Ispirato dalla vita nascosta di san Giuseppe, il vescovo Marello ha fondato gli Oblati di san Giuseppe Affidò loro il servizio dei bisognosi nelle parrocchie e raccomandò l’imitazione del santo Patriarca
di Corrado Vari
«Fare gli interessi di Gesù», fu il motto della sua vita e per questo si rispecchiò totalmente in san Giuseppe, lo sposo di Maria e il custode del Redentore. Di san Giuseppe lo attrasse fortemente il servizio nascosto, nutrito di profonda interiorità. E questo “stile” seppe trasfondere negli Oblati di san Giuseppe, la congregazione religiosa da lui fondata. A essi amava ripetere: «Siate straordinari nelle cose ordinarie» e aggiungeva: «Siate certosini in casa e apostoli fuori casa». Della sua robusta personalità, il Signore volle servirsi per la sua Chiesa, chiamandolo all'episcopato nella diocesi di Acqui, dove, in pochi anni, spese per il gregge tutte le sue energie, lasciando un’impronta che il tempo non ha cancellato.
San Giuseppe Marello nasce a Torino il 26 dicembre 1844 da una famiglia di commercianti; due suoi nonni si chiamano rispettivamente Giuseppe e Giuseppina, suo padre poi è stato amico e benefattore di san Giuseppe Benedetto Cottolengo: dunque la scelta del nome è quasi obbligata.
Perde la mamma a soli quattro anni ed è affidato ai nonni paterni a San Martino Alfieri, nell’astigiano. A dodici anni, per i buoni risultati ottenuti a scuola, suo padre lo porta a Savona: qui visitano il santuario della Madonna della Misericordia e davanti all’altare di Maria il giovane sente che il Signore lo chiama. Il padre lo avrebbe preferito al suo fianco nell’attività di famiglia, ma non si oppone: così Giuseppe nell’ottobre 1856 entra nel seminario di Asti, dove si distingue per bontà e ingegno.
A diciotto anni però interrompe il suo cammino, in un momento di crisi cui non è estraneo suo padre, che non ha rinunciato a pensare per lui un futuro diverso. Si iscrive alle scuole commerciali a Torino e là entra in contatto con le problematiche sociali e politiche del suo tempo. Ma il Signore lo “richiama” di nuovo. Alla fine del 1863 il giovane si ammala gravemente di tifo: invoca la Madonna Consolata, protettrice di Torino e Maria gli conferma che la sua strada è il sacerdozio e che solo così guarirà. Nel febbraio 1864 il Seminario di Asti lo accoglie di nuovo, completamente ristabilito.
Giuseppe è ordinato sacerdote ad Asti il 19 settembre 1868. Il vescovo Carlo Savio lo sceglie come segretario ed egli lo segue per anni, conosce da vicino tutti gli aspetti del suo ministero e al contempo lavora in seminario come formatore e confessore e in varie opere assistenziali. Nel 1869 è con il suo vescovo a Roma per il Concilio Vaticano I – quando Pio IX proclama san Giuseppe patrono della Chiesa universale – e conosce il cardinale Gioacchino Pecci, futuro papa Leone XIII, che non dimenticherà il giovane sacerdote.
Giuseppe Marello ha sempre avuto un legame speciale con il suo santo Patrono; divenuto prete, concepisce l’idea di un’opera a lui intitolata, in un momento in cui l’azione pastorale e la vita religiosa sono indebolite, anche per effetto delle leggi laiciste del giovane Regno d’Italia. Nel 1872, con i primi quattro che accolgono il suo invito, dà vita alla “Compagnia di san Giuseppe”, famiglia di laici consacrati a servizio di parrocchie e istituzioni benefiche per la formazione e l’assistenza ai giovani e ai bisognosi, che imitino le virtù e diffondano la devozione al santo Patriarca, «il primo sulla terra – scrive – a curare gli interessi di Gesù, lui che ce lo custodì infante e lo protesse fanciullo e gli fu in luogo di padre nei primi trent’anni della sua vita qui in terra».
Avendo accolto anche giovani chiamati al sacerdozio, la Compagnia nel 1878 diventa Congregazione degli Oblati di san Giuseppe. Non mancheranno le difficoltà, ma nemmeno il sostegno e l’incoraggiamento di tanti amici, in particolare di don Bosco.
Nel 1888, al momento di scegliere il nuovo vescovo di Acqui, il papa Leone XIII si ricorda di don Giuseppe e chiama proprio lui su quella cattedra. È consacrato a Roma il 17 febbraio 1889 e a giugno fa in suo ingresso in diocesi. La sua prima lettera pastorale termina con questa invocazione: «O Signore, aiutami a custodire nel nome tuo i figli che mi hai consegnati; dammi che io possa, quando mi chiederai conto delle anime loro, risponderti con gioia: ecco tutti li ho custoditi; nessuno di essi è perito».
Si spenderà al loro servizio senza risparmiarsi, riuscendo a visitare in breve tempo tutte le oltre centoventi parrocchie della diocesi. Il suo stemma episcopale è ispirato a Maria stella del mare e il suo motto (“iter para tutum”: “proteggi il nostro cammino”) è tratto dall’antico inno Ave Maris Stella. Nel 1891 il Papa lo definisce pubblicamente “una perla di vescovo”, di fronte a migliaia di persone e al diretto interessato.
Nel maggio 1895 monsignor Marello è a Savona. Il giorno 27 celebra quella che sarà la sua ultima Messa nel Santuario di Nostra Signora della Misericordia, là dove era stato chiamato la prima volta. Tre giorni dopo muore per un malore nell’episcopio di Savona, a poco più di 50 anni. Beatificato nel 1993 e canonizzato nel 2001, Giuseppe Marello riposa nel santuario di san Giuseppe ad Asti e la sua memoria liturgica è fissata il 30 maggio.
I suoi Oblati sono oggi presenti in Italia e in altri undici paesi di quattro continenti, dal 1992 anche con un ramo femminile. «State tutti di buon animo sotto il paterno manto di san Giuseppe, luogo di sicurissimo rifugio nelle tribolazioni e nelle angustie», scrive loro il fondatore due mesi prima di morire, affidandoli al santo di cui portava il nome e al quale aveva conformato la sua vita e la sua opera.