di Stefania Severi
La chiesa di San Giuseppe dei falegnami, con l’annesso oratorio, sorge nel cuore di Roma, addossata quasi alle pendici del colle capitolino, sul lato opposto a quello della celebre cordonata di Michelangelo. Ha la facciata che guarda sul Foro romano, a fronte dell’Arco di Settimio Severo. Si presenta alta sopra un’altra struttura muraria, tanto che per accedervi bisogna salire una lunga scala su di un lato. Una volta le scalinate erano due, su entrambi i lati, ma una fu eliminata quando, negli anni ’30 del Novecento, fu sistemato l’accesso al Foro. Il luogo è forse più noto proprio per l’edificio inferiore, il celebre Carcere Mamertino dove la tradizione vuole sia stato rinchiuso san Pietro.
Tra le volte del carcere e la chiesa è la cinquecentesca cappella del Crocefisso, che prende il nome da un crocifisso ligneo molto antico un tempo in un oratorio nel Foro romano. Sopra la cappella, l’Arciconfraternita dei falegnami edificò la sua chiesa e l’oratorio.
Il progetto, di Giovan Battista Montano, architetto e intagliatore milanese, fu approvato nel 1597. Alla morte del Montano, Giovan Battista Soria proseguì i lavori realizzando anche l’oratorio. I lavori furono portati a termine da Antonio del Grande nel 1663. La chiesa di San Giuseppe è a navata unica con quattro altari laterali sui quali spiccano tele con episodi della vita di san Giuseppe realizzati da Bartolomeo Colombo, Giuseppe Ghezzi, Horace Le Blanc e Carlo Maratta. Di quest’ultimo è la Natività, datata 1651, che è considerata la sua prima opera importante. Sull’altare maggiore è la pala raffigurante Maria Assunta contemplata da san Giuseppe e da san Gioacchino: il padre e lo sposo, quasi coetanei ed entrambi canuti, con lo sguardo ed il gesto sembrano accompagnare il moto ascensionale di Maria. L’elemento più bello dell’intera aula è il meraviglioso soffitto ligneo, opera del Montano, arricchito da dorature, con articolati riquadri geometrici a rilievo e con alcune scene scultoree con la Natività al centro.
Dalla chiesa si accede direttamente all’ampio oratorio, caratterizzato da due file di scanni molto semplici: la boiserie addossata alla parete fa da dossale a una panca sopraelevata mentre un’altra semplice panca corre più in basso. Qui, oltre al magnifico soffitto in legno naturale di Giovanni Battista Speranza, è la decorazione ad affresco, che gira tutto attorno, a costituire ulteriore elemento di pregio. Gli affreschi, di Marco Tullio Montagna (1631 – 1637), raffigurano momenti della vita di Maria e di Gesù nei quali era presente san Giuseppe: lo sposalizio, la Natività con i pastori, la Natività coi Re Magi, il sogno premonitore e la fuga in Egitto, Gesù al tempio. Gli ampi riquadri sono intervallati da figure allegoriche. L’insieme trasmette solennità e un sentimento austero della bellezza non tesa al solo piacere estetico ma anche alla trasmissione di valori quali un concetto di vita sobria e rigorosa in cui il lavoro assume un ruolo determinate, come indica il magistrale capolavoro di ebanisteria