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Friday, 09 August 2013 13:27

Riattivare le antenne della fede Featured

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di don Mario Carrera

Mancano poco più di quattro mesi alla conclusione del­l’«Anno della fede», il 24 novembre con la solennità di Cristo Re. A quel traguardo dovremmo arrivare rigenerati, con maggior entusiasmo e generosità, abilitati a offrire un sapore di eternità al nostro tempo, a volte anemico, demotivato e stanco.
Papa Francesco in questi mesi ha ripetuto spesso che «alla Chiesa non servono cristiani da salotto» ma gente capace di arrivare alle periferie della nostra società negli accampamenti dei poveri.
Ai preti ha suggerito di apprezzare «l’odore delle pecore» stando in mezzo alla gente; ai cristiani ha suggerito di non accontentarsi di vivere una vita da credenti part-time, ma a tempo pieno. La vita buona ha le radici nel cuore di una fede praticata nella carità. Nell’indire l’Anno della Fede, papa Benedetto ha scritto: «La fede senza la carità non porta frutto e la carità senza la fede sarebbe un sentimento in balia costante del dubbio. Fede e carità si esigono a vicenda, così che l’una permette all’altra di attuare il suo cammino». È costante la voce di Gesù che suggerisce alla nostra coscienza: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri».

Don Tonino Bello, vescovo di Molfetta, un territorio dove la pietà popolare è assai sentita, con simpatica arguzia commentava queste parole di Gesù dicendo che «per sentirsi cristiani non basta portare il peso delle statue e dei santi patroni sulle spalle nelle processioni, sarebbe meglio, invece, portare i pesi dei fratelli in difficoltà».
I pesi dei fratelli nascono dalle diverse condizioni di vita. Ogni povertà ha una sua storia, ma la sconfitta delle povertà ha il suo motore in una carità capace di vivere in condominio con la giustizia, la responsabilità, l’onestà, l’impegno sociale. Ancora il Papa Francesco ricorda che «l’umanità vive in questo momento come un tornante della propria storia, considerati i progressi registrati in vari ambiti». Da questo tornante si possono ammirare e lodare i molti risultati positivi della scienza per il benessere dell’umanità, ma accanto a questo benessere molte fasce della popolazione vivono in condizioni precarie, facendo aumentare patologie come «la paura e la disperazione che prendono il cuore di molte persone, anche nei paesi così detti ricchi; la gioia di vivere – ha detto papa Francesco – va diminuendo; l’indecenza e la violenza sono in aumento, la povertà diventa più evidente. Si deve lottare per vivere e, spesso, per vivere in modo non dignitoso».
Ancora Benedetto XVI nell’indire l’Anno della fede rilevava che la nostra epoca «riduce l’ambito delle certezze razionali a quello delle conquiste scientifiche e tecnologiche» e apre a una profonda crisi che nega il primato della dignità della stessa persona.
La nostra società sta ponendo l’aspetto finanziario al vertice di ogni progresso e sta ripetendo l’esperienza del popolo ebraico nel deserto quando ha costruito il vitello d’oro e si è prostrato ad adorarlo: «ha trovato una nuova e spietata immagine nel feticismo del denaro e nella dittatura di un’economia senza volto umano».
L’Anno della Fede per noi cristiani serve a pregare lo Spirito Santo per chi esercita responsabilità, affinché riflettano e programmino l’uso del denaro come servizio e come il governo della collettività.
Occorre un nostro collettivo sussulto di fede, nell’umile consapevolezza di poter essere una carezza d’amore all’umanità. Insieme a San Giuseppe e con Gesù ci mettiamo in cammino, per condurre gli uomini fuori dall’attuale deserto, insidioso e paralizzante, verso i luoghi della vita, verso una rinnovata amicizia con il Figlio di Dio, fonte non solo di vita, ma di vita in pienezza.

 

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