di Luigi Crimella
Afine settembre scorso i temi del suicidio assistito e dell’eutanasia sono tornati di grande attualità in Italia. La Corte Costituzionale ha infatti deciso con un pronunciamento in merito al caso DJ Fabo-Cappato di depenalizzare l’“aiuto al suicidio” che l’esponente radicale aveva attuato in forma pubblica e con clamore mediatico per raggiungere il suo scopo di totale liberalizzazione.
Nel comunicato della Corte si sottolineava che erano state esaminate «le questioni sollevate dalla Corte d’assise di Milano sull’articolo 580 del Codice penale riguardanti la punibilità dell’aiuto al suicidio di chi sia già determinato a togliersi la vita». La Corte ha ritenuto «non punibile a determinate condizioni, chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli».
A quali condizioni si può fare
«In attesa di un indispensabile intervento del legislatore, la Corte ha subordinato la non punibilità al rispetto delle modalità previste dalla normativa sul consenso informato, sulle cure palliative e sulla sedazione profonda continua (articoli 1 e 2 della legge 219/2017) e alla verifica sia delle condizioni richieste che delle modalità di esecuzione da parte di una struttura pubblica del Servizio sanitario nazionale, sentito il parere del comitato etico territorialmente competente».
La Corte sottolineava che «l’individuazione di queste specifiche condizioni e modalità procedimentali, desunte da norme già presenti nell’ordinamento, si è resa necessaria per evitare rischi di abuso nei confronti di persone specialmente vulnerabili, come già sottolineato nell’ordinanza 207 del 2018».
La reazione della CEI
La CEI ha subito diffuso un comunicato nel quale affermava: «Si può e si deve respingere la tentazione – indotta anche da mutamenti legislativi – di usare la medicina per assecondare una possibile volontà di morte del malato, fornendo assistenza al suicidio o causandone direttamente la morte con l’eutanasia». Nel testo si aggiungeva che i Vescovi italiani «si ritrovano unanimi nel rilanciare le parole di Papa Francesco. In questa luce esprimono il loro sconcerto e la loro distanza da quanto comunicato dalla Corte Costituzionale. La preoccupazione maggiore è relativa soprattutto alla spinta culturale implicita che può derivarne per i soggetti sofferenti a ritenere che chiedere di porre fine alla propria esistenza sia una scelta di dignità». La nota della CEI proseguiva affermando che «i Vescovi confermano e rilanciano l’impegno di prossimità e di accompagnamento della Chiesa nei confronti di tutti i malati. Si attendono che il passaggio parlamentare riconosca nel massimo grado possibile tali valori, anche tutelando gli operatori sanitari con la libertà di scelta (obiezione di coscienza, ndr)».
Il parere del Movimento per la Vita
Nel comunicato diffuso all’indomani della decisione, il Movimento per la vita ha espresso «lo sdegno e l’amarezza di tanti per questa grave sconfitta civile di cui si è fatta responsabile la Corte Costituzionale. Una sconfitta per tutta la società. La Corte, dalle scarne informazioni appena ricevute, ha calpestato le regole della democrazia arrogandosi un potere che non le compete (…) Una prepotenza che avrà purtroppo i suoi effetti nefasti sulla solidarietà. Verranno meno le ragioni profonde della prossimità e dell’assistenza. Con tutte le drammatiche conseguenze sul Servizio sanitario nazionale. La sofferenza non si combatte con il farmaco letale, ma con la terapia del dolore e le cure palliative.
È necessario reagire... Ci resta la speranza che il Parlamento intervenga almeno per evitare le peggiori derive, che la coscienza dei medici si rifiuti di collaborare ad atti che cagionano la morte, che la medicina palliativa e la terapia del dolore sia davvero diffusa su tutto il territorio nazionale, che si rinforzino legami e relazioni di autentica solidarietà, perché come abbiamo detto tante volte la morte si accetta e non si cagiona. Questo è civiltà».
Così alcuni politici
Tra le numerose dichiarazioni da parte di esponenti politici di tutti gli schieramenti, la senatrice Paola Binetti (Udc) aveva subito espresso una valutazione negativa: «Una brutta pagina con pessime conseguenze.
Si rende facile l’accesso al suicidio mediamente assistito. Il Parlamento dovrà rivedere le condizioni indicate dalla Consulta». Più possibilista il deputato Stefano Ceccanti (Pd) secondo il quale «la Corte lascia ampia scelta al legislatore per attuare con equilibrio una parziale depenalizzazione». Matteo Salvini (Lega) ha invece espresso la sua totale contrarietà affermando che «la vita è sacra e da questo principio non si torna indietro».