciò che i genitori e gli educatori mettono in campo in termini di linguaggio. Purtroppo si constata a volte l’acquisizione da parte di bambini piccoli di un linguaggio volgare e scorretto perché imitativo di quanto ascoltato in famiglia. È per questo motivo che gli adulti dovrebbero sempre “chinarsi” verso i bambini per rispettare quanto il loro cuore chiede.