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Non basta averli in testa; occorre che essi diventino vita. E quando vi è un cumulo di impegni o distrazioni, occorre praticare un'“ecologia” spirituale per ottenere un’armonia nel vivere

di Vito Viganò

I valori, che ciascuno di noi sceglie, sono realtà da vivere, da praticare. Se essi esistono solo nella nostra testa, rientrano tra quelle realtà, magari carine, che sono chiamate utopie, velleità e buoni propositi di cui, si dice, è lastricato l’inferno. Peggio ancora se sono ostentati solo per fare bella figura, per costruire una bella facciata dietro cui nascondersi. Ecco un esempio concreto.

«Sono in ospedale, in attesa di una visita medica. L’attesa si prolunga e a un certo punto mi accosta una signora che, discretamente, mi offre un caffè o un’acqua minerale. Le rispondo che sto bene e che non ho bisogno di nulla. Dopo un po’, quando rimango quasi solo, mi chiede se può arieggiare il locale. Sono contento che lo faccia, perché anch’io sento l’aria un po’ pesante. L’attesa prosegue e allora si siede vicino a me per scambiare due parole, molto cortesemente. S’informa di me, vorrebbe andare a sollecitare il mio turno, ma le dico che sto aspettando l’esito di analisi in corso. Approfitto allora per chiederle qual è il suo ruolo in quell’ambiente. Mi risponde che è del gruppo dei volontari dell’ospedale e tutte le settimane passa il giovedì pomeriggio in quel reparto ad assistere i pazienti in attesa. Le chiedo se non le pesa tale impegno tutte le settimane, una mansione così delicata. Mi risponde che lo fa molto volentieri. E, da come ho osservato i saluti che le rivolgono quelli che se ne vanno, sembra proprio che la sua presenza sia apprezzata. Ecco una pratica concreta di solidarietà: distribuire attenzioni e gentilezze per alleviare le ansie o le noie dei pazienti».

Valori: le vicende di una storia. Sono i genitori che, con l’esempio e la parola, introducono i figli a comprendere ciò che serve per vivere bene. Essi hanno il diritto di trasmettere ciò che considerano come valore e d’altra parte il legame affettivo induce i figli a fidarsi di loro e a imitarli.

Ma poi l’adolescenza mette in discussione e magari rifiuta ciò che prima andava bene. I ragazzi aspirano a vivere a proprio modo, secondo valori comuni all’età o al gruppo. Si arriva solo in seguito a recuperare quel che prima si è rifiutato, siano essi un corso interrotto di studi o la pratica abbandonata della religione.

Lungo il corso del vivere scatta la magia della scoperta di nuove realtà che aggiungono senso e gusto al vivere. Può essere un hobby o un’attività fisica appassionanti, la professione che abbiamo sognato o la conversione alla fede. Mentre alcuni valori durano tutta l’esistenza, altri si affievoliscono fino a scomparire, come il giocare con gli amici quando si è presi dalla famiglia e dai nipotini; oppure l’impegno politico che rimane deluso e frustrato da meschini giochi di potere. Ogni valore ha la stessa fragile precarietà di ciò che è vivo, che si ammala e può morire.

Dedicarsi a praticarli. I valori sono dinamismi che danno intensità al vivere. Sono idee e convinzioni, realtà virtuali, dunque, che dipendono però da una pratica concreta: attenzioni, energie, tempi spesi per guadagnare i vantaggi che assicurano.

Se non si praticano, alla solidarietà si sostituisce un rinchiudersi egoistico sui propri affarucci. Se non suono il mio strumento preferito, pian piano perdo il gusto, perché l’esito si fa mediocre. Se la mia pratica religiosa si riduce a un minimo di abitudine o a un “tanto per farlo”, non arrivo a impostare il mio vivere su una dimensione di fede sentita. Se non spendo il mio tempo a stare coi figli, ad ascoltarli, a seguire le loro attività, il mio rapporto con loro perde freschezza, scivola penosamente verso un distacco, spiacevole per me e deleterio per loro.

Un’ecologia dei valori. Nel cammino dell’umanità non manca mai la situazione spiacevole, dovuta a un cumulo di modi di essere e di fare, in cui l’uno o l’altro tra i valori essenziali al buon vivere è trascurato o calpestato. Si verificano travisamenti nel determinare quel che vale, provocati da seduzioni ingannevoli, dall’arroganza del potere e del possesso. A volte c’è la scelta del più facile, del più comodo, o il peso di debolezze e fragilità, o l’impatto di traumi non risolti. Si dice che oggi ci vuol poco per essere sviati nella pratica dei propri valori, sommersi come siamo dalla quantità di stimoli, di richieste d’interesse e di promesse di felicità che arrivano da tutte le parti. È il rischio di un darsi da fare per cose meno valide e dignitose, mentre i propri valori restano relegati in un cantuccio ad attendere tempi migliori. Per “curare l’ecologia” nella pratica di quel che vale, occorre il rispetto di una misura, la ricerca di un’armonia gratificante. Perché se a un valore si attribuisce importanza e dignità assolute, il rischio che si corre è l’infatuazione, il fanatismo, che induce a svalorizzare il resto. Ci sono bisogni diversi e concomitanti, a volte in contrasto, che esigono un saggio comporsi perché creino benessere. Tempo ed energie vitali sono limitati; “ecologia” è la prudenza della coperta corta: se si tira troppo di sopra, resta scoperto il sotto. Risorse investite in eccesso in una realtà lasciano mortificati altri valori essenziali. È giusto l’attaccamento ai valori acquisiti, ma preziosa è pure l’apertura a scoprire qualche altra “pepita d’oro”. Con la saggezza di dedicarsi anche a quel che costa, a ciò che è impegnativo e difficile, quando risulta essere ciò che assicura un vivere pieno.