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Un po’ di storia

Già san Paolo, scrivendo al suo carissimo discepolo Timoteo afferma: «onora le vedove [...] la vedova sia iscritta nel catalogo delle vedove [...] sia conosciuta per le sue opere buone» (1 Tim 5, 5.9-10). Nella Prima lettera ai Corinti, ai non sposati e alle vedove, dice: «è cosa buona per loro rimanere come sono io [...] ma se non hanno il dono da  Dio è meglio che si sposino» (1 Cor 7, 8 ).

Sant’ Ambrogio, vescovo di Milano  (374-397),  scrive il De Viduis; in questa operetta, esorta le vedove, chiamate a viveree in castità, a offrire a Dio la propria vita fatta di preghiera e di attenzione caritatevole verso i propri parenti e i poveri. Qui già emergono le due dimensioni che caratterizzano le vedove consacrate: la preghiera e l’attenzione ai poveri.

Sant’Agostino, nato a Tagaste nel 354 e morto a Ippona nel 430, essendo vescovo della stessa città, avendo un’intelligenza vivace ed essendo una delle menti più illuminate di tutti i tempi, scrive nel 414 il De bono viduitatis. In questo libro esalta i valori, le virtù e i meriti della vera vedovanza e dà consigli per evitare pericoli e devianze. 

Altri autori hanno scritto sulle vedove congregate, marcando che si tratta di persone determinate a vivere la propria vedovanza come dono a Dio e al prossimo. Vivono così il dono della maternità donando il loro amore senza riserve.

Ai nostri giorni

Venendo ai nostri giorni, parlare di un’associazione religiosa delle vedove può essere fuorviante. La nostra società, pur rispettosa delle scelte personali, con i suoi molteplici mezzi di comunicazione di massa, tende a livellare le scelte personali sui sistemi valoriali minimi dei gruppi, in particolare quando questi non hanno un impatto sociale di rilievo. In poche parole: se l’azione di un gruppo, sia pur religioso, non ha un chiaro e definito impatto nel sociale, a che cosa serve? Ha senso associarsi, sia pure in campo religioso, per vivere e testimoniare, nella preghiera e nel servizio ai poveri, la presenza della Chiesa orante e attenta a chi è nel bisogno? D’altra parte la presenza delle vedove associate come Ordo Viduarum è incoraggiata e sostenuta proprio dalla Chiesa nella sua espressione più alta.

San Giovanni Paolo II, con uno sguardo panoramico ad ampio respiro fa la seguente constatazione: «Torna ad essere oggi praticata anche la “Consacrazione delle Vedove”. Queste persone, mediante il voto di castità perpetua, quale segno del Regno di Dio, consacrano la loro condizione vedovile per dedicarsi alla preghiera ed al servizio della Chiesa»  (cf. Vita Consecrata, 1966). L’individualismo dominante nella nostra società si erge come un “totem” dai poteri magici e accattivanti, rendendo spesso incomprensibile una scelta di “senso” che la donna vedova fa quando decide deliberatamente e con chiarezza di vivere la propria vita al servizio degli altri, nel solco fecondo e rigenerante della Chiesa: “ Mater Pauperum”.  La vedova acquista così un nuovo modo di essere madre. L’autenticità della scelta farà presto svanire i pregiudizi che spesso accompagnano la vedova (o il vedovo). La luce di un’esistenza nuova dissiperà le nubi caliginose che accompagnano il trauma della rottura prematura dei legami più intimi della famiglia.

Benedetto XVI diceva alle sorelle oblate di Tor De’ Specchi nel febbraio del 2009, in occasione della celebrazione del IV centenario della canonizzazione (29 maggio 1608) della loro fondatrice Santa Francesca Romana, definita nell’occasione la “più romana delle Sante”:  «Anche ai nostri giorni la Chiesa ha bisogno di donne (e anche di uomini...) tutte di Dio e tutte del prossimo; donne capaci di raccoglimento e di servizio generoso e discreto; donne che sanno obbedire ai pastori, ma anche sostenerli e stimolarli con i loro suggerimenti, maturati nel colloquio con Cristo e nell’esperienza diretta sul campo della carità, dell’assistenza ai malati, agli emarginati, ai minori in difficoltà. è il dono di una maternità che fa tutt’uno con l’oblazione religiosa, sul modello di Maria Santissima».  Il testo ben si applica anche ai membri dell’Ordo Viduarum. L’augurio è di sperimentare la gioia di Cristo donandosi come lui. Così la fiaccola del vero amore rischiara il cammino dell’uomo. In qualsiasi associazione religiosa deve primeggiare l’adesione di mente e di cuore, facendo proprio il magistero della Chiesa. Cosi il respiro diventa profondo vivendo la gioia del dono dell’amore per gli altri. Così le ragioni del cuore vanno oltre la logica dell’intelletto. In questa nuova esperienza d’amore la vedova può dimostrare l’amore fedele verso il coniuge passato a miglior vita accettando la sofferenza del dolore e della prova purificatrice. Quando la vedova percorre la strada del dolore e fa esperienza della speranza della risurrezione è pronta a vivere quella che viene definita, dagli studiosi del tema, la dottrina spirituale della vedova.