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Calendario 2015 della Pia Unione del Transito

di Franco Cardini

 Il calendario 2016 ogni mese è accompagnato da episodi della vita di Gesù raccontati dai «vangeli apocrifi», quasi dei fiumi sotterranei che sostenevano la fede popolare dei primi cristiani. Il prof. Franco Cardini, docente di storia della Chiesa, illustra queste «buone notizie nascoste» che non fanno parte del canone della Chiesa. Nel prossimo numero verranno illustrati gli acquarelli che illustrano i singoli episodi.

La parola greca apòkryphos significa “nascosto”: era così che nelle Chiese cristiane dei secoli I-II s’indicavano quei testi evangelici ebraico-cristiani che venivano tenuti segreti e che si riteneva opportuno non divulgare. E’ ovvio che essi divenissero, col tempo, materia di tradizione iniziatica e che alcuni li ritenessero portatori di verità più alte e profonde, da attingere a un livello esoterico, vale a dire riservato a chi avesse avuto accesso a superiori livelli di conoscenza teologica o mistica.

 

Ed è comprensibile come a partire dal IV secolo, quando le vari comunità cristiana finalmente libere da interdizioni e persecuzioni poterono confrontarsi tra loro in quelle riunioni periodiche dette “concili” e stabilire una progressiva “ortodossia” (cioè “dottrina corretta”), emergessero come “canoniche” (“corretti”, secondo un kanòn, vale a dire una “regola”) le quattro più antiche narrazioni apostoliche (di Matteo, Luca, Marco, Giovanni) mentre per contro i vangeli apocrifi si rivelassero in vario modo portatori di dottrine che invece si era convenuto di ritenere scorrette (“eresie”). Si riconobbe allora che il contenuto di molte narrazioni evangeliche era ispirato a dottrine gnostiche, cioè a un sapere sincretistico pagano-cristiano che si riassumeva nella tesi che alla verità e quindi alla salvezza si potesse giungere attraverso la conoscenza razionale, che naturalmente però veniva tenuta segreta ai più per essere rivelata iniziaticamente ai soli eletti.

La tesi che i vangeli ritenuti apocrifi fossero in tutto o in parte falsi e non divinamente ispirati affiora già nei primi Padri della Chiesa, quali Ireneo e Tertulliano. Ma fu solo con il cosiddetto “Decreto gelasiano”, del 490 circa, si giunse alla formulazione del vangelo apocrifo come “di dubbio valore” e si compilò una lista di sessanta scritture di quel tipo: non solo vangeli, ma anche atti ed epistole apostoliche nonché scritti apocalittici. Vero è tuttavia che i vangeli sono le più note e caratteristiche tra le scritture apocrife neotestamentarie (in quanto esistono anche apocrifi ve­te­ro­te­stamentari, dei quali qui non ci occupiamo): essi nacquero dalla volontà di precisare, ampliare, approfondire alcuni aspetti della vita e dell’insegnamento di Gesù e si presentano come tessuti di racconti alcuni dei quali sembrano verosimili, altri sono più chiaramente ispirati a contenuti fantastici o magici.

In realtà, la Chiesa non ha mai condannato in blocco in quanto falsi tutti i vangeli apocrifi né dichiarato menzogneri tutti gli episodi in essi riferiti e non presenti anche nei canonici: il fatto che parecchie sia no le narrazioni che sembrano state tramandate oralmente a lungo prima di essere fissate per iscritto, ma che potrebbero in qualche modo risalire alla testimonianza apostolica, invita alla prudenza. A livello popolare, poi, sono molti gli elementi ispirati ai racconti apocrifi che sono stati ritenuti e sono passati nella credenza popolare, magari per il tramite iconografico: ad esempio molti particolari collegati alla Natività e all’Epifania o alla Passione (le ostetriche presenti alla nascita del Salvatore, il numero e il nome dei magi, la loro qualificazione regale, i ritratti del Cristo e così via). La tradizione iconica cristiana tanto orientale quanto occidentale (almeno fino alla Controriforma cinquecentesca) ha continuato a divulgare aspetti delle scrittura apocrife nelle rappresentazioni evangeliche dipinte o scolpite. Molti apocrifi sono andati in tutto o in parte perduti: Clemente Alessandrino ci ha tramandato dei passi del Vangelo degli egiziani, mentre Eusebio ci parla di un Vangelo di Pietro. Conosciamo il titolo e qualche notizia di perduti vangeli attribuiti a Mattia, a Filippo, ad Andrea, a Barnaba). Con l’ingresso nella fede cristiana di popolazioni differente da quella ebraica, i vangeli apocrifi cessarono di essere redatti in aramaico: ve ne sono difatti anche in greco, in arabo, in armeno, in amarico e così via. Tra gli apocrifi più famosi e anche autorevoli vanno citati almeno: il Protoevangelo di Giacomo, o Storia della natività di Maria (del II secolo, pervenutoci in lingue e versioni differenti); i Vangeli detti degli ebrei, degli ebioniti, dei nazarei; il Vangelo di Tommaso (anch’esso pervenutoci in varie lingue e da non confondersi con un testo omonimo d’origine chiaramente gnostica); le Memorie di Nicodemo, o Atti di Pilato; la Storia di Giuseppe falegname; il Vangelo arabo dell’Infanzia. Speciale significato va attribuito al Vangelo di Bartolomeo, composto in ambiente gnostico egiziano e contenente insegnamenti attribuiti a Gesù solo dopo la Resurrezione).

Una scoperta sensazionale rivoluzionò nel 1945 il mondo delle nostre cognizioni relative ai vangeli apocrifi allorché furono scoperti a Nag Hammadi presso Kenoboskion nell’Alto Egitto (non lontano da Luxor) 52 scritti gnostici, tra i quali il Vangelo gnostico di Tommaso in lingua copta di circa la metà del II secolo o poco dopo, il Vangelo della Verità, il Vangelo di Filippo, il Vangelo di Maria di Magdala. Tra essi, ha conosciuto un momento di particolare successo nel 2006 – quando venne pubblicato, nel maggio di quell’anno, dalla rivista “National Geographic” – un testo di origine ebraico-“sethiane”, già nito a Ireneo che en aveva parlato nel suo scritto contro le eresie del 180. Si tratta di un testo violentemente contrario alla tradizione degli apostoli, e pertanto appunto detto Il Vangelo di Giuda.

Degli apocrifi esistono varie edizioni con tradizioni italiane: tra esse un “classico”, I Vangeli apocrifi a cura di Marcello Craveri (Einaudi 1969). Echi degli apocrifi dedicati alla Vergine Maria si colgono nella più bella e commovente tra le sure del Corano, la Sura di Maria, la XIX, per la quale si può consultare il bel libro di Ludovico Zamboni, La Sura di Maria nella sapienza islamica (Gruppo Editoriale l’Idea, 2003).