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Ad aprile la sua Canonizzazione

di Tarcisio Stramare

La devozione di Giovanni XXIII verso san Giuseppe non era intesa da lui semplicemente come una devozione “personale”. Egli, infatti, non solo la professava pubblicamente, ma all’occasione, fatto Papa, la seppe affermare con gesti concreti di fronte alla Chiesa, per fare comprendere a tutti che la figura e missione di san Giuseppe appartengono al mistero dell’incarnazione e della redenzione e, quindi, coinvolgono tutta la Chiesa. 
Nessuna meraviglia, dunque, che nella celebrazione del Concilio Ecumenico Vaticano II san Giuseppe venisse ad occupare il suo giusto posto: “Oh, la invocazione; oh, il culto di san Giuseppe a protezione del Concilio Ecumenico Vaticano II! Venerabili fratelli e figlioli diletti di tutto il mondo: è a questo punto che noi desideriamo di condurvi, inviandovi questa Lettera apostolica giusto nel giorno 19 marzo, in cui nella celebrazione di san Giuseppe, Patrono della Chiesa universale, poteva venire alle nostre anime l’eccitamento a una ripresa straordinaria di fervore, per una partecipazione orante più viva, ardente e continuata alle sollecitudini della santa Chiesa, maestra e madre, docente e dirigente di questo straordinario avvenimento del Concilio Ecumenico XXI e Vaticano II, di cui tutta la pubblica stampa mondiale si occupa con interessamento vivo e con attenzione rispettosa”. 
Oltre l’elezione di san Giuseppe a Patrono del Concilio, altri ancora sono i gesti di Giovanni XXIII a favore del nostro Santo. L’intervento più notevole e conosciuto riguarda l’inserimento del nome di san Giuseppe nel Canone romano della Messa. La decisione, presa il 13 novembre 1962, non è da sottovalutare. Essa era l’attesa risposta a ripetute richieste, la prima delle quali risaliva già al… 1815. Eppure gli argomenti a favore non mancavano e soprattutto erano solidi. Tra tutti ricordiamo quelli addotti nel “postulatum” del 1866. Padre Francesco M. Cirino, canonico regolare e consultore della S. Congregazione dei Riti, metteva in evidenza la partecipazione di san Giuseppe alla vita dello stesso Sommo sacerdote e vittima, per dedurne essere “assolutamente degno che infra actionem, nella quale si realizza la S. Eucaristia, il nome di Giuseppe non sia taciuto, avendo egli per più anni sudato e preso freddo notte e giorno nella coltivazione di questo Frumento degli eletti”. Giovanni Paolo II, considerando, da una parte, l’unità organica ed indissolubile dell’incarnazione e della redenzione e, da un’altra parte, la “via della fede di Giuseppe”, “totalmente determinata dallo stesso mistero, del quale egli insieme con Maria era divenuto il primo depositario”, deduce che “proprio per questa unità papa Giovanni XXIII, che nutriva una grande devozione per san Giuseppe, stabilì che nel Canone romano della Messa, memoriale perpetuo della redenzione, fosse inserito il suo nome accanto a quello di Maria, e prima degli Apostoli, dei Sommi Pontefici e dei Martiri” (Redemptoris Custos, n.6). 
Il secondo intervento a favore di san Giuseppe riguarda l’altare a lui dedicato, nel 1963, nella Basilica di San Pietro. Giovanni XXIII se lo era proposto da tempo: “Qui da Roma la Cattedrale sacrosanta del Laterano splende sempre nella gloria del Battista. Ma nel tempio massimo di San Pietro, dove si venerano ricordi preziosi di tutta la cristianità, c’è pure un altare per san Giuseppe; e noi intendiamo, e ce lo proponiamo in data di oggi 19 marzo 1961, che l’altare di san Giuseppe si rivesta di splendore novello, più ampio e più solenne, e divenga punto di attrazione e di  pietà religiosa per singole anime, per folle innumerevoli. E’ sotto queste volte celestiali del Tempio Vaticano che si raccoglieranno intorno al Capo della Chiesa le schiere dei componenti del Collegio Apostolico convenute da tutti i punti, anche più distanti dell’Orbe, per il Concilio Ecumenico. O san Giuseppe! Qui, qui è il tuo posto di “Protector universalis Ecclesiae” (Le Voci).
L’altare per san Giuseppe, al quale si riferisce Giovanni XXIII, non è evidentemente l’attuale. Esso si trova nella Cappella del Crocifisso (navata destra della Basilica, verso l’entrata), dove nel 1851 era stata collocata una tela del valente pittore Fabrizio D’Ambrosio, di Arienzo (Caserta), della quale non è rimasta nessuna traccia. Al 1888 risalgono, invece, l’attuale altare e il simulacro in mosaico, come pure tutto l’ornamento della cappella, dovuti alla pietà e alla munificenza della Sig.ra Barbara Lastenia Vives de Rose-Innes, cittadina di Santiago del Cile. Il mosaico rappresenta a colori vivaci un san Giuseppe dal portamento dignitoso, di età media, ritto davanti al suo trono; con mano robusta sostiene al petto un vispo bambino Gesù, che lascia trasparire dall’atteggiamento la sua sicurezza. Purtroppo, nel 1932, un ascensore venne collocato nella Cappella del Crocifisso, rendendola praticamente inaccessibile. Da allora il problema per una nuova sistemazione con relativi e ripetuti concorsi, ma sempre senza giungere ad una soluzione. Finalmente, nel pomeriggio del 19 marzo 1963, la sosta di Papa Giovanni XXIII nel transetto di sinistra della Basilica vaticana per scoprire e benedire il nuovo mosaico dell’altare dedicato a san Giuseppe. “Era desiderio nostro compiere quest’atto di pietà verso lo Sposo castissimo di Maria, il Custode di Gesù, e coronare così il voto del cuore per un accendersi, anche nel massimo tempio della cristianità, della devozione a san Giuseppe, protector Sanctae Ecclesiae, protettore del Concilio Vaticano II”.