di Vito Viganò
Il vivere umano si allunga sempre di più. Si ha oggi più tempo da vivere, quasi il doppio di chi ha vissuto giusto un secolo fa. È una bella notizia, con qualche riserva. Si è allungata l’ultima fase del vivere, la vecchiaia. Vuol dire allora tempo più lungo di malanni, di funzioni menomate, di ritiro ed esclusione dalle dinamiche del vivere? Può avere qualche ragione chi reagisse a una simile prospettiva con un “No, grazie!”.
Di fatto questo allungarsi della speranza di vita è calcolato su una media. C’è anche oggi chi campa di più e in buona salute fino alla fine, mentre altri se ne vanno presto o passano gli ultimi anni intristiti da malanni e guai. Questione di costituzione, si diceva un tempo.
C’è allora un’altra buona notizia che riguarda la vecchiaia, viene dall’epigenetica. È un nuovo indirizzo di ricerca scientifica sulle condizioni di funzionamento dei geni, i piccoli elementi del codice genetico, in cui sono iscritti i programmi del vivere individuale. Si diceva fino a ieri che il DNA è la parte stabile e fissa di una persona. Condizioni di ambiente, o modi di fare liberamente scelti, possono sollecitare un dato gene, o lasciarlo spento. Si può essere portatori di un gene che predispone a una malattia. Se non si verificano condizioni o eventi che lo accendono, la malattia non apparirà. Ci sono geni che favoriscono il formarsi di un tumore, con altri che intervengono a bloccarne lo sviluppo. A dipendenza di quel che si vive, sono gli uni a essere più sollecitati o gli altri, si contrae la malattia, o si è risparmiati.
E a proposito di invecchiamento? L’epigenetica afferma che se si vuole una vecchiaia lunga e sana in qualche modo occorre meritarsela. Perché capillare e continua è l’incidenza di eventi, condizioni e modi di vivere sui processi dell’invecchiamento. Lo si diceva già che avanti negli anni si pagano i peccati di gioventù.
Tutto quel che si vive, e non solo le sregolatezze, ha un impatto sul funzionamento dei singoli geni e sulla vitalità delle cellule, creando le condizioni per una vecchiaia più lunga e sana, o logorata e prematura.
Che ognuno abbia la sua da dire, per la durata e la qualità del suo invecchiare, è una bella notizia, anche se impegnativa.
La buona vecchiaia è una responsabilità, non viene per conto suo. Cosa fare allora? Per l’epigenetica non si tratta di impegni straordinari, basta curare il proprio buon vivere. Questo assicura un impatto positivo sul funzionamento dei geni e sulla longevità delle cellule.
Solo che occorre applicare queste regole del buon vivere con regolarità, non una volta ogni tanto. Aggiunge che se non lo si è fatto proprio bene prima, conviene applicarsi a farlo almeno da anziani, avendo più tempo, e più testa si spera, per dedicarsi con gusto al proprio buon vivere, pur col passare degli anni.