Nello scenario vorticoso di Roma non si trova solo indifferenza. La Parrocchia di santa Prisca organizza mensilmente la “festa dei poveri”.
Una testimonianza, insieme a tante altre, della vita della Chiesa nell'Urbe
di Alba Arcuri
Lʼappuntamento è intorno alle 11 di sabato, il terzo del mese. Siamo nella Parrocchia di santa Prisca all’Aventino, tra le zone più belle di Roma. Il cancelletto che conduce al giardino pensile è aperto, fuori c’è già qualcuno in attesa. Dentro il giardino, alcune suore e un gruppo di ragazzi velocemente dispongono tavoli e sedie sotto i tendoni, puliscono, sistemano le tovaglie di carta, apparecchiano. Tutto deve essere pronto per l’arrivo degli ospiti. Non è un ristorante, non un banchetto: è la “festa dei poveri”.
Così la definisce il parroco, padre Pavel Benedik, agostiniano originario della Slovacchia, che ha ridato vita a una vecchia iniziativa di carità della parrocchia. È una delle tante nella Capitale, per distribuire il cibo ai poveri. «Non è difficile trovare un pasto a Roma, ma qui – spiega il parroco –
vorremmo che almeno una volta al mese i poveri, i senza fissa dimora che ruotano intorno all’Aventino, potessero sentirsi accolti, seduti e serviti. Non siamo una mensa sociale – dice ancora padre Pavel – per quella c’è il Comune. Qui è diverso: lo facciamo come segno di carità».
A sostenerlo in questo compito le suore di santa Giovanna Antida Thouret, le Ancelle di Maria Immacolata, giovani coppie e alcuni parrocchiani di vecchia data, come Simona, veterana delle iniziative parrocchiali; c’è pure qualche bambino del catechismo della Cresima con i genitori. E ci sono i giovani della Fraternità dei santi Aquila e Priscilla, che frequentano questa parrocchia. Padre Pavel li riunisce tutti in cerchio, assegna i compiti a ciascuno: chi distribuisce il cibo nei piatti, chi smista i rifiuti. Ai ragazzi chiede di servire i poveri, tavolo per tavolo.
«Da quando ci sono loro, riusciamo a fare tutto meglio; sono più veloci, sono davvero bravi», racconta suor Aloidia, originaria della Polonia, che vive nel convento poco distante delle Ancelle di Maria Immacolata. «Sono studenti dai 16 anni in su, universitari o giovani lavoratori, vengono da diverse parti di Roma, perfino da Anagni – racconta padre Pavel – e mi trovo benissimo con loro. Magari all’inizio qualche incomprensione su come organizzarci, ma ora fila tutto liscio. Si sono integrati nella realtà parrocchiale». Aggiunge: «Con questi ragazzi è la fede che ci unisce. Loro vengono qui, a servire a mensa, per la fede che hanno. È un servizio gratuito e anche un’occasione di crescita. Si fa per la fede, non c’è altro scopo». Padre Pavel è contento di essere riuscito a coinvolgere anche le famiglie, i bambini e i catechisti; all’inizio i bambini sono timidi, forse impauriti, poi piano piano si aprono, affiancati dai più grandi.
Fuori dal cancelletto ormai c’è una bella fila. Sono le 12.30 e gli ospiti entrano, salutano, prendono posto e a mano a mano arrivano i piatti fumanti. Primo, secondo, contorno, offerti e cucinati in parte da ristoranti vicini, come pure dalle suore o dalla comunità parrocchiale.
Gli ospiti non vogliono giornalisti tra i piedi, ci fermiamo a osservare in disparte, senza fare domande. Mangiano senza fretta, godendosi il giardino dell’Aventino e la compagnia. Arrivano un po’ alla volta: si sparecchia e si riapparecchia per chi arriva dopo. E poi c’è sempre un dolcetto, un caffè da godersi in compagnia.
«Vogliono parlare, non solo mangiare. Restano qui fino all’ultimo, finché non chiudiamo tutto per fare due chiacchiere. La cosa più bella è restare con loro anche dopo», mi raccontano Michele e Brigida, due giovani volontari, che solo per qualche minuto lasciano il servizio. «Il clima è conviviale. Ognuno di loro ha la propria storia. C’è una signora che ama esibirsi nel canto. C’è chi è più irruento, chi più riservato».
«Non vorrei banalizzare – mi dice ancora Michele – ma è un momento bello, un momento gratuito». I ragazzi sono in tutto una ventina. In genere una decina di loro è sempre presente. Per i turni si organizzano con un gruppo WhatsApp: chi non può venire cerca un sostituto, così l’impegno non è gravoso.
Oltre a questo gesto di carità, i giovani della Fraternità dei santi Aquila e Priscilla condividono la Messa del sabato e le vacanze estive in montagna, ormai da qualche anno. «Per me e mia sorella è partito tutto venendo a Messa – ci racconta Brigida – poi il sacerdote che ci segue, don Lorenzo Cappelletti, ci ha proposto le vacanze. Io e mia sorella non conoscevamo molte persone, ma ci siamo dette: perché no? Ecco, le vacanze ci hanno unito e ci hanno anche consentito di allargare il gruppo».
Continua Michele: «Don Lorenzo ci dice sempre di aprire lo sguardo, di non chiuderci tra noi, di essere aperti agli altri, altrimenti rischi di creare una realtà nella realtà». E don Lorenzo arriva, abbraccia i ragazzi e va subito dalle suore, intente a sistemare i grandi contenitori del cibo, ormai quasi vuoti. Scherza con tutti e a volte gli ospiti gli si avvicinano, chiedono un consiglio, un parere. Non ci sono steccati nel giardino di Santa Prisca.
C’è un altro momento di convivialità: la partita di calcetto. C’è pure spazio per quella, nel giardino. Le suore vietnamite sono le più appassionate, insieme ad alcune ragazze della Fraternità. Si gioca maschi contro femmine: le donne sono la maggioranza e quindi vincono.
Padre Pavel fa la spola tra l’ufficio parrocchiale e il giardino, si ferma a parlare con qualcuno degli adulti e con i giovani, li conosce per nome, anche chi viene meno spesso. Poi ci tiene a tirare le somme: «È l’Eucarestia che ci porta alla carità. Questi ragazzi partecipano all’Eucarestia, e per questo partecipano alla carità».