it IT af AF ar AR hy HY zh-CN ZH-CN en EN tl TL fr FR de DE iw IW ja JA pl PL pt PT ro RO ru RU es ES sw SW

di don Lorenzo Cappelletti

Con quest’ultimo numero del 2024 de La Santa Crociata, concludiamo la rassegna degli affreschi di Silvio Consadori nella Basilica di san Giuseppe al Trionfale analizzando i due ultimi riquadri della Cappella del Sacro Cuore, dedicati rispettivamente alla “Pesca miracolosa” e alla “Cena di Emmaus”.

Bisogna subito dire che, se la “Cena di Emmaus” è con tutta evidenza il soggetto iconografico dell’ultima scena, la “Pesca miracolosa”, anche se la volessimo considerare come un’evocazione al contempo di Lc 5, 4-11 e di Gv 21, 4-8, non ha lo stesso grado di evidenza. Infatti non sembra essere presente il personaggio centrale, Simon Pietro, almeno nell’iconografia che Consadori aveva adottato per lui nella scena immediatamente precedente della “Consegna delle chiavi” e forse anche nel “Discorso della montagna”. Ma, d’altronde, chi può evocare, se non Simon Pietro, il personaggio in primo piano che, reggendo la rete, si getta ai piedi di Gesù? E come comprendere il gesto di Gesù se non come gesto di misericordia e incitamento («Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini», Lc 5, 10) a fronte dello stupore e dell’umile confessione sempre di Simon Pietro: «Signore, allontanati da me perché sono un peccatore» (Lc 5, 8)? Sullo sfondo, inoltre, c’è anche «l’altra barca» (Lc 5, 7), conformemente al racconto evangelico. Si tratta dunque della “Pesca miracolosa”, sì, ma raffigurata secondo la sensibilità di Consadori, che non ama essere didascalico e preferisce dare solo i tratti essenziali delle scene evangeliche, per corredarle poi di elementi anacronistici, per dire la contemporaneità della presenza e dell’azione di Gesù Cristo.

Sgombrato dunque il campo da possibili incertezze sul piano iconografico, completiamo la descrizione della “Pesca miracolosa”. In primo piano, nella scena che è costruita sulla riva del Lago di Tiberiade, entro un paesaggio estremamente scarno, stanno tre pescatori, di età diverse, che hanno tutti in mano parte dell’abbondante pesca e guardano pieni di stupore verso Gesù. Come e più di quello inginocchiato, però (la cui identità facciale, ribadiamo, non è volutamente, comunque, quella di Simon Pietro), anche gli altri due hanno volti e abbigliamento anacronistici. Riteniamo – e non pensiamo di andare lontano dal vero – che la ragione possa essere rintracciata nel fatto che Consadori, rappresentando così la “Pesca miracolosa”, abbia voluto, da una parte, mettere l’accento sul miracolo non tanto della pesca dei pesci quanto di quella degli uomini e, dall’altra, rimarcare la vicinanza di Gesù ai lavoratori più umili lungo tutti i tempi. Ricordiamo come, negli anni in cui furono concepiti e realizzati gli affreschi, Paolo VI avesse mostrato, con scritti magisteriali, atteggiamenti e gesti, un’attenzione tutta particolare per i lavoratori.

Passando alla “Cena di Emmaus”, l’affresco conclusivo di tutta l’opera di Consadori, in basso a sinistra nella Cappella del Sacro Cuore, ci accorgiamo subito che essa porta non solo la firma del pittore (come la portava il primo in assoluto in ordine logico dei suoi affreschi, ovvero quello dell’Annunciazione nella dirimpettaia Cappella della Madre della divina Provvidenza), ma anche il suo autoritratto in quello dei due discepoli a tavola con Gesù che porta la destra sul cuore. Consadori s’inserisce al centro della scena in modo tutt’altro che banale o vanesio. Infatti, ritraendosi come uno dei discepoli di Emmaus, vuole attestare in modo indelebile che nella sua vita ha riconosciuto Gesù Cristo risorto. Inoltre, dal punto di vista interpretativo, questo suo autoritratto alla fine del ciclo ci conferma nell’idea che dietro il volto di Maria annunciata, all’inizio del ciclo, ci possa essere stato quello della moglie del pittore (cfr. La Santa Crociata, 2/2024, p. 15).

Come nella “Pesca miracolosa”, anche nella “Cena di Emmaus”, a eccezione di Gesù Cristo – l’unico che mantiene volto e abbigliamento identici attraverso i vari episodi raffigurati, ma che qui guarda per la prima volta verso l’alto, perché ormai sta per salire al Padre («lo riconobbero, ma egli sparì dalla loro vista», Lc 24, 31) e da lui invoca la benedizione sul pane – abbigliamenti, acconciature, oggetti hanno tutti il sapore della contemporaneità; di una contemporaneità feriale e scarna, dove Silvio Consadori introduce anche due figure di cui il Vangelo di Luca non parla: una donna che porta il vino, a completare la simbologia eucaristica, e un personaggio che occhieggia da dietro gli scuri, a rappresentare la pura curiosità che accompagna Gesù Cristo lungo i secoli. Figure che non distraggono, però, come avviene frequentemente nella storia dell’arte, dall’azione cruciale di Gesù Cristo fra gli uomini, ma anzi la rendono ancor più centrale e comunicativa.

Che ciclo intenso quello dei dodici affreschi di Silvio Consadori nella Basilica di S. Giuseppe al Trionfale!