di Vito Viganò
Con gli anni è normale che i parametri fisici subiscano un degrado. Cervello e vita mentale conservano invece una buona vitalità, se non sono compromessi da malattie specifiche. La vita attiva si riduce, lasciando più spazio al viversi dentro. Vecchiaia è un tempo di interiorità, gratificante a dipendenza di come si nutre lo spirito, di spunti stimolanti piuttosto che di cianfrusaglie e di distrazioni. L’esperienza di una vita dà spessore alle riflessioni e alla ricerca di senso. È la saggezza degli anziani.
Il passare degli anni comporta variazioni nello stato fisico, con un impatto inevitabile sul proprio modo di viversi. Vecchiaia è soprattutto un graduale ridursi della vita attiva, un passaggio magari lento ma inesorabile, verso una mobilità diminuita. Condizioni fisiche o mentali guastate possono accelerare il processo, rallentato invece se si sta bene e si pratica una buona igiene di vita. L’attuale qualità di vita, con i miracoli di una scienza medica progredita, permette di preservare anche a lungo una mobilità destinata comunque a ridursi.
Per l’anziano è l’esigenza di un delicato cambio di paradigma nel modo di viversi, difficile come una radicale conversione. Se finora il ritmo dell’esistenza è stato impostato su un movimentato “fare”, arriva il momento di uno spazio progressivo a un più tranquillo e semplice “essere”, a un più accurato occuparsi del proprio mondo di pensieri e di sentimenti, della propria interiorità.
Sentirsi bene a casa propria.
Si riducono le ragioni di un andare da qualche parte, di un fare per dimostrare di cosa si è capaci. Assume priorità curare lo star bene con sé stessi, il sentirsi bene anche stando per proprio conto, anche senza le incombenze importanti di un tempo. Se per tutta una vita le faccende esteriori hanno preteso la priorità, adesso è l’interiorità a prendere più spazio, il contatto con sé stessi. È il tempo dell’essere più che dei risultati, del prendere le cose con calma, anche dello stare con le mani in mano, dando senso e provando gusto ai minuti interessi della vita quotidiana.
Vivere il presente.
Ci si è abituati a un vivere in funzione del futuro. Il cambio di paradigma saggio, visto che il futuro si restringe sempre più, è l’impegno a risiedere nel presente, nell’attualità più che nei progetti o nei sogni. Difficile è gestire il conflitto tra i ricordi vivi del personaggio che si è stati e quel che ci risulta dalle condizioni fisiche e di spirito in cui ci si trova. Ogni rammarico per quel che non si è più, o non si ha più, può diventare un inutile spreco di preziosa energia vitale, da spendere invece nel vivere al meglio quel che la realtà attuale permette.
Spazio alla vita dello spirito.
Si cura l’interiorità quando, dall’esterno, si sposta l’attenzione al proprio mondo di pensieri e di stati d’animo. L’esserne consapevoli permette una loro più serena gestione. Si prende tempo per riflettere e dare senso a quel che si vive, per letture stimolanti e condivisioni di idee, per una pratica più accurata della propria fede. L’interiorità è favorita dal tempo passato nella natura, dalla misura nel concedersi attività meno impegnate, o di divertimento. L’esperienza di una vita ha affinato la percezione di quel che è più essenziale nel vivere, per cui si è meno attaccati ed egoisti, meno vanitosi, più pazienti e benevoli nei giudizi.
L’interiorità è una conquista, sbrigativa a dirsi, non facile nella pratica per il radicale cambio di intenti e di interessi che richiede. Può sembrare astratto l’impegno, proprio perché intimo, magari un po’ idealistico. Costituisce comunque un attributo essenziale all’alone di saggezza che si riconosce alla vecchiaia.