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di Marco Renzi

Nelle ultime settimane il timore del contagio da coronavirus sta condizionando pesantemente i nostri comportamenti.  Questa emergenza, se da una parte ci induce a rispettare i provvedimenti restrittivi e a non affollare i Pronto Soccorso, dall’altra fa emergere un aspetto preoccupante: chi ha un infarto o altre emergenze non si rivolge al 118 per paura del contagio in ospedale. Molte persone colpite da infarto o da altre patologie cardiovascolari evitano di andare in ospedale e aspettano troppo prima di chiamare i soccorsi, con conseguenze molto gravi. Nei pazienti con infarto è stata notata una riduzione dei ricoveri dal 30 al 50%.

Il calo è più evidente per gli infarti con occlusione parziale della coronaria, che spesso si verifica in pazienti più anziani o con patologie associate, ma è stato notato anche in pazienti con una forma più grave di infarto, ovvero gli STEMI, che sono provocati dall’occlusione trombotica acuta di una coronaria. Si è osservata una riduzione concomitante anche del numero di ricoveri per scompenso cardiaco, anomalie del ritmo cardiaco e altre problematiche cardiovascolari.

Spesso le persone che arrivano in ospedale lo fanno tardivamente per la paura di contrarre il Covid-19, come se l’infarto fosse meno grave dell’infezione da coronavirus. 

Tale andamento non presenta sostanziali differenze dal Nord al Sud. Le motivazioni di tale drastica riduzione dei ricoveri sono in fase di analisi. Un ulteriore problema è il fatto che le persone con infarto che sono arrivate in ospedale, lo hanno fatto tardivamente.

Non si dovrebbero sottovalutare alcuni sintomi di allarme, in particolare nelle popolazioni a più alto rischio (pazienti coronaropatici, diabetici, ipertesi), come ad esempio il dolore precordiale di tipo costrittivo e la dispnea, che potrebbero essere la spia di un problema coronarico. 

Bisogna rivolgersi subito al 118, perché il ritardo nella diagnosi e nel trattamento dell’infarto aumentano la mortalità. Un caso su tre arriva troppo tardi per sottoporsi alle terapie necessarie. Il risultato è che i pazienti sono mediamente più compromessi e richiedono interventi più complessi e rischiosi, quindi meno efficaci. L’infarto è una patologia in cui l’esito dell’intervento è tempo-dipendente. Maggiore è il ritardo, più è estesa la compromissione del muscolo cardiaco.  

Ricordiamo che queste due malattie, l’infarto e il Covid-19, colpiscono preferenzialmente pazienti con caratteristiche simili e che quindi è necessario assolutamente non abbassare la guardia.

Va segnalato, inoltre, che nella maggior parte degli ospedali sono stati creati percorsi differenziati tra pazienti Covid, o sospetti Covid, e pazienti che giungono attraverso le reti per l’infarto; sono stati creati percorsi protetti per i pazienti affetti da problemi cardiologici acuti che necessitano di assistenza in urgenza.

Siamo nel pieno di una delle più gravi emergenze sanitarie del Paese. Anche se in questo momento l’attenzione di tutte le strutture è focalizzata nel combattere l’epidemia di Covid-19, non possiamo trascurare il pericolo rappresentato dalla sottovalutazione delle patologie cardiovascolari.