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Tuesday, 07 February 2012 13:39

Nessuno è abbandonato

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Messaggio per la prossima Giornata mondiale del Malato

“Nell’accoglienza generosa e a­mo­­­revole di ogni vita umana, soprattutto di quella debole e malata, il cristiano esprime un aspetto importante della propria testimonianza evangelica, sull’esempio di Cristo, che si è chinato sulle sofferenze materiali e spirituali dell’uomo per guarirle”.
Lo scrive Benedetto XVI, che nel Messaggio per la XX Giornata mondiale del Malato – in programma l’11 febbraio, sul tema: “Alzati e va’; la tua fede ti ha salvato” (Lc 17,19) – si sofferma sui “sacramenti di guarigione”, cioè sul sacramento della Penitenza e della Riconciliazione, e su quello dell’Unzione degli Infermi, che hanno il loro “naturale compimento” nell’Eucaristia.

La salute riacquistata. “La salute riacquistata – scrive il Santo Padre – è segno di qualcosa di più prezioso della semplice guarigione fisica, è segno della salvezza che Dio ci dona attraverso Cristo”, e che “trova espressione nelle parole di Gesù: la tua fede ti ha salvato. Chi, nella propria sofferenza e malattia, invoca il Signore è certo che il Suo amore non lo abbandona mai, e che anche l’amore della Chiesa, prolungamento nel tempo della sua opera salvifica, non viene mai meno”. In questa prospettiva, “la guarigione fisica, espressione della salvezza più profonda, rivela l’importanza che l’uomo, nella sua interezza di anima e di corpo, riveste per il Signore”. Il “binomio tra salute fisica e rinnovamento delle lacerazioni dell’anima” ci aiuta, quindi, a “comprendere meglio” i sacramenti di guarigione.
La medicina della confessione. Nel sacramento della Penitenza, che il Papa definisce “medicina della confessione”, l’esperienza del peccato “non degenera in disperazione, ma incontra l’Amore che perdona e trasforma”. In questo modo “il momento della sofferenza, nel quale potrebbe sorgere la tentazione di abbandonarsi allo scoraggiamento e alla disperazione, può trasformarsi in tempo di grazia per rientrare in se stessi e, come il figliol prodigo della parabola, ripensare alla propria vita, riconoscendone errori e fallimenti, sentire la nostalgia dell’abbraccio del Padre”.
Un sacramento dimenticato. C’è poi l’Unzione degli Infermi, un sacramento che “merita oggi una maggiore considerazione, sia nella riflessione teologica, sia nell’azione pastorale verso i malati”, e che non va ritenuto “quasi un sacramento minore rispetto agli altri”, ma anzi un segno “della tenerezza di Dio per chi è nella sofferenza”. “Con l’Unzione degli Infermi, accompagnata dalla preghiera dei presbiteri – fa notare il Papa – tutta la Chiesa raccomanda gli ammalati al Signore sofferente e glorificato, perché allevi le loro pene e li salvi, anzi li esorta a unirsi spiritualmente alla passione e alla morte di Cristo, per contribuire così al bene del popolo di Dio”. “A coloro che, per motivi di salute o di età, non possono recarsi nei luoghi di culto”, va assicurata “la possibilità di accostarsi con frequenza alla Comunione sacramentale”, raccomanda il Papa, secondo il quale “è importante che coloro che prestano la loro delicata opera negli ospedali, nelle case di cura e presso le abitazioni dei malati si sentano veri ‘ministri degli infermi’”, anche quando l’Eucaristia è “amministrata e accolta come viatico”, sacramento “del passaggio dalla morte alla vita, da questo mondo al Padre”.
Le parole della speranza. Il Messaggio per la XX Giornata mondiale del Malato guarda anche al prossimo “Anno della fede”, che inizierà l’11 ottobre, e che Benedetto XVI considera “occasione propizia e preziosa per riscoprire la forza e la bellezza della fede, per approfondirne i contenuti e per testimoniarla nella vita di ogni giorno”. A conclusione del Messaggio, il Papa incoraggia i malati e i sofferenti a “trovare sempre un’ancora sicura nella fede, alimentata dall’ascolto della Parola di Dio, dalla preghiera personale e dai sacramenti”, ed esorta i sacerdoti ad “essere sempre più disponibili alla loro celebrazione per gli infermi, pieni di gioia, premurosi verso i più deboli, i semplici, i peccatori, manifestando l’infinita misericordia di Dio con le parole rassicuranti della speranza”.

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