Secondo il Rapporto 2020 del Centro internazionale studi famiglia (Cisf) «La famiglia nella società post-familiare» il futuro sarà sempre più segnato dall’impoverimento della presenza famigliare nel senso in cui l’hanno conosciuta le generazioni precedenti.
«La società attuale - ha spiegato Francesco Belletti, direttore del Cisf, nel presentare il rapporto - sempre più sembra abbandonare la famiglia alla autodeterminazione degli individui». Tale processo sembra inarrestabile, fino all’idea di pensare ad una società dove la famiglia sembrerebbe evaporare e presentarsi senza identità.
Nel nostro Paese, dall’indagine svolta, emergono due polarità molto forti sulle quali si poggiano modelli familiari vari: da un lato la famiglia come istituzione e dall’altra la famiglia centrata sulle relazioni. La prima rispecchia la famiglia tradizionale, quella del passato, la seconda tipologia è la famiglia delle generazioni future. Vi è, poi, un buon gruppo di famiglie che si pongono al centro tra i due blocchi, rappresentate da un quinto del campione, famiglie per lo più giovani e di mezza età, con elevata istruzione e buono stato socio-economico.
In verità, il rapporto non tende allo scoraggiamento, nella sua analisi finale non rappresenta la fine di una istituzione. Quello che viene in evidenza è la tendenza del venire meno della sua resistenza che sembra arrivata ad un punto critico: la famiglia c’è ancora, ma fino a quando? E chi sosterrà il suo futuro?
«La famiglia, in quando famiglia, è stata abbandonata a se stessa, per dare spazio ad un individuo teso a sperimentare tutte le libertà dei possibili altrimenti. Col tempo l’individuo capirà che la famiglia non è un aggregato di individui che stanno assieme solo perché trovano piacere, ma è un impegno per un progetto di relazioni umane. Gli appelli all’altruismo, alla fratellanza, alla comprensione, alla solidarietà, alla responsabilità sono importanti, ma da soli non possono fare molto. Le famiglie come tali dovranno lottare per trovare la loro identità. Dovranno costruire un nuovo ordine famigliare, che comunque sarà un ordine costruito sull’orlo del caos».
Ma proprio nel caos designato dal Covid, che ci ha fatti sentire tutti sulla stessa barca, è emersa con rinnovata chiarezza che «la famiglia è il primo luogo di custodia e di tutela dell’umano, e insieme una risorsa irrinunciabile di coesione sociale e di responsabilità verso il viene comune: un capitale sociale praticamente impossibile da sostituire».
La società italiana, in qualche modo, si è affidata per contrastare il virus soprattutto alle relazioni familiari interne che si sono dimostrate, nella stragrande maggioranza delle famiglie italiane, preziosa risorsa per le nuove generazioni.
La ripartenza dell’Italia, si augurano gli organizzatori del rapporto, dovrà partire anche per forza di cose dalla capacità di sostenere le famiglie e le loro relazioni, quale tessuto sociale che tiene insieme un popolo, che si è rivelato essenziale per l’equilibrio e la stabilità sociale.
Dati:
- 25,8 milioni le famiglie presenti in Italia. Secondo dati Istat 26,8 milioni nel 2038 ma aumenteranno le coppie senza figli (+2,7%) e le persone sole (+2,2%).
- 9 milioni le coppie con figli. Nel 2040 scenderanno a 7-8 milioni.
- 8,2 milioni le famiglie composte da una persona sola. Nel 2040 passeranno a 9,1-10,1 milioni
- 37% persone tra i 25 e i 34 anni che rimangono in famiglia come figli. Venticinque anni fa la percentuale era del 24%
- 33% donne con figli tra 25 e 34 anni. Venticinque anni fa la percentuale superava il 50%
- 57% uomini tra i 25 e i 34 anni che nel 2038 manifesteranno la propensione a rimanere in famiglia come “figlio” (le donne saranno il 47%)
Per la prima volta dalla beatificazione avvenuta sabato scorso, la Chiesa celebra il 12 ottobre la memoria liturgica di Carlo Acutis, che utilizzò Internet per insegnare al mondo l’amore per l’Eucaristia. Fortunato Ammendolia, informatico ed esperto di intelligenza artificiale: “Ci ha lasciato in dono un grande insegnamento: usare la rete in senso etico”
La vita di questo quindicenne mostra che percorrere la strada della santità è possibile soprattutto quando si è giovani e determinati “a non trovare gratificazione soltanto nei successi effimeri, ma – sottolinea il cardinale Vallini - nei valori perenni che Gesù suggerisce nel Vangelo, vale a dire: mettere Dio al primo posto, nelle grandi e nelle piccole circostanze della vita, e servire i fratelli, specialmente gli ultimi”.
La beatificazione di Carlo Acutis, figlio della terra lombarda, e innamorato della terra di Francesco di Assisi, è una buona notizia, un annuncio forte che un ragazzo del nostro tempo, uno come tanti, è stato conquistato da Cristo ed è diventato un faro di luce per quanti vorranno conoscerlo e seguirne l’esempio.
Testimone di una fede che ci immerge completamente nella vita, indicandoci il cammino che si può percorrere come ha fatto Carlo perché solo su quella via la nostra vita può “brillare di luce e di speranza”.
Carlo Acutis lascia anche un’eredità a tutti gli informatici del mondo e ai giovani nativi digitali. Una vera e propria bussola da seguire scrupolosamente: “Papa Francesco – spiega Fortunato Ammendolia – presentandolo come modello di santità nell’era digitale, nell'Enciclica post sinodale Christus vivit, scrive che Carlo sapeva molto bene che i meccanismi della comunicazione e delle reti sociali possono essere usati per farci diventare soggetti addormentati. Lui però li ha saputi utilizzare per trasmettere la bellezza del Vangelo. Ecco, mi piace leggere questa frase come un invito ad un uso etico della rete”.
«Fratelli tutti» è l’espressione di san Francesco che papa Bergoglio usa per aprire la sua terza Lettera enciclica e che quindi dà il titolo a tutto il testo sulla fraternità.
Ricordiamo le prime due sono state la «Lumen fidei» nel 2013 e la «Laudato si’» del 2015.
Documento di otto capitoli, suddivisi in 287 punti. Un documento ispirato, evidentemente, dalla figura di san Francesco, e dagli incontri avuti con esponenti di altre religioni, oltre che delle lettere che gli sono arrivate da tutto il mondo. Ecco perché papa Francesco ha deciso di rivolgersi non solo alla Chiesa ma «a tutte le persone di buona volontà». Sullo sfondo, rivela Bergoglio, c’è anche quello che l’intero pianeta ha vissuto e sta vivendo con il Covid-19, ostacolo alla vera fraternità, ma che ci ha fatto ricordare come «nessuno si salva da solo, che ci si può salvare unicamente insieme».
Sono tanti, ricorda nella sua analisi dell’attualità papa Francesco, i fenomeni sociali, culturali e gli interessi economici che rischiano di porci «tutti contro tutti». E in questa tensione si lasciano ai margini i più deboli. Anche i mezzi tecnologici e di informazione rischiano di creare divisioni se non aiutano a costruire un “noi” ma estremizzano l’individualismo.
Nella parte propositiva il Papa ha scelto la parabola del Buon Samaritano per indiare le vie e costruire un’autentica fraternità tra persone e popoli.