Come nelle antiche persecuzioni, molti cristiani oggi vengono uccisi per il solo fatto di esserlo. La geografia dell’ostilità
anticristiana e il numero impressionante di vittime. Occorre pregare per chi è oppresso a motivo di Cristo.
di Alba Arcuri
La strage di Pentecoste del 5 giugno in Nigeria, suona come uno schiaffo, ma soprattutto richiama l’attenzione sui rischi che corrono i cristiani nel mondo. Un commando armato fa irruzione nella chiesa pentecostale di san Francesco Saverio, nella cittadina di Owo, nello Stato di Ondo, durante la messa. Una cinquantina i morti, tra cui donne e bambini. Siamo nel sud del paese; qui gran parte della popolazione è cristiana. Il cristianesimo in Nigeria è la seconda religione dopo l’Islam, che prevale invece al Nord.
Il 19 giugno è la volta di una chiesa cattolica nello Stato di Kaduna, nel nord. Un commando armato irrompe uccidendo almeno tre persone. Ma gli esempi si moltiplicano. Stragi passate spesso sotto silenzio.
Le rivendicazioni territoriali, politiche, economiche si sommano e prevalgono talvolta su quelle etnico-religiose. Ma poco cambia per le decine di morti e di feriti, vittime della violenza armata. Nel giro degli ultimi vent’anni si sono moltiplicati gli attacchi alle chiese e ai cristiani. Boko Haram, il gruppo terrorista dominante in Nigeria, che negli anni del terrore dell’Isis ha giurato fedeltà al Califfato, imperversa nel paese, uccidendo e devastando villaggi, non solo cristiani. Ci sono però anche altri gruppi terroristici di matrice jihadista. Alle stragi si aggiungono i rapimenti di giovani ragazze, cristiane ma non solo, nelle scuole. Chi non ricorda il rapimento delle 300 ragazze nel 2014 nel collegio di Chibok, giovani in gran parte cristiane, costrette con la violenza a convertirsi all’Islam? Allora fece notizia, ma vi sono stati altri rapimenti di massa nel paese; uno risale a pochi mesi fa. Una strategia che punta da una parte alla richiesta del riscatto, ma anche al lavaggio del cervello e all’assoggettamento. Anche quando vengono liberate, nulla è come prima per le giovani studentesse.
Possiamo parlare di persecuzione di cristiani?
Una ricerca della Ong Porte Aperte (Open Doors), presentata alla Camera all’inizio di quest’anno parla di 360 milioni di cristiani perseguitati o discriminati nel mondo. Uno ogni sette. Dal 1 ottobre 2020 al 30 settembre 2021, i cristiani uccisi sono stati 5.898, oltre cinquemila le chiese ed edifici di culto attaccati o chiusi, 3.800 i cristiani rapiti.
Al primo posto nella lista dei paesi persecutori c’è l’Afghanistan, che ha notevolmente aumentato il livello di persecuzione da quando si è insediato il regime dei Talebani, gli studenti coranici che hanno assunto il potere, l’estate del 2021. Hanno annullato qualsiasi libertà civile e religiosa, che peraltro era già precaria. I musulmani che si convertono al cristianesimo rischiano la morte, anche per mano degli stessi familiari per i quali la conversione è un’onta da lavare.
Al secondo posto la Corea del Nord, altro regime illiberale, di matrice comunista, in cui le libertà civili sono praticamente annullate. Ogni cristiano scoperto a praticare la propria fede rischia di essere arrestato, torturato brutalmente, fino alla morte. Per vent’anni la Corea del nord è stata al top della classifica tra i paesi persecutori, ora superata dall’Afghanistan.
Segue la Somalia, dove il 90 per cento della popolazione segue l’Islam e dove il cristianesimo è proibito. La cattedrale di Mogadiscio è stata distrutta nel 2008. Non ci sono chiese. Il culto viene praticato in segreto. In Somalia è attivo il gruppo jihadista islamico Al Shebaab, che ha giurato fedeltà all’Isis, ma al di là dell’etichetta è autore di stragi fondamentaliste su tutto il territorio.
Ci sono poi la Libia e lo Yemen, paesi a maggioranza musulmana, ma soprattutto paesi in guerra dove domina la lotta tra fazioni e dove le minoranze cristiane sono oggetto di violenza.
Segue l’Eritrea, un regime illiberale guidato dal sanguinario dittatore Afewerki. Il paese è a maggioranza islamica, dove tuttavia i cristiani sono più di due milioni e mezzo, su cinque milioni e mezzo di abitanti. In Eritrea la situazione è particolarmente complessa: ci sono poche chiese tollerate e vengono sottoposte a duri controlli, o subiscono irruzioni delle forze dell’ordine. Dal 2002 il governo riconosce solo cristiani ortodossi, cattolici e luterani. Le altre chiese sono illegali. I religiosi sono spesso imprigionati a causa della fede. C’è un clima di delazione: vicini che spiano i vicini.
La Nigeria occupa il settimo posto. Seguono il Pakistan e l’Iran, altri due paesi a maggioranza islamica (quest’ultimo guidato da un regime shiita) e l’India. Quest’ultimo è un paese tendenzialmente democratico, dove vige la libertà di culto, a maggioranza induista. La persecuzione nei confronti della minoranza cristiana (ma anche contro i musulmani) è portata avanti soprattutto dagli estremisti indù. L’induismo è la religione maggioritaria.
La lista è lunga: sono 76 i Paesi persecutori dei cristiani. Molti a prevalenza musulmana. Ma nella lista compaiono anche paesi cristiani, come la Colombia e il Messico. Qui la violenza arriva soprattutto dalle bande criminali, spesso dedite al narcotraffico, che attaccano i cristiani che non intendono essere reclutati.
C’è poi un ultimo fenomeno, quello dei profughi: cristiani che per evitare le persecuzioni fuggono dal proprio paese. Una delle immagini più drammatiche è quella della Siria, la culla del cristianesimo, la terra di san Paolo. Negli anni in cui l’Isis ha imperversato in quell’area, (tra la Siria e l’Iraq) nel 2014 e nei tre anni seguenti, si calcola che fra il 50 e l’80 per cento dei cristiani sono stati costretti a fuggire per evitare la morte.